J 27

Il rock’n’roll ha è un genere musicale che, da un certo momento in poi, ha messo in musica il profondo senso di ribellione contro le istituzioni che animava diversi artisti.

In alcuni momenti tale ribellione ha portato le rockstar a condurre una vita fuori dagli schemi e ad abusare di sostanze pericolose, quali alcol e droga. Per questa ragione molti esponenti di questo genere musicale morirono giovanissimi.

L’espressione J 27 viene utilizzata, a partire dagli anni Novanta, quando si notò che tra il 1969 e il 1971 diversi giovani artisti morirono a ventisette anni e che tutti avevano la lettera J nel proprio nome.

L’espressione, successivamente, venne adottata anche per altri esponenti del mondo musicale che, pur non avendo la J nel proprio nome, sono morti in circostanze misteriose.

Tra i più noti artisti del J 27 ricordiamo Jimi Hendrix, Kurt Cobain e Amy Winehouse.

Jimi Hendrix, genio della musica e famosissimo chitarrista statunitense, è stato uno dei pionieri del rock psichedelico e del blues rock degli anni ‘60. La sua fama raggiunse il picco e insieme il declino al festival di Woodstock, durante il quale, distorcendo l’inno americano e facendolo assomigliare a urli, sparatorie e allarmi anti bomba, Jimi Hendrix condannò apertamente la politica americana. Ricordiamo che in quel periodo l’opinione pubblica americana era estremamente critica nei confronti della posizione assunta dal governo relativamente alla guerra in Vietnam che, soprattutto ai giovani, risultava assolutamente insensata. Assumendo pubblicamente e davanti a così tanta gente una posizione critica così netta, Jimi Hendrix diventò un’icona, ma firmò anche la propria condanna a morte: dopo quel concerto, infatti, verrà ritrovato morto nella piscina di casa sua.

Ancora oggi non si sa niente di sicuro sulla sua morte: la sua scomparsa è stata attribuita dai giornali ad un’overdose, ma molti sono convinti che sia stato ucciso dal suo manager perché ormai considerato scomodo e pericoloso dal governo americano. Morì anche lui all’età di 27 anni.

Ben ventiquattro anni dopo, un altro personaggio di spicco della scena musicale statunitense, Kurt Cobain, venne trovato morto nella soffitta di casa sua. Cobain era il frontman dei Nirvana, gruppo rock tuttora notissimo.

Cresciuto in una famiglia benestante ma che non ne condivideva le idee e lo stile divita, decide di andare via di casa a diciotto anni e di sposare la bellissima Courtney Love. Sfortunatamente, entrambi entrarono nel tunnel della droga che causerà loro la sottrazione della amatissima figlia. Dopo anni di terapie per sconfiggere la dipendenza, riuscirono a riavere la custodia di France Bean ma Courtney iniziò a provare un forte senso di invidia nei confronti di lui.

Il 5 aprile 1994, accanto al corpo senza vita del noto cantante, venne ritrovato un biglietto che fece pensare al suicidio, ma, dopo accurate perizie calligrafiche, fu chiaro che la grafia di Kurt e quella del biglietto non coincidevano; ciò portò alla formulazione di diverse ipotesi circa la sua morte e tra queste una delle più accredittate è quella che sia stato ucciso da un sicario ingaggiato dalla moglie.

Anche Kurt Cobaina, al momento della morte, veva 27 anni.

Arriviamo così all’ultima “vittima” del J27: Amy Winehouse.

Amy entrerà a far parte del club nel 2011, quando, per la stampa, consumerà dell’eroina tagliata male. Solo un mese dopo la sua morte, un suo familiare dichiarerà che in realtà l’ autopsia non aveva rilevato alcuna traccia di droga, ma solo una quantità di alcol che non sarebbe stata sufficiente per ucciderla.

Com’è morta, dunque, la famosa cantante?

Rebecca Albrizio, Alfredo Bressani, Ivan Carlucci, Livio Patruno

OVUNQUE SARAI

Questa canzone, scritta da Irama  per Sanremo 2022 e classificatasi al quarto posto, ha colpito molte persone anche giovani perché parla del dolore che si prova quando si perde una persona cara. Irama l’ha dedicata  alla sua amata nonna Adriana, morta qualche anno fa. 

