Medie-Superiori. I nostri piccoli passi da gigante

(Le nostre vecchie scuole: I.C. Zingarelli – I.C. Michelangelo

La nostra nuova scuola: Liceo Linguistico “Giulio Cesare”)

Quando eravamo piccole ci immaginavamo il passaggio dall’infanzia all’età “adulta” segnato dall’arrivo alle superiori.

Durante l’ultimo anno di scuola media abbiamo sognato, riflettuto molto e condiviso con i nostri compagni di classe e gli insegnanti: come sarebbe stato il nostro futuro “da grandi”?

Più ci avvicinavamo agli esami di stato di terza media e più ci rendevamo conto di essere sempre a un passo da quella realtà.

E ora che ci stiamo dentro, abbiamo notato subito le prime differenze: visi nuovi, nuovi insegnanti, diversi modi di approcciarsi agli alunni e di spiegare gli argomenti, materie nuove (tedesco, chimica, latino…), diversi anche i voti, il comportamento dei coetanei e persino la disposizione dei banchi in classe.

Il primo giorno di scuola eravamo abbastanza emozionate, diciamo pure nervose. Anche se avevamo già vissuto almeno altre due volte le stesse sensazioni negli anni precedenti (l’arrivo alla scuola elementare, il passaggio dall’elementare alla media), è stato come se le avessimo rimosse per provarle per la prima volta e nuovamente.

Per fortuna non eravamo sole: conoscevamo già qualche ‘nuova’ compagna perché l’avevamo avuta in classe alle medie o alle elementare, cosa davvero importante per noi perché ci faceva sentire più a nostro agio, meno in imbarazzo. È stato solo dopo che ci si sono presentati i nostri nuovi insegnanti che abbiamo realizzato di essere passate ad un nuovo capitolo della nostra vita.

Ci è bastato solo un mese per renderci conto di quanto sia stata preziosa l’esperienza delle scuole medie: ci ha preparate a quello che avremmo vissuto al liceo perché, per quanto sia un percorso tutto nuovo, ci sembra di avere gambe forti abbastanza per affrontarlo con grande entusiasmo ma anche, lo ammettiamo, con un po’ di nostalgia per quei tre anni che davano certezza al nostro quotidiano.

La nuova scuola è accogliente e promette bene: ci trascorreremo anni produttivi alla fine dei quali saremo addirittura maggiorenni.

Cosa ci aspettiamo dagli anni che ci stanno davanti? Per la scelta che abbiamo fatto, di sicuro ci auguriamo di imparare a parlare tante lingue, di viaggiare molto con i progetti di gemellaggio, di instaurare un buon rapporto con gli insegnanti e imparare ogni giorno sempre più cose in modo da crescere bene, più responsabili, autonome e mature.

Poiché è solo alla fine delle medie che ci siamo accorte di quante belle amicizie si sono formate in classe e nei corridoi, l’augurio per noi è di viverne ancora al liceo per portarci, fuori di qui, tra cinque anni, altri bei ricordi di scuola e lasciare tra questi nuovi banchi la più bella parte di noi.

Alice Frigerio e Sofia Tunzi (Liceo Linguistico Giulio Cesare, Bari)

IL COMMERCIO SI VESTE DI DONNA: DIECI RAGAZZE PER ME

Sabato 12 marzo l’autrice Florisa Sciannamea ha tenuto una relazione sulla storia della calzatura. La scelta della tematica è stata in linea con la tipologia di prodotto in vendita presso il negozio del signor Nino Armenise, nel cuore del quartiere Poggiofranco, location scelta per l’incontro. L’intervento della scrittrice ha chiuso una settimana dedicata alla celebrazione della figura femminile attraverso una serie di incontri promossi dalla commissione “Cultura e Sport” del Municipio 2, presieduta dalla consigliera Alessandra Abbatescianni, dal titolo “Il commercio…si veste di donna”. Gli incontri si sono tenuti in luoghi tra i più disparati che, seppur non reputati convenzionalmente idonei ad ospitare eventi culturali, sono stati eletti invece a sedi accoglienti e coerenti con la tematica: negozi di abbigliamento adulti e bambini, coiffeur, pasticcerie etc.. La scelta di questi luoghi mirava all’obiettivo di raggiungere un maggior numero di persone rispetto al pubblico che tradizionalmente frequenta gli spazi “culturali” (librerie, teatri, circoli letterari, musei…), per condividere una tematica di così grande interesse sociale.

