Una donna coraggiosa… del Seicento!

Artemisia Gentileschi era una pittrice del ‘600 molto dotata, che però la gente non apprezzava semplicemente perchè era una donna.

Il padre, accortosi del suo talento, decise di farle seguire un corso da un pittore di nome Agostino, che si innamorò di lei e si ripromise che prima o poi l’avrebbe sposata, anche se la ragazza rifiutava sempre.

A seguito degli infiniti rifiuti, la situazione peggiorò a tal punto che Agostino cominciò a violentarla, finché Artemisia non riferì tutto al padre Orazio.

I due denunciarono il pittore, ma non riuscirono a vincere il processo contro di lui, che fu umiliante per Artemisia pur non indebolendo il suo fortissimo carattere.

Per comprendere meglio la bravura di Artemisia è indispensabile ammirare i suoi splendidi quadri.

Le sue opere rispecchiano il suo carattere: a quei tempi, in una società dominata dal maschilismo, diventare una donna di successo nel mondo dell’arte era un’impresa davvero ardua che richiedeva coraggio, determinazione, forza di volontà, intraprendenza e un pizzico di follia.

Basta osservare una delle sue opere più famose, Giuditta che decapita Oloferne, per ritrovare l’indole indomita di questa donna eccezionale.

Il quadro, che è abbastanza cruento, fu realizzato dopo il processo contro Agostino ed esprime lo stato d’animo di Artemisia: “Dio lo ha colpito per mano di donna”, furono le parole della Bibbia a cui sicuramente si ispirò nel dipingerlo.

La storia di Artemisia ci insegna che una donna è libera di fare ciò che vuole, di sposarsi o meno, e non deve essere condizionata dal volere di un uomo che si crede superiore.

Dobbiamo sempre ricordare che la donna e l’uomo si equivalgono e hanno uguale importanza. Dobbiamo sempre ricordare queste meravigliose parole tratte dal Talmud ebraico:

La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perché dovesse essere calpestata,
né dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco, per essere uguale.

Un po’ più in basso del braccio, per essere protetta.
Dal lato del cuore, per essere amata
.

Greta Vincenti e Arianna Agostinelli

Lucia Annibali e la sua storia di non amore

Non lasciatevi sopraffare da nessuno. Non lasciate che sia lui a imporvi come dovete vestirvi, come dovete pensare, come dovete comportarvi e come dovete essere.

Siate voi stesse fino in fondo come lo sono io adesso. Siate quel che siete e se decidete di cambiare fatelo soltanto perché lo avete deciso voi.”

Questo è il messaggio di vita che Lucia Annibali dedica in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

Effettivamente, chi sarebbe questa Lucia Annibali?

Entriamo nel dettaglio:

Lucia è una giovane avvocatessa civilista che fino a qualche anno fa lavorava nello studio del padre ad Urbino.

Era 16 aprile 2013 quando, tornando a casa dal corso di nuoto, fu sfregiata con dell’acido su viso e mani dall’ex fidanzato, Luca Varani, che aveva ingaggiato due sicari albanesi per aggredirla. La donna aveva già subito delle aggressioni di cui l’artefice era rimasto anonimo, ma che poi si è capito avessero dietro sempre l’ex fidanzato, che voleva assolutamente tornare insieme a lei.

Dopo l’aggressione l’avvocatessa si è sottoposta a più di 20 interventi chirurgici, ricorrendo a pomate e maschere che da una parte lenissero il dolore e dall’altra nascondessero i segni di quanto subito.

Sono passati 10 anni dall’aggressione e 9 anni dalla sentenza seguita al processo contro gli aggressori: 20 anni di reclusione per Luca Varani e 14 anni per i due sicari albanesi.

Adesso Lucia dichiara: “Sono viva e mi sento bella”.

Il 21 novembre 2013 Giorgio Napolitano le ha conferito l’onorificenza di cavaliere dell’ordine al merito della Repubblica italiana e subito dopo lei ha avuto la forza di scrivere il libro: “Io ci sono, la mia storia di non amore” da cui poi è stato tratto il film interpretato da Cristiana Capotondi.

Anche in seguito alla pubblicazione del romanzo, l’accaduto è diventato un caso mediatico; Luca Varani ha insistito sul fatto che non avesse voluto davvero aggredirla, ma che avesse soltanto provato a sfregiarne la macchina, e che l’aggressione sia stata soltanto un incidente, ma nessuno è riuscito a credergli.

Adesso Lucia ha iniziato una nuova vita a Roma, la carriera di avvocatessa a Urbino non le appartiene più; ora si impegna nell’onorare il suo compito di deputata a favore di donne vittime di uomini violenti, inutili.

La sua storia ci insegna che abbiamo il diritto di sentirci liberi e di fare ciò che in cuor nostro ci sembra più giusto, indipendentemente da quello che pensano o vogliono gli altri.

E si insegna anche che la bellezza esteriore è solo superficiale, mentre quella a cui dobbiamo davvero dare peso è la bellezza interiore, quella dei nostri pregi e dei nostri difetti.

Quelle che seguono sono due frasi di Lucia che ci hanno particolarmente colpito e ispirato:

Tu sei mia può essere forse una frase sussurrata in un momento di intimità, non una realtà che autorizza un uomo a trattarvi davvero come se foste in suo possesso, perché, il possesso è più parente della violenza che dell’amore.”

“Tutto si può superare se si sceglie di essere felice”.

Greta Vincenti, Arianna Agostinelli