Diversi personaggi, anche del mondo dello spettacolo, l’hanno elogiata, essendosi ritrovati nelle parole del giovane cantante. 

Ne riporto il testo, senza aggiungere altro, affinché ciascuno di noi possa ritrovare se stesso e il ricordo delle persone care che non ha più.

Se sarai vento, canterai
Se sarai acqua, brillerai
Se sarai ciò che sarò
E se sarai tempo, ti aspetterò
Per sempre

Se sarai luce, scalderai
Se sarai luna, ti vedrò
E se sarai qui, non lo saprò
Ma se sei tu, lo sentirò

Ovunque sarai, ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai, io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò

Se sarò in terra, mi alzerai
Se farà freddo, brucerai
E lo so che mi puoi sentire

Dove ogni anima ha un colore
Ed ogni lacrima ha il tuo nome
Se tornerai qui, se mai, lo sai che
Io ti aspetterò

Ovunque sarai, ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai, io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò

Io ti ascolterò

Se sarai vento, canterai

Arianna Agostinelli                      

NOI ASCOLTIAMO MUSICA INDIE, NOI SIAMO INDIE!

Ebbene sì, cari lettori e lettrici: abbiamo deciso che è giunto il momento di parlare della musica Indie (come mai nessuno lo ha ancora fatto?!!!), uno dei generi più ascoltati e seguiti negli ultimi anni, il genere che a noi piace e che ascoltiamo di più. 

Per chi non lo sapesse, l’indie non è nato come un vero e proprio genere musicale: “indie”, infatti, deriva dalla parola inglese “indipendent” (“indipendente”) ed era il nome che veniva dato a tutti quegli artisti che non volevano appartenere alle grandi case discografiche ma che volevano rimanere, appunto, indipendenti. Perché? Semplice: perché firmare un contratto con una casa discografica importante impone la necessità di sottostare ad alcune regole per avere la certezza di riscuotere successo e di vendere a tutti costi; gli artisti indie, al contrario, volevano rimanere liberi di sperimentare le infinite possibilità che la musica offre e preferivano farsi conoscere o attraverso dischi autoprodotti con grandi sacrifici o, con il passare del tempo, attraverso i talent show, YouTube, i social e Internet in generale.

E’ così che è nato questo fenomeno musicale che dalla metà degli anni ’80 ad oggi è diventato sempre più forte, soprattutto grazie ad artisti come i Nirvana e i Soundgarden in America o i Blur e gli Oasis in Inghilterra, artisti che con la loro musica hanno contribuito a trasformare l’Indie da semplice movimento in vero e proprio genere musicale. 

In Italia la musica indipendente nasce negli anni ’90 con gruppi come gli Afterhours di Manuel Agnelli e i Marlene Kuntz. Il primo gruppo che raggiunge la vera fama sono I Cani, che si fanno conoscere proprio grazie ad Internet facendo scoprire un nuovo mercato pronto ad accogliere novità musicali e giovani artisti. Dopo di loro si affermano gruppi come Lo Stato Sociale di Lodo Guenzi, i Thegiornalisti di Tommaso Paradiso, gli Zen Circus, Colapesce, I Pinguini Tattici Nucleari e tanti altri. 

All’inizio i gruppi più famosi erano formati soprattutto da ragazzi, ma nell’ultimo periodo si stanno affermando anche molte figure femminili come Levante, La Rappresentante di Lista, Ariete, per nominare soltanto le più famose.

A differenza di altri tipi di musica, l’Indie è un genere divertente anche se i testi hanno significati forti, di attualità e trattano spesso temi come la guerra, la droga e i problemi quotidiani.  Dal punto di vista musicale, si tratta di una musica allegra, liberatoria, orecchiabile, che ti fa venire voglia di cantare. 

