I viaggi speciali iniziano già prima della partenza. Un gruppo di 3 classi dell’Istituto Comprensivo Zingarelli si è incontrato alle prime ore del mattino, puntuale come un treno, sotto l’orologio della accogliente stazione di Bari: destinazione “Museo della ferrovia” di Lecce, la perla barocca della Puglia.
Il gruppo di avventurosi, infatti, ricevuto il cappellino giallo con visiera, ha viaggiato in treno per raggiungere l’ambita meta. Dunque, un viaggio entusiasmante nella storia, tra modellini e antichi vagoni, guidati dai volontari del dopolavoro ferroviario che si sono gentilmente offerti di accompagnare l’allegra compagnia. Abbiamo così scoperto i segreti dei treni, la loro evoluzione, come venivano suddivisi i vagoni, il linguaggio dei ferrovieri e dei macchinari che utilizzavano…Al termine della visita, da buoni turisti, i ragazzi hanno acquistato dei souvenirs per ricordarsi dell’evento. Successivamente, al seguito di una guida turistica, hanno visitato il centro storico della città di Lecce, che ha illustrato, coinvolgendo tutti, la storia delle opere barocche della città.
Ci ha appassionato la storia del mosaico della lupa posto nel centro della piazza di S. Oronzo. La leggenda vuole che lo studente che calpesti la lupa non superi gli esami scolastici.Chi vi scrive è una coppia di amici desiderosa di riportare la storia di una giornata indimenticabile, il 28 aprile del 2023, e di ringraziare le nostre fantastiche professoresse che ci hanno permesso di avere un “bel bagaglio” da portare nel nostro
Ho sempre sentito parlare dei “Sassi di Matera”, ma non avevo mai avuto la possibilità di visitarli e nella mia fantasia ho sempre pensato fossero dei veri e propri “sassi” da vedere e mi sono sempre chiesto cosa ci fosse di così particolare. Infatti una volta arrivati a Matera ho subito chiesto “Dove sono i sassi?” e mi è stato risposto “Tra poco li vedrai!”.
Abbiamo così cominciato a scendere una serie di scalinate, alcune strette, altre larghe, alcune pendenti e scivolose, lungo stradine molto antiche. E solo in quel momento, grazie alla nostra guida, ho finalmente capito cosa sono i “Sassi di Matera”, ovvero due quartieri, i più antichi della città, costruiti fin dal Paleolitico, che si chiamano Sasso Barisano e Sasso Caveoso. La cosa pazzesca è che queste abitazioni sono scavate nella roccia naturale della Murgia, una roccia marina simile all’arenaria, quindi molto umida e porosa, oltre che tendente allo sgretolamento.
Quindi dai due lati opposti di Piazza Sedile, esattamente frontalmente, si aprono due archi, che danno l’accesso ai “Sassi”. Da un lato troviamo Sasso Barisano, le cui abitazioni sono state scavate nella roccia, ma costruite esternamente secondo precise regole. Dall’altro Sasso Caveoso che invece si trova più allo stato naturale, nel senso che le sue abitazioni assomigliano a delle vere e proprie grotte. Infatti qui hanno girato numerosi film, come “La passione di Cristo”.
Il primo sasso che abbiamo visitato è stato quello Barisano. E di tutta questa visita, che è durata circa tre ore, c’è un aspetto che mi ha particolarmente colpito, emozionato e coinvolto.
Man mano che scendevamo lungo il sasso Barisano, la guida ci spiegava che i tetti delle case erano i pavimenti delle case che si trovavano sopra. Le case erano quindi costruite tipo terrazzamenti, tutte una attaccata all’altra e per via della composizione della pietra erano prive di luce, molto umide e prive di acqua. Infatti erano dotate di cisterne che si riempivano di acqua piovana, secondo un sistema a cascata, dall’alto verso il basso.
Il bello però è arrivato quando siamo giunti in basso. Qui la guida ci ha raccontato che negli anni ‘50 del ‘900 Matera fu considerata la “Vergogna d’Italia” perché queste case erano quanto di più malsano esistesse, dal momento che le persone vivevano in pessime condizioni igieniche. Le famiglie erano numerose e le case piccole, buie e umide, e insieme alle persone vivevano anche gli animali che non solo erano fonte economica, ma soprattutto servivano per riscaldarsi. Mancava l’acqua potabile e i servizi igienici e le malattie erano molto diffuse. A questo punto ci ha detto di alzare lo sguardo per guardarci intorno, perché solo così avremmo capito il senso di quello che ci avrebbe raccontato. E così abbiamo fatto! E in effetti aveva proprio ragione!
