SENZA LE DONNE NON SE NE PARLA. La provocazione di Luisa Torsi a Log@Ritmi

Gli scienziati che hanno fatto la storia della scienza? Einstein, Newton, Galilei… Tutti uomini. E le donne? Luisa Torsi, professoressa ordinaria di chimica all’Università di Bari, vincitrice di numerosi e prestigiosi premi, è chiara: Senza le donne? Non se ne parla.

Durante Log@Ritmi – La provocazione della scienza, festival di divulgazione scientifica arrivato alla sua sesta edizione, Luisa Torsi ci propone la sua prospettiva sulla questione della disparità di genere, soprattutto in ambito accademico.

Le statistiche comunicano l’urgenza e la drammaticità della situazione: dall’inizio del percorso universitario fino alla laurea, la popolazione studentesca è costituita per metà da donne e ciò può essere verificato in tutti i corsi di laurea, tranne che per i percorsi di facoltà STEM (acronimo con cui si indicano le facoltà scientifiche: Science, Technology, Engineering, Mathematics) in cui le studentesse non superano mai il 50%.Con l’avanzare della carriera e l’innalzarsi del ruolo, però, il gender gap aumenta esponenzialmente. La curva decrescente nei grafici corrisponde al periodo della maternità, ancora percepita come una condizione invalidante per la donna. Di tragica rilevanza è anche il problema del gap salariale, presente ancora in moltissimi ambiti del lavoro.

Ma perché le donne hanno ancora difficoltà a raggiungere ruoli apicali, o addirittura la parità rispetto agli uomini? Ciò è dovuto a un retaggio culturale caratterizzato da stereotipi, false credenze e ignoranza, che influenza l’opinione pubblica e il modello di società in cui viviamo.

Negli ultimi decenni, anche grazie alle passate battaglie del femminismo e alle sollecitazioni venute dall’Unione Europea, la condizione femminile è lentamente migliorata, ma la parità di genere non è stata ancora raggiunta: il processo di emancipazione femminile e liberazione della cultura dai modelli maschilisti sta, anzi, rallentando.

Per questo sono necessarie veloci ed efficaci soluzioni – non solo in campo sociale, ma anche politico e giudiziario – che possano far ricredere le menti più ostinate. Ne è un esempio la legge Golfo-Mosca, che introduce un minimo del 22-30% di componente femminile nei consigli di amministrazione delle imprese. “Incredibilmente”, con questa legge, moltissime aziende hanno avuto una grande crescita economica e finanziaria.

Le quote rosa sono poi declinate in ogni ambito della vita e della società: per le scienze, ad esempio, è necessario un aumento della rappresentanza femminile nei convegni (di qualsiasi rilievo), oggi minima, quasi insufficiente. È questo, per esempio, l’obiettivo della campagna No women no panel, portata avanti dalla Commissaria Europea Mariya Gabriel e abbracciata da Luisa Torsi nella sua relazione.

Il sistema delle quote rosa potrebbe apparentemente minare i principi della meritocrazia: si potrebbe pensare che una donna abbia rilevanza politica o sociale o scientifica solo in quanto tale. In realtà si tratta di un modo per far sì che vi sia sempre una eguale rappresentanza di entrambi i generi, che rispecchi la composizione della società civile e contrasti l’anomalia della disparità di questa rappresentanza, riscontrabile a tutti i livelli, dai congressi scientifici ai dibattiti fino alle posizioni apicali ed ai ruoli decisionali in campo lavorativo o politico.

Le donne scienziate (o politiche o giudici…) sono tante e danno importanti contributi al sapere scientifico, ma spesso, proprio perché meno rappresentate pubblicamente, a loro è attribuita minore importanza rispetto a un uomo.

Potrebbe sembrare una disparità di genere al contrario, ma in realtà è il rimedio per riportare in equilibrio i piatti della bilancia.

Luisa Torsi propone, come soluzione più rapida ed efficace alla condanna culturale della società, le donne e le iniziative che le promuovono come immagine e modello di una società femminista: Shefigures è il manifesto delle grandi donne, promosso dall’Unione Europea, che invita tutti i cittadini, uomini e donne, a disinnescare gli stereotipi radicati nelle menti e nella cultura, per creare insieme un nuovo mondo di uguaglianza e diversità, di unicità e collettività.

Miriana Alfonsi

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