Il negozio di Nino Armenise si è così trasformato in un piccolo salotto culturale, in cui gli ospiti hanno preso posto sui pouf solitamente usati dalle clienti per provare le calzature e gli accessori in vendita.

Ad introdurre l’autrice è stata la consigliera Abbatescianni, che prima ha illustrato il contenuto del libro Dieci ragazze per me e successivamente ha invitato la scrittrice a relazionare sull’evoluzione e sul significato simbolico della calzatura, specie femminile.

Partendo dalla notizia del primo ritrovamento in Armenia di una scarpa femminile, di numero 37 e mezzo, risalente a 3500 anni fa, Florisa Sciannamea ha ripercorso sinteticamente le trasformazioni, nei secoli, di uso e valore assunti dalla calzatura in base alle diverse civiltà (Assiri, Egizi, Cinesi, Greci, Romani, Franco-Normanni, Europei tra XVI e XX secolo…). La scrittrice si è soprattutto soffermata sui molteplici cambiamenti, nella forma, nel tacco, nella destinazione d’uso etc. , che questo oggetto ha subito nell’ultimo secolo.

La chiacchierata, ricca di aneddoti, a volte anche curiosi e divertenti, si è chiusa tuttavia con una nota drammatica, cioè il riferimento e la spiegazione della nota installazione del 2009, nella piazza della città messicana Ciudad Juárez, dell’artista Elina Chauvet “Zapatos Rojos”. Come ha ricordato la scrittrice, quella installazione è nata a denuncia dell’ondata di femminicidi avvenuta nella stessa città negli anni Novanta ed è stata suggerita all’artista dalla tragica morte della sorella per mano del marito. Dopo la relazione tenuta dalla Sciannamea, è ancora più chiara la simbologia delle 33 paia di scarpe: rosse come il sangue delle donne uccise e vuote dei loro piedi.

Perché è stata scelta proprio la scarpa?

Ancora una volta è la stessa Florisa Sciannamea a rispondere a questa domanda: “Perché la scarpa protegge i nostri piedi e ci permette di camminare a lungo, anche su sentieri impervi, e quindi è simbolo di libertà. Una donna senza scarpe è una donna alla quale è stata tolta la libertà, in casi estremi anche la vita. Questo è il motivo per cui il 26 novembre di ogni anno, a ricordare la morte di tante donne, si organizzano installazioni con scarpe rosse in tante città del mondo.”

Alice Frigerio

DIECI RAGAZZE PER ME

Dieci ragazze per me della scrittrice Florisa Sciannamea è una raccolta di brevi racconti che ha come tema principale la donna, di cui prende in considerazione le numerose e varie sfaccettature. Protagoniste dei dieci racconti sono, infatti, dieci “ragazze” e le loro vite. Con il titolo, come si potrà leggere dall’intervista che le abbiamo rivolto, l’autrice intende fare volutamente riferimento alla canzone “Dieci ragazze per me” di Lucio Battisti.

Ma lasciamocelo dire dalla stessa Florisa…

GIORNALISTI: Questo libro parla di tante donne che hanno vissuto una vita particolare. Come definirebbe le sue protagoniste in una sola parola?

FLORISA SCIANNAMEA: Per definire queste donne ci vorrebbero tantissimi aggettivi, ma penso che “uniche”, “normali” e “speciali” siano quelli perfetti.

G: A quale di loro è più affezionata?