Abbiamo alzato lo sguardo e ha iniziato a raccontare che durante quel periodo della “Vergogna”, Carlo Levi, che era stato esiliato in Basilicata, era andato a visitare Matera, e nel vederla l’aveva paragonata all’Inferno Dantesco: Matera come l’inferno, una grande voragine capovolta, in cui i vari terrazzamenti sembrano ricordare i gironi danteschi. E non solo! A far da contorno a questo, c’erano anche le condizioni delle persone che vi vivevano, persone che assomigliavano ai dannati dell’Inferno. Infatti Carlo Levi nel romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli” sottolinea il fatto che in questa città nemmeno Cristo è arrivato! Ancora più significativo è un passo, tratto dal romanzo di Levi, che si trova affisso in una delle case grotta, in cui l’autore esprime tutto il suo disgusto nel vedere i bambini malati, pieni di pidocchi e malattie agli occhi.
Per fortuna questo periodo di vergogna, è finito grazie all’intervento dello Stato che per anni si è adoperato per ripristinare la situazione, grazie allo sfollamento dell’area e al successivo restauro, che ha portato oggi i Sassi ad essere Patrimonio dell’Unesco e famosi in tutto il mondo.
Nei miei occhi rimarrà impressa quell’immagine dell’Inferno dantesco, e come Dante, quando visita le anime dell’Inferno, anche io mi sono sentito inquieto e ho provato pietà per questo posto e per quelle persone. Per quanto questo paragone sia vero, preferisco ricordare Matera come se fosse un grande presepe a cielo aperto, anche se quando l’ho visitata era Pasqua!
Recentemente ho avuto la possibilità di visitare Napoli e non solo in superficie! Quando ho sentito nominare “Napoli sotterranea”, ho immaginato che fosse una vera e propria città “sotto terra”, quasi un mondo al contrario, e invece, con grande stupore, ho scoperto tutt’altro! Si tratta di un substrato che sorregge la città di Napoli da circa 5000 anni. Come si può capire dal nome essa si trova sottoterra, a circa 40 metri di profondità, e durante la seconda guerra mondiale veniva utilizzata per ripararsi dai bombardamenti: oggi, infatti, possiamo trovare resti di oggetti che si usavano in quegli anni.
Per raggiungere “Napoli sotterranea” bisogna scendere molte scale: una volta arrivati, ci si trova in un’ampia sala di pietra con anche dei posti su cui sedersi, lì giù ci sono anche molti cunicoli alcuni più stretti altri più larghi. La cosa sorprendente è che degli scienziati stanno facendo degli esperimenti per far sopravvivere le piante in presenza di elevata umidità mediante l’uso di una lampada al magnesio che funziona come se fosse il sole.
Ho esplorato questo luogo magico insieme ad una guida, e sono rimasto affascinato dalle storie che mi ha narrato: la più bella è la leggenda del “Monaciello”. Ve la racconto!
Anticamente ogni abitazione nella città di Napoli poteva attingere acqua dalla cisterna sottostante tramite un pozzo al quale aveva accesso il “pozzaro”, una persona che faceva questo lavoro e che si muoveva con destrezza nei sotterranei della città , riuscendo a camminare lungo stretti cunicoli e ad arrampicarsi su per i pozzi. I pozzari, veri signori della Napoli sotterranea, avevano libero accesso a tutte le case mediante i pozzi e nel tempo hanno dato origine a leggende ancora vive nell’immaginario napoletano come quella dei “monacielli”, ovvero spiriti benevoli o maligni che facevano scherzetti alle padrone delle case, facendo sparire gli oggetti e usando le vie sotterranee che conoscevano bene, per sparire o apparire, sotto il mantello da lavoro che somigliava appunto al saio di un monaco.
Seguendo il nostro percorso lungo i sotterranei, abbiamo dovuto attraversare un cuniculo molto stretto e buio, che è l’incubo delle persone claustrofobiche, ma che va assolutamente visto!! All’inizio bisogna camminare con la testa bassa per circa 3 metri, poi si prosegue in uno spazio largo 50 cm, ma lungo 80 metri. Io mi sono fatto coraggio e l’ho attraversato: alla fine non è stato così difficile perché ogni tanto c’erano delle zone più ampie che ospitavano grandi piscine piene d’acqua cristallina: lì ci si ricreava un po’ e alcune persone buttavano le monete per esprimere un desiderio, l’ho fatto pure io!
Quando siamo tornati nella sala principale il nostro viaggio non era ancora finito e la guida ci ha accompagnati lungo una strada misteriosa di Napoli per poi raggiungere un’antica abitazione nel cui sottoscala sono stati trovati i resti di un teatro romano risalenti ai tempi di Nerone, anche questa, come tutta la visita, è stata una inaspettata e piacevole scoperta!
Viaggiare è importante per la salute e per non avere una vita sedentaria e quindi per poi non avere problemi in futuro.
Viaggiare è un privilegio e dovremmo esserne riconoscenti.