Inoltre gli artisti Indie non compongono le loro canzoni seguendo dei trend perché spinti dalle case discografiche, ma sono indipendenti in tutto, proprio perché scrivono i loro testi e la loro musica senza essere conformisti. 

Anche per questo l’Indie piace così tanto a noi ragazzi: riflette la nostra voglia di essere indipendenti e di vivere, il nostro desiderio di esprimere noi stessi senza paura o vergogna, il nostro modo di vedere la realtà e di affrontare la vita quotidiana liberi dai condizionamenti e dalle mode. 

“Maledetto cuore che ti sciogli ogni volta che dico addio” .

Rita Capurso, Sara Maria Tomasicchio, Nicole Volpetti

FESTA DEI POPOLI: COSA E’ PER TE LA MUSICA?

In occasione della Festa dei Popoli gli alunni del corso musicale e il coro del nostro Istituto, insieme ad altri ragazzi dei corsi ordinari, hanno dato vita ad uno spettacolo fantastico di recitazione, musica, canto e danza.

Nel backstage dello spettacolo ho avuto l’opportunità di incontrare Miriam Cascione e Giulia Mazzilli, due delle musiciste della 1^ G che ho avuto il piacere di intervistare.

Quando e come è nata la tua passione per la musica?

Miriam: Quando ero piccola avevo una piccola chitarra giocattolo e avevo sempre voglia di suonarla, però mio padre non me lo permetteva perché faceva tantissimo rumore, quindi alla fine ho iniziato questo percorso perché mi piace la musica; suono la chitarra da 6 anni.

Giulia: io invece appartengo ad una famiglia di musicisti e quindi praticamente la mia passione è partita da lì, vedendo e ascoltando mia madre, mia sorella e tutto il resto della famiglia suonare.

Da quanto tempo studi musica? Ricordi un maestro o una maestra che è stato o è stata particolarmente importante per qualche motivo?

Miriam: Io, come ho già detto, è da 6 anni che studio musica e ho avuto diversi maestri durante il mio percorso: non me li ricordo benissimo, comunque sono stati tutti bravi e mi hanno insegnato tanto.

Giulia: Io, in realtà, non ho avuto degli insegnanti di musica; la mia maestra è stata più che altro mia madre.

Come riesci a conciliare la passione per la musica con gli impegni di scuola?

Miriam: Beh, per fortuna è la scuola che organizza per noi: noi seguiamo le lezioni di musica individuali due pomeriggi alla settimana e poi ci riuniamo per fare musica di insieme un altro giorno. Il resto del tempo ci dedichiamo completamente agli impegni scolastici relativi alle altre materie.

Giulia: Dato che sono nella stessa classe di Miriam, la mia risposta è la stessa.

Per quante ore al giorno ti eserciti?

Miriam: Pur essendo molto impegnata con lo studio, cerco di dedicare comunque più o meno un’ora e mezza al giorno alla musica.

Giulia: Anche io, come Miriam, ho tanti impegni scolastici e non solo, poiché pratico anche pallavolo. E anche io mi esercito a suonare per un’ora e mezza, due ore tutti i giorni.

Che genere di musica ti piace ascoltare e suonare? Voglio dire, ascolti lo stesso genere che suoni o no? E qual è la tua canzone preferita?

Miriam: Io ascolto tutti i generi di musica: il jazz, il blues, il rock, che è forse il mio genere preferito, e anche la musica classica e tutti gli altri generi di musica. Non ho una canzone preferita, ne ascolto tantissime.

Giulia: Anche io ascolto un po’ tutti i generi musicali, però i miei preferiti sono il rock e il pop; anche per me non c’è una canzone preferita perché ascolto un po’ tutte le canzoni.

A quale artista o a quali artisti ti ispiri maggiormente?

Miriam: A me piacciono i gruppi, non i cantanti o i cantautori singoli: quindi, per esempio, il mio gruppo rock preferito sono i Maneskin, ma mi piacciono anche i Queen e altri gruppi di un po’ di anni fa.

Giulia: Io non mi ispiro ad un artista in particolare, ma al mio professore di chitarra a scuola, Gianfranco Gabriele: lui è il mio punto di riferimento.

