Uno dei muri perimetrali della nostra scuola, da qualche settimana, ospita un bellissimo murales: il murales del Benessere, nato dalla collaborazione tra la nostra scuola e la LILT di Bari.
Dopo aver riflettuto sulla piramide del benessere insieme ai volontari della LILT e alle nostre insegnanti, due rappresentanti per ciascuna delle classi prime che hanno partecipato al progetto si sono incontrati con la pittrice Daniela Sersale per ideare insieme a lei un murales che riassumesse la nostra idea di benessere.
Se non l’avete già visto, potete ammirarlo facendo una passeggiata in via Saverio Lioce; nel frattempo, vi presentiamo la meravigliosa persona che lo ha realizzato per noi e insieme a noi, la pittrice Daniela Sersale.
Come e quando è nata la tua passione per la pittura?
“É nata da quando ero molto piccola, avrò avuto quattro o cinque anni; ricordo che prendevo i fumetti di mio fratello e cercavo di copiare le copertine. A casa avevo un angolino tutto per me dove dipingevo e tenevo una valigetta piena di colori: sì, posso dire di amare la pittura da sempre”.
Abbiamo letto che sei nata in Uruguay, a Montevideo. Quando e perché ti sei trasferita in Italia? Hai mantenuto un legame con la tua terra di origine?
“Vivo in Italia dal 2004. Nel mio paese d’origine la situazione non era delle migliori e visto che ho dei parenti qui e potevo avere la cittadinanza italiana, insieme a mio padre mi sono traferita in Italia, in cerca di una vita più serena.
Il legame con la mia terra c’è sempre e cerco di mantenere il contatto con amici e con parenti e soprattutto cerco di tenermi informata su quello che accade. In ogni modo devo dire che ormai sono legata affettivamente anche all’Italia: posso dire di avere due Paesi e due Terre”.
Spesso l’arte viene ritenuta una passione e non un lavoro. Per te cos’è?
“Entrambe le cose, sia lavoro che passione, anche se, come ho detto prima, per me è stata prima una passione. In Uruguay, e poi anche qui in Italia, ho studiato medicina e credevo che quello sarebbe stato il mio lavoro, ma parallelamente ho continuato il mio studio artistico, che mi ha dato sempre più soddisfazioni livello umano e come lavoro. Ora eccomi qua! Credo che sia proprio vero che, come si dice, chi fa un lavoro che ama è come se non lavorasse mai: per me è così perché amo il mio lavoro.
La cosa che mi contraddistingue è che ho tanta curiosità per le scoperte, e l’arte è fatta sempre di cose nuove. Cerco continuamente di capire, di vedere altro rispetto a quello che ho vicino a me, di conoscere artisti, e mi piace vedere tanti documentari: infatti mi interessa molto anche la storia dell’arte.”
Come la tua famiglia ha vissuto la tua passione?
“La mia famiglia mi ha supportato molto economicamente e mi ha permesso di dedicarmi agli studi artistici, ma mi ha aiutato anche per gli stimoli che mi ha dato. La persona che mi ha aiutato di più tra i miei familiari è stato mio padre perché ha capito presto che avevo una forte propensione per la pittura e ha fatto in modo di indirizzarmi verso questa strada.
Lui cercava dei corsi per me, però all’epoca, in Uruguay, non c’erano corsi per bambini e quindi mi comprava dei libri sull’arte e sulla pittura: avevo dei libri stupendi, che spiegano passo passo come dipingere. Quando avevo 9 anni sono stata presa in un istituto d’arte per adulti, e ci sono andata! Lì ho intrapreso un breve percorso di studio e a 13 anni ho iniziato a lavorare nella bottega di Elena Rivero, un’artista che è stata la mia principale maestra. Purtroppo in Uruguay non esisteva nemmeno un liceo artistico quindi un percorso artistico andava fatto da autodidatta oppure con un maestro privato: nel mio caso, come dicevo, c’è stata la maestra che mi ha accolta nella sua bottega e anche se ero l’unica ragazza in mezzo a tanti adulti ho imparato tanto …”
Ci racconti un po’ di Elena Rivero?