Vi starete chiedendo il bello di viaggiare, viaggiare ha dei lati solo positivi.
Viaggiare apre la mente e ti dà l’opportunità di conoscere posti e usanze nuove; assaggiare nuovi sapori e odori.
Viaggiare migliora la vita e ti fa uscire dalla comfort zone. Avventurarsi e non seguire la propria routine ti fa crescere e superare le paure.
Il viaggio ci permette di cambiare prospettiva, di guardare il mondo con occhi diversi e a saper apprezzare di più le nostre cose.
Per quanto riguarda i giovani, il viaggiare ha un ruolo fondamentale, poiché “viaggiare è il modo migliore per imparare”, perciò, cari genitori, se ne avete la possibilità, non siate scettici a mandare i vostri figli all’estero, perché è il regalo migliore che possiate fare ai vostri figli, non tanto per la felicità di partire e di conoscere posti nuovi, ma per il bagaglio di informazioni che acquisiranno.
Ci sono diversi motivi che spingono l’uomo a viaggiare: può essere il bisogno di evadere dalla solita routine, di relax, di “coccole”; oppure è la curiosità a spingere l’uomo ad andare in mete magari poco conosciute, selvagge, per fare nuove avventure e per arricchire le proprie conoscenze. Qualunque sia la motivazione del viaggio è un’esperienza che, magari una volta nella vita, tutti dovremmo fare.
Concludiamo citando le bellissime parole di Paulo Coelho: “Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni”.
Bari e New York non sono proprio vicine, le separano ben nove ore di volo e un oceano, ma lo stupore e la meraviglia che si provano davanti a tanta bellezza valgono l’impresa di arrivarci!!
Grattacieli enormi, strade lunghissime, insegne luminose ovunque: i turisti sono immediatamente riconoscibili perché camminano a testa in su e si girano continuamente a destra e sinistra perché vogliono godersi, increduli, tutto lo spettacolo!
La prima sensazione che hai quando vedi tutto ciò è quella di sentirti dentro un film …. Ci sono anche i tombini fumanti e le macchine della polizia, proprio come nei film polizieschi e di mafia e tu ti senti quasi un protagonista di una serie TV.
Ogni quartiere di New York è grande quanto la nostra città, e cambia aspetto ogni 2-3 isolati: hai la sensazione di visitare sempre città diverse, invece sei sempre lì, nella Big Apple!!!
Ma perché New York è chiamata così? Il motivo è molto antico, bisogna andare indietro nel tempo e pensare a quello che succedeva a New York negli anni ’30 de Novecento: la mela rossa è il simbolo dei soldi e del successo e si racconta che i musicisti di musica jazz che suonavano nei numerosi locali di Harlem e Manhattan ricevessero come guadagno proprio una grossa mela rossa. Il nome è rimasto negli anni a definire questa immensa città proprio perché simbolo di successo economico e grande prosperità. E quando sali al 103 piano dell’Empire State Building hai quasi la sensazione di riuscire a prendere in mano questa “Big Apple”che si mostra maestosa ai tuoi piedi.
L’altra caratteristica che rende New York piena di fascino è che è piena di persone di ogni nazionalità e colore: credo sia la città più multietnica del mondo! Anche in questo caso c’è una storia da raccontare e noi l’abbiamo scoperta il giorno in cui abbiamo visitato Ellis Island e Lady Liberty.
L’isolotto di Ellis Island era il punto di arrivo degli immigrati di tutto il mondo, il luogo in cui, dopo giorni di navigazione, la gente arrivava con gli occhi pieni di speranza, pensando di avere un futuro migliore, ma non sapeva che non era ancora detta l’ultima parola. Infatti tutti coloro che arrivavano dovevano prima superare una serie di visite mediche e avere il permesso per rimanere nel Paese. Solo dopo aver ricevuto l’approvazione potevano partire per realizzare i loro sogni, e, purtroppo, non tutti ci riuscivano! Dato il numero elevato di persone che nel lontano passato è arrivato a New York in cerca di fortuna, probabilmente ognuno di noi ha un antenato che ha vissuto a New York.
Dimenticavo: se andrete a Central Park, un’immensa meraviglia a cielo aperto, e avrete l’impressione di esservi persi (potrà capitare perché è enorme…) non preoccupatevi: il parco è costellato di lampioni, e su ognuno, in basso, sono presenti 4 numeri: i primi 2 indicano la strada più vicina, e gli ultimi due indicano se ti trovi al lato est o ovest del parco!
Questa volta il mio articolo nasce per caso. Il 2 di luglio di quest’anno ho assistito al Palio di Siena in televisione. Mi ha talmente incuriosita da voler approfondire tutti i suoi aspetti.
Coincidenza ha voluto che le mie vacanze estive si siano svolte proprio in Toscana, occasione per provare a contattare la Contrada vincitrice del Palio del 2 luglio: la Contrada del Drago.