Ti piace riprodurre i brani o comporne di nuovi? Ci hai mai provato?

Miriam: Io non ho mai composto nuovi brani o inventato musiche, però ho suonato tante volte canzoni di cantanti o di gruppi molto famosi, sia da sola sia in orchestra.

Giulia: A volte ho provato a mettere insieme qualche accordo, quindi sì, diciamo che mi piace inventare nuove musiche.

Se non avessi fatto l’artista, cosa avresti fatto?

Miriam: In verità non lo so, perché dedicarmi alla musica è sempre stato il mio sogno fin da bambina.

Giulia: In realtà non ho ancora un quadro preciso di quello che vorrei fare da grande, non ce l’avevo neanche prima di iniziare a studiare la chitarra…

Credi che da grande questa grande passione possa diventare il tuo lavoro? Hai un piano B?

Miriam: Beh, non lo so: il futuro va come deve andare. La musica potrebbe diventare un lavoro ma potrebbe anche non diventarlo. Io continuo a studiarla, poi si vedrà.

Giulia: Io, oltre a suonare, pratico la pallavolo e vorrei tanto diventare una pallavolista, anche se è un pò difficile. E non mi dispiacerebbe neppure diventare “semplicemente” una mamma.

Lo studio della musica comporta sacrifici per te?

Miriam: No, non mi comporta alcun sacrificio perché lo faccio con grande piacere.

Giulia: Anche per me non è affatto un sacrificio.

Ti piacerebbe trasmettere la tua passione ad altri?

Miriam: Beh, sì, per far scoprire a tutti il mondo della musica.

Giulia: Sì, mi piacerebbe cominciare a trasmettere la mia passione e insegnare la musica innanzitutto alle persone che mi sono più vicine, per esempio i miei cugini. E poi anche agli altri.

In che modo la musica ha contribuito a farti diventare quello che sei oggi? La musica ha arricchito e migliorato la tua persona e il tuo modo di essere, o semplicemente ti rende felice?

Miriam: Io quando suono mi sento più felice, rilassata, serena: se, per esempio, sono arrabbiata per qualcosa o litigo con i miei genitori o con mia sorella, prendo la chitarra e suono, così mi tranquillizzo.

Giulia: Sì, anche per me è così. Quando inizio a suonare mi sento libera!

Arianna Manfredi

Niccolò Piccinni: un legame indissolubile tra la musica e la città di Bari

Niccolò Piccinni (Vito Niccolò Marcello Antonio Giacomo) nacque a Bari il 16 gennaio 1728 da Onofrio (dal 1719 violinista e contrabbassista nella basilica di S. Nicola e nel 1743 maestro di cappella ad interim) e da Silvia Latilla, sorella dell’operista Gaetano.  È considerato uno dei maestri dell’opera buffa napoletana.

Ricevuta dal padre una prima formazione musicale, si trasferì a Napoli e lì proseguì gli studi nel conservatorio di S. Onofrio; durante questi anni di studio ebbe comunque modo di tornare a Bari per coadiuvare l’attività paterna. Il debutto operistico avvenne nell’autunno del 1754 al teatro dei Fiorentini di Napoli con Le donne dispettose. Nel gennaio 1756 al Nuovo venne allestita la commedia per musica Il curioso del suo proprio danno. Il 13 luglio, nella parrocchia dei SS. Francesco e Matteo, Piccinni sposò la cantante quattordicenne Vincenza Sibilla, sua allieva: il loro primogenito, Giuseppe Maria Onofrio Gabriele, nacque meno di otto mesi dopo. Il 18 dicembre musicò al teatro di S. Carlo la Zenobia del Metastasio. Seguirono L’amante ridicolo deluso e la metastasiana Nitteti.

Consolidata in patria la propria notorietà, Piccinni poté affrontare le scene di Roma nel genere serio: al teatro Argentina il 21 gennaio 1758 fu messo in scena Alessandro nell’Indie, sempre del Metastasio. In quello stesso anno compose La morte d’Abele  e nella stagione autunnale e invernale tornò al teatro Nuovo. Il 6 febbraio 1760 al teatro delle Dame di Roma andò in scena La buona figliuola, dramma giocoso di Carlo Goldoni. Quest’opera, spesso citata sotto il nome di Cecchina (sesto tra i titoli comici d’attribuzione certa, scritto a soli sei anni dal debutto teatrale) delineò in modo decisivo lo stile di Piccinni.