“Elena Rivero, oltre ad essere stata la mia maestra, è un’artista molto importante in Uruguay. Quando l’ho conosciuta aveva già viaggiato moltissimo e aveva vinto delle borse di studio sia a Venezia che in altri paesi d’America. Era stata anche in Bolivia e in Perù perché faceva anche la restauratrice di dipinti antichi. Era a sua volta stata formata da un grande maestro uruguaiano.
Come insegnante aveva un approccio molto più rigido di quello che ho io con i bambini: pensate che mi ha fatto lavorare un anno intero ad un unico disegno con il chiaroscuro a matita: diceva sempre che chi non sa ombreggiare non sa dipingere e quindi voleva che imparassi benissimo a farlo. Credo che avesse ragione: chi non sa disegnare fa il doppio della fatica per dipingere e per questo all’inizio disegnavo soltanto, quando ho imparato bene a farlo, allora ho iniziato a dipingere. Con lei lo usavamo la pittura ad olio, mentre io con i miei ragazzi uso l’acrilico perché è meno tossico.
Era una maestra severa ma bravissima e mi ha insegnato l’uso delle principali tecniche pittoriche. Frequentando la sua bottega per quattro anni ho imparato tanto anche dai miei compagni: ricordate che solo condividendo si impara davvero!”
Oltre alla pittura, pratichi altre forme di arte?
“L’arte mi piace in tante delle sue forme: quando ero piccola ho lavorato per un po’ la ceramica, però non ho approfondito molto questa tecnica, anche se è molto interessante. Intorno ai 40 anni, ho iniziato a studiare il violino e ancora adesso lo studio: la musica e la pittura sono le forme di arte che amo di più.”
Abbiamo visto che hai dipinto numerosi murales. Qual è stato il più difficile da realizzare ma che infine ti ha dato maggiore soddisfazione?
“Non saprei dire quale sia stato il murales più difficile …
Forse può essere stato quello che ritrae Gino Strada: è stato il più difficile perché avevo la responsabilità di rappresentarlo in modo che fosse ben riconoscibile, ma di avevo molte fotografie e tutte diverse, quindi è stato molto difficile scegliere quella che fosse più vicina alla realtà.”
Dipingi solo da sola o anche insieme ad altri artisti?
“Qualche volta da sola, molte volte invece con altri artisti, per esempio al Tulipark.”
Quale modalità preferisci?
“Dipende da ciò che si deve rappresentare. Quando devo dipingere un volto e serve molta concentrazione, preferisco lavorare da sola, quando invece il murales nasce proprio per essere realizzato in gruppo, allora è ballo lavorare con altri. La risposta, dunque, è che dipende dalle situazioni e dal lavoro che deve essere svolto: in assoluto mi piacciono entrambe le cose. Mi piace lavorare da sola perché ascolto la musica, mi rilasso e sono come tutt’uno con l’arte quindi mi concentro, però ci sono anche murales che ho realizzato insieme ad altri e ne conservo ricordi davvero speciali.”
Hai già lavorato con ragazzi giovani come noi? Se sì, è stato bello o difficile? E cosa avete realizzato insieme?
“Ho realizzato diversi murales insieme a dei ragazzi. Una volta, ad esempio, insieme ad alcuni studenti dell’istituto Marconi-Hack che studiavano grafica ho realizzato dipinti lungo tutto il sottopasso Marconi. Lavorare con i ragazzi è molto bello perché dove sono i giovani c’è sempre un’energia coinvolgente e speciale. A Triggiano mi è capitato di lavorare con bambini di una scuola dell’infanzia: è stato diverso perché loro erano molto piccoli, ma sempre bello.”
Quanti murales hai dipinto nella tua carriera? Sappiamo che molti si trovano a Bari. Ce ne sono altri in altre città?
“Ho perso un po’ il conto, credo di aver realizzato almeno una quindicina di murales e anche di più, tra città e privati. Non sono andata a dipingere in molte città, anche se mi piacerebbe farlo.”
Grazie, Daniela Sersale, per la bellissima opera che hai realizzato per noi e anche per questa bella intervista che ci hai regalato: ci vediamo il 21 maggio per inaugurare il bellissimo murales del Benessere!
G. Bux, E. Gatto, F. Catalano, F. De Nicolò, V. Giglietto, E. Servedio,