Il 16 di luglio, dopo aver trovato i contatti corretti, ho inviato una mail alla Cancelliera della Contrada, la dottoressa Elena Paccagnini, chiedendole di poter intervistare il Capitano, il dottor Jacopo Gotti, allo scopo di approfondire storia, segreti e costumi del Drago.
La Cancelliera in pochissimo tempo mi ha risposto affermativamente: il 3 agosto sarei stata ricevuta dal Provicario, il Dottor Giovanni Molteni, e avrei intervistato il Capitano Vittorioso.
Ancora oggi non posso descrivere l’entusiasmo provato nell’essermi calata nei panni di una piccola Dragaiola.
Innanzitutto mi sono “preparata” all’intervista passeggiando per la contrada e visitando i suoi luoghi più significativi come la Chiesa, i locali che ospitano gli oggetti delle rappresentazioni storiche (tamburi, bandiere, ecc…) e poi un vero e proprio museo con cimeli storici e tutti i costumi che vengono utilizzati nelle cerimonie ufficiali. Mi è piaciuta in modo particolare la grandissima sala dove sono esposti i numerosissimi Palii vinti dalla Contrada.
Poi, finalmente, da provetta giornalista, ho rivolto le mie domande a Jacopo Gotti:
Che emozioni prova un contradaiolo a vincere il Palio?
Per un contradaiolo senese la contrada è la vita, intesa come la nascita e la morte: vincere il Palio è tutto, è un’emozione fortissima, inspiegabile, che dura intatta fino al Palio successivo. Tutte le Contrade vivono questi momenti con un’intensità difficile da dire e in ogni caso sia la vittoria sia la sconfitta, con le loro emozioni positive e negative, fanno sempre parte della vita di un contradaiolo senese.
Lei, come dirigente della contrada del Drago, il 2 luglio quali stati d’animo ha provato prima della manifestazione e dopo, quando ha realizzato di aver vinto?
E’ stato un Palio particolare (cavalli e fantini che si sono dovuti ritirare per problemi fisici, numero ridotto di contrade al “canapo” della partenza, ecc…), però, dalla posizione in cui ero io, ho avvertito subito la sensazione di aver vinto, nonostante il cavallo e il fantino della Torre fossero vicinissimi a noi. E’ stata un’emozione grandissima, anche perché questa è stata la prima volta che ho ricoperto il ruolo di Capitano e non accade di frequente che si vinca proprio all’esordio! Abbracci, strette di mano, i contradaioli festanti che mi raggiungevano per ritirare il Palio: questi sono i flash che mi tornano in mente e che custodisco di quei momenti.
Durante le prove, ha pensato che la sua contrada avrebbe potuto vincere? Se sì, quali sono stati i segnali positivi?
Quando è arrivato in Contrada il fantino, Giovanni Atzeni detto Tittia, ci ho sperato, anche perché ho notato che l’intesa tra lui e il nostro cavallo era perfetta. Mi sentivo sereno. Quando in altre occasioni, non da capitano ma da mangino (cioè aiutante del capitano), mi era capitato di vincere, avevo provato la stessa serenità: sono sensazioni straordinarie e indicibili. Nel periodo che precede la “contesa” sono tante le preoccupazioni e i pensieri: nel palio tutto deve andare bene e anche la fortuna non deve mancare, perchè le variabili sono tantissime. Ma noi ce le mettiamo tutta per vincere.
Quali sono i rapporti tra i contradaioli al di fuori del palio?
Siena è un “paesone”, una città molto piccola, quindi ci conosciamo tutti, tramite le scuole, gli sport, la vita sociale, ecc… Quindi i rapporti sono sempre buoni.
Poi ci sono quattro giorni all’anno (cioè quelli in cui si svolgono i Palii) durante i quali ognuno si “chiude” nel proprio gruppo di amici contradaioli “contro” i rivali; finita la corsa si ritorna all’armonia di sempre.
Come si chiama il cavallo che ha corso il palio del 2 luglio, qual è la sua storia?
Il cavallo si chiama Zio Frac. E’ un cavallo esordiente, ma nelle prove fatte durante l’anno aveva dimostrato di essere un cavallo che cresceva agonisticamente più degli altri, tanto che tutti i fantini delle Contrade avrebbero voluto cavalcarlo. Pertanto, si è dimostrato uno dei cavalli favoriti. Quando la sorte ce lo ha assegnato, dentro di me mi sono sentito estremamente contento, perché il connubio fantino/cavallo era davvero perfetto
Di quale preparazione necessitano il cavallo e il fantino che corrono il palio?