In seguito il compositore barese tenne un ritmo di produzione costante (da 3 a 5 opere buffe l’anno), e, fra il 1760 e il ’70, compose oltre cinquanta fra opere serie e comiche. Queste ultime, dal 1762, cominciarono significativamente a diffondersi in Europa.

Oltre a Giuseppe Maria, Piccinni ebbe cinque figlie e un secondo figlio maschio, che avrebbe poi seguito le orme paterne nei teatri d’Italia, di Parigi e di Stoccolma. Nel 1774 compose il suo più valido e maturo melodramma, l’Alessandro nelle Indie il cui successo determinò, di lì a due anni, il trasferimento a Parigi. Con diciassette opere, egli fu l’autore più frequentemente scritturato al S. Carlo nel XVIII secolo, assieme a Johann Adolf Hasse. Almeno a partire dal 1767 Piccinni fu maestro di composizione al conservatorio di S. Onofrio. Agli incarichi di organista della Real Cappella e vicemaestro della cappella in Duomo, egli affiancò una florida attività privata di docente e di maestro di cappella in vari conventi e istituti religiosi partenopei. Nel 1776 fu chiamato a Parigi. Dopo un primo concerto pubblico, il 29 gennaio i parigini gustarono la versione francese della Cecchina alla Comédie Italienne. Il 19 febbraio fu introdotto alla corte di Maria Antonietta, di cui fu poi maestro di canto e clavicembalo. La collaborazione con Marmontel sfociò nella tragédie-lyrique d’esordio, Roland, eseguita in privato l’11 ottobre 1777 e all’Opéra il 27 gennaio 1778 con ottima accoglienza (26 repliche fino al 28 giugno). Atys fu eseguita a corte il 22 febbraio 1780, il 4 aprile all’Opéra. Il 23 gennaio 1781 andò in scena con esito mediocre Iphigénie en Tauride, resa celebre da una querelle combattuta tra Piccinni e Christoph Willibald Gluck, il musicista boemo autore di una diversa Iphigénie en Tauride data all’Opéra il 18 maggio 1779 (l’opera di Piccinni sarebbe dovuta essere allestita il 15 gennaio 1779). Nel 1782 Piccinni, residente a Méréville, fu nominato direttore della scuola di canto dell’Opéra e avviò così un’intensa attività didattica.

 Durante il periodo parigino la sola opera che riscosse autentico successo fu Didon, anche se altre opere ebbero  ottima accoglienza, ma lo scoppio della Rivoluzione impedì l’allestimento della promettente Clytemnestre. Angustiato da ristrettezze economiche, al rientro in patria il compositore fu mal visto dal regime borbonico. La pensione regia non risolse l’indigenza che lo attanagliò dopo la rovinosa gestione della vendita per procura delle lastre delle sue partiture francesi e dei diritti di rappresentazione. Fallimentare si dimostrò anche il tentativo di tornare a imporsi come autore di drammi seri.

 Dopo il rientro da Venezia, dove nell’autunno 1793 aveva seguito al S. Samuele l’allestimento del «dramma eroico comico» Griselda, Piccinni fu ufficialmente accusato di giacobinismo e messo agli arresti domiciliari per ben quattro anni, durante i quali si limitò a intonare alcuni Salmi e a progettare una fuga da Napoli che concretò infine nel 1799. Lasciata la famiglia e rifugiatosi a Roma, rientrò a Parigi in compagnia d’un membro della legazione francese a Napoli.

Acclamato dai musicisti del neocostituito Conservatoire come un martire della Rivoluzione, ricevette una pensione di sostentamento e a luglio fu raggiunto dai familiari.

Nell’aprile 1800 Napoleone nominò Piccinni ispettore del conservatorio, onorificenza di cui poté godere per meno di un mese.