F: La donna a cui tengo di più è certamente Faduma, perché ho avuto la fortuna di conoscerla e di starle vicino anche in momenti particolari come il giorno dopo il parto del suo secondo figlio, ma anche perché era una ragazza dolce, affettuosa e gentile.

G: C’è qualcuna che le assomiglia?

F: Mi assomiglia molto Maria Pugliese, la mia professoressa di storia dell’arte, perché condivido pienamente il suo concetto di bellezza, che non si riferisce all’apparenza esteriore ma alla bellezza interiore.

G: Il titolo del suo libro ricorda una canzone di Lucio Battisti.

F: Sì, certo. E’ proprio dalla quella canzone che ho preso spunto. “Dieci ragazze per me” mi ha fatto riflettere molto. Quando ascoltai per la prima volta decisi di scrivere un libro partendo dal suo titolo e ci sono riuscita!

G: Benissimo, ora parliamo un po’ della sua carriera di scrittrice. Dove trova l’ispirazione per i suoi fantastici libri?

F: Dagli avvenimenti di tutti i giorni. Li trasformo, certo, ma non del tutto, in modo da renderli immaginari quel tanto che basta a renderli affascinanti e in modo che abbiano una morale sottintesa, così come ho detto prima riguardo alla canzone di Battisti.

G: Come è cambiata la sua vita scrivendo?

F: E’ migliorata. Grazie ai libri posso esprimere la mia opinione, i miei pensieri, le mie emozioni; posso condividere me stessa e magari “parlare” indirettamente a chi mi legge.

G: Lei ha studiato al Liceo Artistico e poi all’Accademia delle Belle Arti. Come ha scoperto la vena della scrittura?

F: In realtà la mia prima ambizione non era quella di scrivere e pubblicare libri o di essere conosciuta come scrittrice. Io amavo (e amo ancora tantissimo) disegnare e sapevo di avere un certo talento in questo. Perciò solo tardi ho provato a scrivere qualcosa, senza mai pubblicare peraltro, perché avevo paura. Con il passare del tempo la paura è sparita (non del tutto, ma quasi), mi sono fatta coraggio e mi sono lanciata in quest’altra avventura. Ho deciso così di scrivere dei veri e propri libri (inserendo anche un pezzo del mio cuore, i disegni) e, quando ho trovato degli editori interessati al mio lavoro, di pubblicarli.

G: Quando scrive un libro, ha già tutta la storia in mente o la elabora strada facendo?

F: Prima di cominciare la storia creo un piccolo bozzetto in mente sull’argomento che devo trattare, poi strada facendo penso ai personaggi (nome, caratteristiche fisiche, carattere, funzione nella storia) e ai luoghi dove ambientare le storie.

G: Che sensazione si prova dopo aver scritto un libro?

F: Si prova felicità e soddisfazione, ma anche paura di sentire, leggere, ricevere dei commenti negativi riguardo quello che hai scritto.

G: Lei ha partecipato a molti incontri con molti alunni di tutte le età: che cosa le hanno trasmesso questi incontri?

F: Mi hanno arricchito e incuriosito: ogni singolo alunno esprime opinioni, pensieri, stati d’animo tutti suoi, uno diverso dall’altro e uno più unico dell’altro. Mi hanno fatto riflettere molto.

G: Insomma, si impara anche dai più piccoli …

La ringraziamo per il tempo che ci ha dedicato. Prima di salutarla le chiediamo un’ultima cosa: se potesse lanciare un messaggio ai suoi lettori, e in particolare ai ragazzi dell’Istituto Zingarelli, che cosa direbbe loro?

F: Augurerei loro di riuscire ad evitare nella propria vita sia i rimpianti sia i rimorsi. E li incoraggerei a vivere sempre in maniera coerente con le proprie idee, con le proprie passioni e il proprio modo di essere per non tradirsi mai.

Alice Frigerio, Luca Lo Presti