Spesso i cavalli vengono allenati dai fantini stessi, ma possono anche essere preparati dai propri allenatori; il training comincia a dicembre e continua assiduamente fino al giorno della tratta, quando cioè i cavalli vengono assegnati alle varie Contrade, che poi li gestiscono direttamente. Viene eseguita una scrematura tra 140 cavalli e se ne scelgono 35, che vengono ulteriormente selezionati per eventuali problemi fisici. Successivamente, i capitani scelgono 10 cavalli che poi la sorte affida ad ogni contrada. I fantini, invece, da veri professionisti, hanno il proprio preparatore atletico e alcuni persino un mental coach. Attualmente si allenano a partire dai primi di gennaio, mentre in passato montavano cavalli da corsa solo durante il Palio e l’allenamento era completamente diverso.
Per quale contrada fa il tifo quando non partecipa il Drago?
Se fai parte di una contrada, vieni battezzato e inserito in un contesto in cui rimani per tutta la vita e che diventa la tua famiglia. Non è come per le squadre di calcio: non “tifi” per la tua contrada, ma appartieni a quella contrada, sei uno dei suoi figli. E anche quando non corri, vivi il Palio all’interno della tua famiglia ed è sempre una festa; ti dispiace solo che non hai potuto correre per sorte o per regolamento. Ti faccio un esempio: se non vince la mia contrada, al limite posso essere contento se vince quella di mia moglie… ma anche no!
Si parla tanto della qualità della vita dei cavalli del Palio; lei cosa vuole dire a chi critica il loro impiego? Quando finiscono la loro attività, dove vanno?
I cavalli “congedati” vengono tenuti a vita dai loro proprietari; per quelli che si ammalano o presentano dei problemi fisici è stato creato un pensionato a Radicondoli (in provincia di Siena), dove ciascuno di loro viene accudito dal suo proprietario in modo eccellente, ricevendo tutte le cure possibili ed essendo libero di scorrazzare nei recinti esterni. Il cavallo, a Siena, è considerato come un figlio.
Ci sono contradaioli della mia età che prendono parte attiva al palio? Se sì, che ruolo hanno?
I contradaioli alla tua età fanno parte del “gruppo giovani”: assistono da un palco dedicato alle prove e a tutte le fasi di preparazione prima del palio, per potersi rendere conto delle difficoltà e dei sacrifici ma anche della passione e dell’energia necessari. Da piccoli, inoltre, si preparano a fare i tamburini o gli alfieri. Per ricoprire una carica più specifica bisogna avere più di sedici anni.
Provi a convincermi a tifare per il Drago nelle prossime edizioni del Palio.
Secondo me non c’è nessuno che ti può convincere a parteggiare per una determinata Contrada. La scelta deve essere individuale, tra tutte le 17 contrade. Abbiamo, ad esempio, contradaioli del Drago che vivono in Francia, ad Avignone, e che ogni anno vengono a Siena durante il Palio per vivere la contrada, e questo loro attaccamento si tramanda di padre in figlio.
Ma tu ormai sei già una Dragaiola! Hai conosciuto la nostra gente, ti sei appassionata ai nostri luoghi, hai respirato la nostra aria. E allora… benvenuta! E non dimenticare il nostro motto: Il cor che m’arde divien fiamma in bocca.
Giulia Gentile
Ringraziamenti:
In primis la Dott.ssa Elena Paccagnini, senza la quale non avrei avuto la possibilità di entrare nella splendida Contrada del Drago; il Provicario, Dott. Molteni, che mi ha dedicato un intero pomeriggio raccontandomi nei dettagli la storia della Contrada e facendomi visitare tutti i suoi luoghi; il Capitano Vittorioso Dr. Jacopo Gotti che, nonostante gli impegni lavorativi, è riuscito a concedermi l’intervista rispondendo a tutte le mie domande.
Sapete, ogni tanto ripenso a un bellissimo viaggio fatto con la mia famiglia…
È iniziato tutto giovedì 12 maggio alle 12:30 con un volo aereo diretto da Bari a Budapest, capitale dell’Ungheria. Appena raggiunto il centro della città, abbiamo subito visitato il Parlamento, il terzo parlamento più grande al mondo. È stato davvero emozionante! Il palazzo sembra costruito con dei mattoncini lego per quanto è dettagliato.
Subito dopo la visita al Parlamento, abbiamo raggiunto l’Isola Margherita, un isolotto sul fiume Danubio, uno dei più lunghi fiumi d’Europa, che divide Budapest in due parti: Buda e Pest. L’isola è piena di giardini, fiori, fontane e l’abbiamo girata in risciò.
Il giorno 13 maggio abbiamo scoperto i segreti di Budapest, in particolare Pest, grazie ad una guida locale molto simpatica che ci ha raccontato tante storie curiose e aneddoti sulla città; abbiamo scoperto che l’ungherese è la terza lingua più difficile al mondo!