Niccolò Piccinni morì il 7 maggio 1800 a Passy per un blocco renale. Durante i funerali solenni Jean-François Lesueur lesse il discorso commemorativo, e il trasporto della salma fu accompagnato dalla musica del coro dei Sogni di Atys, con parole opportunamente parafrasate.

A Bari, in suo onore, fu costruito un grande teatro al quale il Comune dette il suo nome, oltre ad una statua in marmo che lo fronteggia e che sembra dirigere dall’esterno la sua musica eterna. Anche il conservatorio della sua città d’origine è a lui orgogliosamente intitolato. Nella città vecchia, la sua casa, è ora diventata un museo.

                                                                                       Miriam Cascione

SOGNANDO LA PACE: I BAMBINI DELL’ANNA FRANK CONTRO LA GUERRA

Lunedì 4 aprile dalle ore 8.30 alle ore 13.00 i bambini della scuola primaria Anna Frank faranno sentire la loro voce, nel vero senso della parola! I nostri piccoli grandi alunni, infatti, manifesteranno la loro contrarietà alla guerra e il loro desiderio di pace con un’esecuzione corale nel corso di una manifestazione dal nome significativo, SOGNANDO LA PACE, che si terrà nello spazio esterno della scuola.

“Gli eventi bellici, tristemente noti a tutti, non potevano lasciare indifferente la nostra istituzione scolastica” – ha dichiarato la maestra Carla Diacono che, insieme al maestro Antonio Amato, dirigerà il coro di voci bianche dell’Anna Frank.

L’impegno e l’entusiasmo dimostrato dai bambini nella preparazione dell’evento è stato particolarmente apprezzato dalla Dirigente della nostra scuola, Manuela Baffari, che ha accolto e sostenuto fin da subito l’iniziativa proposta dai docenti e dalla comunità scolastica.

Lo stesso evento sarà occasione per dimostrare concretamente la nostra solidarietà e la nostra vicinanza alle popolazioni che stanno soffrendo a causa della guerra: durante le esibizioni canore, infatti, sarà attivata una piccola raccolta fondi a cui tutti i docenti, i genitori e quanti vorranno fermarsi ad ascoltare potranno liberamente aderire. In questo modo speriamo che la “voce” dei nostri bambini riuscirà davvero ad arrivare proprio lì dove è più necessario che sia udita.

Nostra compagna sarà la musica che, in questo difficile momento storico, ha sicuramente un forte potere e che può aiutarci a costruire un nuovo futuro. La nostra scuola, i nostri maestri, i nostri genitori ma soprattutto i nostri bambini ci credono fermamente, così come credono che è possibile sognare un mondo diverso, di pace e confronto, di rispetto e amore.

A lunedì!

Rosa D’Apolito e Adriana Cianci

HIP HOP: poesia, danza e arte direttamente dai ghetti americani.

Molti giovani italiani praticano l’hip-hop, ma quanti ne conoscono la storia?

L’hip-hop non è semplicemente una danza, ma è un movimento culturale che nacque a New York, nel quartiere del Bronx, negli anni ’70 del secolo scorso.
Specialmente all’epoca, il Bronx era un quartiere povero e malfamato, dove spesso le persone, vittime della povertà e dell’abbandono, si sfidavano per ottenere un territorio, finendo, in molti casi, addirittura allo scontro fisico.
Fortunatamente ad un certo punto (negli anni ’70, per l’appunto), proprio lì, nacque l’hip-hop, che rappresentò per i giovani un’occasione per mettere da parte gli scontri e la violenza e sfidarsi in gare di ballo e di “canto”.

L’ hip- hop, insomma, salvò la vita a tante persone.

