Lidia Poët

Questo articolo è dedicato alla riflessione sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, legate alla rivendicazione dei diritti delle donne, tra cui il diritto di voto; ma anche alle discriminazioni e alle violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto. Una delle donne italiane che ha lottato per la parità dei diritti tra uomo e donna è stata Lidia Poët. Ella è stata la prima donna avvocato a chiedere di esercitare l’avvocatura. Nonostante la sua domanda fosse stata accettata, dopo appena tre mesi venne radiata dall’Albo degli avvocati solo perché era una donna.

Anche se molto preparata e competente, questo non era stato sufficiente a superare i pregiudizi comuni del tempo: forse gli uomini si sentivano minacciati dalla figura di una donna forte e indipendente? Infatti, chiesero che venisse radiata dall’Albo perché era inconcepibile che una donna potesse dibattere in tribunale una arringa; non le si addiceva usare toni forti, quello non era ritenuto un ambiente per la donna. Considerando la mentalità del tempo immagino che avrà sentito su di sé i pregiudizi che avevano gli uomini: magari ogni tanto si chiedevano come le donne potessero fare certi lavori, erano convinti che se Dio l’avesse voluta avvocato non l’avrebbe fatta donna. Forse pensavano che non sapesse stare al suo posto oppure si chiedevano cosa le facesse pensare di essere diversa dalle altre donne, un altro pensiero era che anche un assassino avesse il diritto di un vero difensore. Come se tale ruolo potesse essere svolto solo da un uomo e non da una donna. Per fortuna tali pregiudizi non sono riusciti a cambiarla, anzi, dopo esser stata radiata fece ricorso, ma il governo italiano solo dopo decenni di dure battaglie la abilitò all’esercizio della professione forense: ormai aveva sessantaquattro anni. Ma la nostra Poët, che supera il diavolo in furbizia, nel frattempo aveva esercitato con il fratello, Enrico, anch’egli avvocato, prendendo sotto il suo nome casi di persone che non riuscivano a fare sentire la propria voce forte e chiaro, come donne, minorenni e prigionieri.

La Poët ha dedicato la sua vita alla lotta alle ingiustizie. È stata una figura fondamentale per l’emancipazione femminile: sempre in prima linea per difendere i diritti delle donne e dei minori, aveva partecipato a congressi internazionali chiedendo il voto per le donne, si è dedicata ai complessi penitenziari fornendo la base all’attuale diritto penitenziario, il suo impegno non era solo femminista ma per l’intera società. Oggi mi viene spontaneo chiedervi: se la giustizia stessa proibisce ad una donna ciò che naturalmente concede agli uomini come possiamo chiamarla giustizia?

Veronica De Luca

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