Una delle informazioni date dalla guida mi ha davvero colpita, ossia il fatto che l’Ungheria abbia subito sia il nazismo sia successivamente il comunismo: un popolo davvero martoriato! Sulla riva del Danubio c’è un’Installazione di scarpe in memoria di tutti gli ebrei che hanno perso la vita in quell’orribile periodo. L’installazione è stata inaugurata nel 2005 nella Giornata ungherese della memoria per il 60º anniversario della Shoah.
Nel pomeriggio, ci siamo concessi una giornata alle TermeGellert di Budapest, una delle mete più tipiche della città! È stata un’esperienza unica poiché le terme, all’interno, sono ricche di sculture e statue. È stato veramente emozionante!
A proposito di statue, posso dire che la città ne è ricchissima: alcune portano fortuna, alcune hanno un significato e altre rappresentano persone celebri. Infine, la sera io e la mia famiglia abbiamo fatto un giro nel quartiere ebraico e poi sulla bellissima ruota panoramica da cui si vede tutta la stupenda città illuminata.
La mattina del 14 maggio abbiamo visitato Buda: la terrazza dei pescatori, la chiesa di San Matteo e soprattutto il palazzo di Sissi con i suoi bellissimi giardini con tantissimi fiori, tutti perfetti e colorati.
Il pomeriggio siamo andati allo zoo, abbiamo visto molti animali, c’erano davvero tantissime specie! Quello che mi è piaciuto di più è stato l’orso polare, grandissimo e bianchissimo: era la prima volta che ne vedevo uno!
Una delle caratteristiche che mi ha davvero stupita di questa bellissima città è che è davvero molto pulita e ordinata, in qualsiasi parte della città c’è un profumo di fiori e tanti parchi. La guida ci ha detto che ci sono pochi poliziotti in giro perché è una città molto sicura.
Un’altra bellissima costruzione che abbiamo visitato è stata la Cattedrale di Santo Stefano, primo re d’Ungheria che ho anche studiato in storia: nato nel 975, alla sua nascita gli fu assegnato il nome pagano Vajk. Egli è venerato come Santo dalla Chiesa cattolica e ortodossa, l’ultimo grande principe degli ungari. Nella chiesa è conservata la sua mano: è stato veramente impressionante a vederla!
Voglio darvi anche un consiglio culinario: se siete golosi come me, dovete assolutamente assaggiare il dolce tipico di Budapest, il cui profumo che esce dalle pasticcerie inebria tutta la città: il cosiddetto Camino Dolce (Kürtőskalacs), davvero squisito!!!
È stato un bellissimo viaggio molto emozionante e particolare!
Se avete voglia di fare un viaggio in una capitale europea, vi consiglio davvero di andare a visitare Budapest, per allargare i nostri orizzonti verso una splendida città dell’est moderna e all’avanguardia.
In questo articolo volevo parlarvi della civiltà nipponica (日本 – Nihon,Nippon=Giappone, l’origine del sole), quindi se siete interessati all’argomento, o anche solo curiosi, continuate a leggere シ
Il Giappone è un arcipelago distante quasi 10.000 km dall’Italia, conta più di 6.000 isole e isolotti: è molto diverso dai paesi occidentali ai quali siamo abituati, per ambiente, territorio, abitudini, lingua e religione e anche moneta (la sua valuta è lo Yen -¥ – 1€ equivale a 136,71 yen-)!!
Viene anche chiamato spesso “Il paese del Sol Levante” a causa del fatto che si trova ad est rispetto al nostro punto di osservazione, cioè dove “si leva” il sole, ma gli sono stati attribuiti anche altri nomi: uno dei più antichi è “Wa” (scritto col kanji 倭), nome non certo gradito ai giapponesi perché significa “obbedienti” e richiama anche, per similitudine, “矮”, cioè “nano, basso”.
東京= Tokyo = La capitale (東) a Est (京)
Per molto tempo Tokyo è stato un semplice villaggio di pescatori chiamato “Edo”, centro politico e culturale durante lo shogunato dei “Tokugawa” (1603-1868 ). Oggi conta circa 38 milioni di abitanti e possiede l’area metropolitana più popolosa al mondo.
Una curiosità: i giapponesi possono godere del treno più veloce al mondo (Shinkansen – 500 km/h max, la velocita’ massima consentita però è 320 km/h ), di ben 13 linee metropolitane e più di 800 stazioni!
Unica accortezza da seguire è evitare le ore di punta (mattina= 7:30-9:00, sera= 17:30-19:30) per non trovarsi travolti da un fiume di persone (soprattutto ora che c’è il problema-Covid)!!!