All’hip-hop sono collegate diverse altre altre discipline molto amate dai giovani;
una di queste è sicuramente la Break dance, la ” mamma” dell’hip-hop: i ballerini che la ballano vengono chiamati B-boys e B-girls .
Ricordiamo poi il MC’ing, letteralmente “il maestro delle cerimonie”, ovvero, il Rap, il Writing, cioè il graffitismo, un modo di esprimersi attraverso le coloratissime bombolette spray con le quali vengono realizzati dei graffiti sui muri delle città, oppure sui treni, di notte, per far capire a tutti l’ appartenenza ad un quartiere, o anche il proprio Tag (nome in codice che ciascun gruppo si attribuisce), il DJnig, cioè il Disk Jokey, colui che gioca con i dischi creando basi per chi rappa.

E’ incredibile pensare che un’arte tanto bella che sprigiona energia, forza e vita sia nata in un quartiere così povero dove addirittura, durante la prime feste hip-hop (i Bloch Party), veniva rubata la corrente dai lampioni, perché gli abitanti del Bronx non ne disponevano… Eppure è così, e forse è proprio questa la magia che questa arte sprigiona: la magia della forza pura!

Alessia Romito

IL FESTIVAL DI SANREMO: la più grande rappresentazione della musica italiana.

Da pochi giorni si è ormai concluso l’evento che riunisce le famiglie italiane e non solo, davanti al piccolo schermo da ormai ben 72 anni! Il Festival di Sanremo anche quest’anno ha portato un po’ di spensieratezza per cinque serate consecutive, riuscendo a mettere d’accordo tre generazioni completamente differenti grazie all’aiuto del conduttore Amadeus che ha preso il timone della rappresentazione canora per la terza volta consecutiva. Ma cosa è successo durante queste sere? 

Abbiamo visto diversi ospiti come: i Måneskin, che sono stati i vincitori lo scorso anno e che, dopo la vittoria all’Eurovision, hanno infuocato i palchi di tutto il mondo con il loro rock; i Meduza, tre giovani dj italiani che hanno fatto ballare intere nazioni con la loro musica elettronica, in particolare con “Tell It To My Heart”; il cantautore italiano, Cesare Cremonini, che ha coinvolto più generazioni con la sua musica e i suoi testi poetici, ma ha fatto anche scatenare l’Ariston con il tormentone dei Lùna Pop “50 special”; Fioerello, showman e spalla di Amadeus per i primi suoi due Festival, ha regalato un sorriso al pubblico durante la prima serata, passando successivamente il testimone al nostro conterraneo Checco Zalone, recordman da botteghino, che tratta tematiche di attualità nei suoi film cercando di dare un insegnamento attraverso il suo umorismo.

Le 25 canzoni in gara stanno riscontrando parecchio successo nelle radio e sulle piattaforme digitali musicali; ormai, canzoni come: “Ciao ciao” della Rappresentante Di Lista, “Farfalle” di Sangiovanni, “Dove si balla” di Dargen D’Amico, “Ovunque sarai” di Irama, sono diventati dei veri e propri tormentoni, nonostante non si siano piazzate sul podio, conquistato, invece, da Morandi con “Apri tutte le porte” al terzo posto, Elisa con  “O forse sei tu” al secondo e Mahmood e Blanco al primo, pronti a portare “Brividi”, la canzone con più successo di Sanremo 2022, all’Eurovision Song Contest, che quest’anno si terrà proprio in Italia, precisamente a Torino con la conduzione di Laura Pausini, Mika e Alessandro Cattelan, annunciata durante una delle serate sanremesi. 

Ma Sanremo 2022 è stato accompagnato da un’altra competizione che ha unito noi fans con gli artisti: il FantaSanremo è stato un fenomeno virale! Gioco ispirato al Fantacalcio. Ma in che cosa consiste? Ognuno ha una squadra composta da 5 artisti che si può comporre grazie a un budget di 100 Baudi (moneta dedicata al celebre conduttore); durante le serate sono stati assegnati bonus o malus in base alle azioni compiute dai cantanti sul palco, infatti spesso gli artisti hanno citato il nome del gioco sul palco, o quello di Mara Venier ( ” Ciao zia Mara!”) o quello di Papalina, proprietario del bar dove ha avuto inizio il progetto, proprio per far guadagnare punti ai fans che li hanno messi in squadra.

I giochi da poco si sono conclusi, ma viviamo già in funzione del prossimo Festival, aspettando il nominativo del nuovo conduttore o la conferma di Amadeus.