Come capirsi semplicemente con dei gesti
Parlare giapponese, lo sappiamo tutti, è molto difficile, dal momento che sono ben tre le “lingue” utilizzate: Hiragana (caratteri fonetici utilizzati come suffissi, particelle grammaticali e parole prive di kanji corrispondente), Katakana (caratteri fonetici utilizzati per le parole di origine straniera o per le onomatopee) e infine i Kanji (i famosi ideogrammi di origine cinese, belli ma difficili da memorizzare). Secondo il Ministero dell’Istruzione i Kanji di uso comune sono 2136!
E’ utile, allora, conoscere modi alternativi per comunicare e conoscersi, uno di questi è Inchinarsi.
La profondità dell’inchino dipende dal rango della persona con cui si sta comunicando. Mi spiego meglio: quando ci si rivolge ad una persona di rango superiore, si usa fare un inchino di 45 gradi, per scusarsi, si fa un inchino di 30 gradi (ma anche di 45 gradi, se la situazione è seria …) e infine per salutare un amico basta fare un lieve inchino di 15 gradi o un cortese cenno della testa! E’ importante ricordare che la testa deve essere allineata con la schiena, mani e piedi devono stare fermi.
I Giapponesi sono così abituati ad inchinarsi che li vedrete inchinarsi anche mentre parlano al telefono o mentre scrivono in una chat (per esempio di WhatsApp).
Un altro modo per comunicare senza usare la lingua è “Leggere L’aria” (Kuki Wo Yomo), questa abilità consente nel capire cosa succede e comportarsi adeguatamente.
I Giapponesi sono molto gentili e, anche se sono adirati, offesi o anche solo contrariati, non lo mostreranno mai davanti al diretto interessato: se riuscirete ad adattarvi a questo modo di relazionarsi, sarete magicamente apprezzati, in caso contrario non mancheranno le occhiatacce !
Il sushi non è l’unica cosa che si mangia
La cucina giapponese è una delle più sofisticate e salutari al mondo e i giapponesi, anche a tavola, sono soliti seguire una precisa etichetta:
Mai conficcare le bacchette in verticale sulle ciotole di riso (pare porti sfortuna!),
Mai prendere il cibo altrui,
Mai indicare i cibi con le bacchette,
Pulirsi sempre le mani con la salvietta che starà sempre vicino a voi (Oshibori – nome giapponese)
Pronunciare “Itadakimasu” all’inizio di ogni pasto (sarebbe il nostro “buon appetito”!) Pronunciare “Gochisousama Deshita” (grazie per l’ottimo cibo), se si è ospiti di qualcuno.
Ovviamente ci sono molte altre abitudini interessanti, ma per non annoiarvi non ve le scrivo (le regole, si sa, alla lunga sono noiose).
Potrà sorprendervi, ma in Giappone non si mangia sempre il Sushi! Eh sì, contrariamente a quanto crediamo, il sushi si mangia solo in occasioni speciali e …è uno dei pochi alimenti che possono essere consumati con le mani!
Un’altra pietanza molto comune sono i noodles, spesso utilizzati come base per altri piatti: gli Udon (spessi spaghettoni di grano), i Ramen (di origine cinese, li conoscerete sicuramente se avete visto l’Anime Naruto), e infine i Soba (tagliolini di grano saraceno giapponesi). Piccola curiosità: avete presente, come ho citato prima, l’anime “Naruto”? Ecco, il protagonista, che si chiama come l’Anime, ama il ramen, e ho scoperto che il suo nome indica proprio un ingrediente del ramen (la rotellina), mentre “Uzumaki” (il cognome del personaggio) significa “mulinello, vortice”. Cercando su google, si può trovare l’esistenza di un fiume chiamato “naruto” che tende a formare dei vortici fino a 20m di diametro!!
Cari amici viaggiatori, oggi ci troviamo ad Helsinki, la capitale della Finlandia, che ogni anno affascina milioni e milioni di turisti che si precipitano lì per visitarla. Oggi la vedremo in ogni suo minimo particolare …
Su, venite e iniziamo il nostro viaggio.
Il nostro tour inizia dal Parco Sibelius, un parco pubblico vicino al mare, costituito da 600 tubi d’acciaio: da lì è possibile ammirare il Sibelius Monument, simbolo della musica e omaggio al più grande musicista finlandese, Jean Sibelius.
Finita la splendida passeggiata, prendiamo il bus Sibeliusparken (linea 24) che ci conduce alla chiesa Tempelliaukion Kirkko, una chiesa scavata nella roccia.
Vicino alla magnifica chiesa si trova la Cappella di Kamppi, o Cappella del Silenzio, che può ospitare al massimo 60 persone; la chiesa è dotata di un’acustica incredibile, e si riescono a sentire nitidamente anche i sussurri delle persone: attenzione, quindi, a non chiacchierare ad alta voce!!!
Lì vicino si trovano anche il KIASMA, museo di arte contemporanea, il KaisaniemiBotanic Garden, il giardino botanico gestito dall’Università di Helsinki, e l’Eduskuntatalo, il palazzo del Governo Finlandese, che è visitabile anche internamente e dove, ogni martedì e venerdì, è possibile assistere alle sedute parlamentari.
Dalla stazione Kamppi, a bordo di un autobus, giungiamo nel Centro Storico e alla Piazza del Senato, la Senaatintori, dove ammiriamo palazzi in stile neoclassico, come la Biblioteca Universitaria e la Cattedraledi Helsinki, la Tuomiorkirkko. Lì, ogni settimana, vengono organizzati bellissimi concerti e, salendo sul tetto, si possono ammirare le imponenti statue dei dodici apostoli.
A pochi metri da qui, incontriamo il Kauppatori, la Piazza del Mercato, che vanta una bellissima vista sul porto, dove si possono acquistare souvenir e mangiare cibo fresco.
A pochi metri dalla Stazione Centrale si trova l’Ateneum, il museo più importante della Finlandia che ospita arte di tutto il mondo, in gran parte anche finlandese.
Ancora qui vicino si trova la Cattedrale della Dormizione, più comunemente chiamata Uspenski, la chiesa ortodossa più grande d’Europa Nordoccidentale. Sul retro retro di questa, posta su una collinetta, è conservata una lapide commemorativa dedicata ad Alessandro II di Russia. E che magnifico panorama!
Per finire, al Kauppatori, prendiamo un traghetto e in soli 15 minuti approdiamo sull’isola Suomenlinna, patrimonio dell’UNESCO: qui è possibile visitare una vera e propria fortezza che domina sul mare, “il castello della Finlandia” e tantissimi musei.
Vi è piaciuto il nostro tour??? Allora che aspettate, Helsinki non è poi tanto lontana!
A largo delle coste laziali e campane, tra l’isola d’Ischia e l’isola di Ponza, c’è un’altra isola, quella in cui Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni scrissero “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, il documento che noi oggi conosciamo come “Manifesto di Ventotene” e che viene indicato come unica soluzione per la salvezza della civiltà europea. Ed è proprio con questo spirito di Europa unita che dal 21 al 24 Aprile 2022, l’istituto Marconi-Hack di Bari ha mandato a Ventotene una sua delegazione di seconde liceali e una più piccola delegazione di classi terze, quarte e quinte dell’istituto tecnico. I pullman sono partiti da Bari la sera del 20 Aprile e da allora fino al ritorno, il 24 aprile, gli alunni hanno trascorso quattro giorni intensi, tra impegno di delegati parlamentari nelle simulazioni e puro divertimento, così come accade in una normale gita scolastica. Subito dopo lo sbarco sull’isola, infatti, gli studenti delle varie classi hanno partecipato ad una simulazione del parlamento Europeo, divisa in quattro sessioni e durata per 12 ore, al termine della quale hanno scritto una raccomandazione parlamentare. Il tema dibattuto riguardava lo spreco alimentare e ogni studente ha dovuto mettersi nei panni del rappresentante di uno stato a lui assegnato e argomentare sulle possibili strategie da proporre, senza però fare alcun torto al partito politico europeo di appartenenza. A seguito di molteplici dibattiti moderati e non dalla presidenza e gestiti direttamente dai parlamentari, i partiti politici hanno creato due schieramenti, ossia due alleanze politiche, nel cui nome sono state scritte le raccomandazioni “passate”, poi riportate nuovamente in parlamento per la delibera ufficiale. Un “gioco” di ruolo che ha fatto ben comprendere cosa significhi far parte di una comunità europea che non bada alle esigenze del singolo stato, bensì bada alle esigenze di tutti gli stati che ne fanno parte.
Ovviamente questa esperienza non poteva non essere corollata da visite storico-naturalistiche sulla meravigliosa isola di Ventotene, il cui vento (di qui il nome) è parte integrante delle sue bellezze; né potevano Non potevano mancare le fantastiche serate passate tutti insieme: studenti e docenti hanno reso questa visita formativa produttiva anche a livello sociale, permettendo di rafforzare o di iniziare piacevolmente la conoscenza di persone appartenenti a sezioni diverse e dando la possibilità a tutti gli alunni di vedere i propri docenti da un punto di vista diverso, sotto un’altra veste e fuori dal ruolo istituzionale, rendendo più forte e vicino il rapporto studente-docente.
Gli alunni che hanno vissuto questa “avventura” ormai hanno, seppure a malincuore, lasciato le rive dell’isola, ma, rileggendo per l’ultima volta la frase
Per l’Europa di Ventotene
Isola della pace
che si vede dal mare, saranno felici di cedere la staffetta ad altri alunni dell’Istituto, che presto sperimenteranno e vivranno la stessa affascinante e formativa esperienza.
Mario Recchia (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)