Ida Nicole Nitti

CICLONE CHECCO A SANREMO

Luca Pasquale Medici, nome d’arte di Checco Zalone,  è nato a Bari il 3 giugno 1977 ed è un comico,  attore,  musicista, sceneggiatore, cantautore e regista, famoso per le sue mitiche battute e amato da giovani e adulti.

La simpatia di Checco arriva a tutti attraverso i suoi film (da “Cado dalle nubi” a “Tolo Tolo” sono stati un crescendo di successo), le sue canzoni (quante risate ci siamo fatti con Angela, Immigrato, L’immunità di gregge, La vacinada), il suo modo di essere: semplice, alla portata di tutti, ma, a ben guardare, sempre carico di riflessioni e messaggi importanti.

Mercoledì 2 febbraio, Checco Zalone si è esibito sul palco dell’Ariston, insieme ad Amadeus, lo straordinario conduttore del programma, e, come al solito, è stato un vero ciclone!

Ha parlato del Covid con ironia e allegria e ci ha aiutato, ancora una volta, a guardare la realtà con spirito critico, ma senza intristirci.

Il suo personaggio, il cozzalone che può sembrare rozzo e sempliciotto, in realtà è tutt’altro, e anche sul palco dell’Ariston il nostro Checco ha mostrato a tutti che la sua comicità è frutto di riflessione e conoscenza.

A me piace davvero tanto!! 

Mi ha colpito l’intervista nella quale ha parlato di come sua zia lo abbia sempre incoraggiato a laurearsi per cercare di iniziare la carriera di magistrato e di come lui, pur essendosi laureato, abbia sempre continuato ad inseguire il suo sogno: fare spettacolo e far ridere. 

Inseguire i sogni fino a raggiungerli: EVVIVA CHECCO!!

Alessia Romito

LA MUSICA: UN MIRACOLO NELLA TRAGEDIA

Il 27 gennaio, ogni anno, ricordiamo il giorno in cui i pochi ebrei sopravvissuti furono liberati dal regime nazista guidato dallo spietato Hitler. 

In questo articolo voglio parlare di un argomento poco trattato nei documentari, la MUSICA: un miracolo nella tragedia.

Nei campi di concentramento e di prigionia si è sempre fatta tantissima  musica, di ogni tipo e d’ogni qualità.

La musica nei lager poteva diventare un’arma a doppio taglio, per quanto trasmettesse speranza, salvezza e consolazione, scandiva anche il tempo della morte.

Molti musicisti hanno dovuto far fronte alla tragica realtà di essere costretti a suonare per allietare i loro sterminatori e non per il piacere di esibirsi, come Alba il numero 50381, conosciuta come “ La violinista di Auschwitz”.

Arrivata al campo, Alba venne nominata direttrice dell’orchestra di Auschwitz, e lei, pur di non compiacere i suoi aguzzini, fu tentata di rifiutare. Ben presto, però, si rese conto che poteva sfruttare la sua posizione per salvare se stessa e le altre donne musiciste, ricevendo razioni di cibo extra e la possibile salvezza dalle grinfie della morte; fu così che iniziò la sua missione.

Una delle 47 donne a far parte dell’orchestra era Fania Goldstein, in arte Fenelon, una cantante e pianista francese.

Per Fania la musica divenne un filo sottile per la salvezza della sua vita. Il suo unico scopo era sopravvivere per testimoniare e far sapere alle generazioni future le atrocità subite da non dimenticare.

Negli ultimi 30 anni l’importanza della musica nei campi di concentramento è stata valorizzata anche grazie alla curiosità ed interesse del musicista pugliese Francesco Lotore impegnato nel recupero, studio, archiviazione ed esecuzione di reperti musicali di ogni genere provenienti da tutto il mondo. La sua instancabile dedizione sarà premiata con la nascita a Barletta della Cittadella della Musica Concentrazionaria, il primo hub al mondo dedicato alla musica prodotta nei Campi di sterminio.

                                                                                        Alessandra Nicastri