LA CRISI DEL CALCIO ITALIANO: I MOTIVI E LE PROBABILI SOLUZIONI

Era l’11 luglio del 2021, da data della finale di Euro 2020 Italia-Inghilterra.

Quel giorno il popolo dei tifosi italiani era motivato e unito; avevamo sofferto per la pandemia del COVID-19, eravamo stati costretti a rimanere a casa con tante restrizioni: quella finale era molto importante per noi tifosi azzurri.

I nostri desideri furono esauditi quella stessa sera a Wembley e il rigore decisivo parato da Donnarumma fu una liberazione per tutti noi: eravamo tornati a gioire.

Viste le premesse, chi non segue il calcio e sta leggendo il mio articolo magari starà pensando che il mio sarà un racconto entusiastico e positivo sulle glorie della nazionale italiana. E invece no, purtroppo sarà esattamente il contrario….

La vittoria all’europeo aveva fatto ben sperare in un futuro radioso, non solo per la nazionale ma anche per i club di calcio italiani. Invece, dopo quella grande vittoria, ci sono stati continui fallimenti e gravi errori.

Il primo inciampo si è verificato lo scorso settembre durante la partita Italia-Bulgaria, valevole per le qualificazioni ai mondiali in Qatar del 2022. La partita si è conclusa 1-1 e molti hanno creduto che fosse solo un piccolo passo falso, invece quella partita ha decretato l’inizio della crisi.

Come abbiamo detto all’inizio, i problemi non hanno riguardato soltanto la nazionale ma anche per i club italiani: Juventus e Inter sono state eliminate agli ottavi di finale di Champions League, la Lazio è stata battuta dal Porto ai sedicesimi di finale di Europa League e l’Atalanta ai quarti dall’RB Lipsia.

E non è finita qui…

I mesi di Gennaio, Febbraio e Marzo 2022 sono stati costellati di fallimenti: oltre alle eliminazioni delle squadre italiane dalle coppe europee (tranne l’AS Roma, ancora in gara per la Conference League) c’è stato l’annuncio dell’ennesimo fallimento in serie C, quello del Catania Calcio, una delle squadre più gloriose della Sicilia. L’evento non è da sottovalutare, perché è inaccettabile che in Italia le squadre di calcio falliscano così facilmente: sono più di 175 le squadre fallite negli ultimi 32 anni, sicuramente anche a causa delle pessime organizzazioni di categorie come la serie C, che obbliga le società a spendere tanti soldi solo per un’iscrizione al campionato.

Comunque, la più grande delusione del calcio italiano si è verificata lo scorso 24 marzo alle semifinali play-off per le qualificazioni ai prossimi mondiali.

Italia-Macedonia del Nord: chi avesse vinto avrebbe affrontato il Portogallo in finale play-off.

Alcuni si immaginavano già di essere in campo con i giocatori portoghesi, altri addirittura di essere al mondiale (come se Macedonia e Portogallo fossero squadre da sottovalutare), ma l’Italia ha perso 1-0 e per la seconda volta consecutiva non si è qualificata ai mondiali.

Da questa eliminazione è scaturita la rabbia dei tifosi italiani soprattutto contro il CT Roberto Mancini, che non ha convocato Mario Balotelli – ormai rimessosi completamente in forma – e che si è fidato troppo di alcuni giocatori con cui aveva vinto agli europei ma che non sembravano essere del tutto pronti.

Secondo me l’errore della nazionale e delle squadre italiane è stato il gioco tradizionale, basato sulle ripartenze, sulla difesa e sul famoso ‘’catenaccio’’.

Sarebbe necessario un cambio di strategia, come è successo in altri paesi europei come ad esempio in Germania, dove Hans Flick ha completamente rivoluzionato il gioco della nazionale tedesca in seguito al fallimento di Joachim Low al mondiale 2018. Soprattutto è stato importante sfruttare al meglio talenti come il giovane Jamal Musiala, che è stato decisivo per il ritorno della Germania.

Quindi una possibile soluzione alla crisi della Nazionale Italiana potrebbe essere proprio l’impiego dei giovani: gli allenatori non dovrebbero avere paura di metterli in campo, perché è vero che l’esperienza è fondamentale per vincere le partite, ma è anche vero che il futuro è in mano a talenti freschi e non ancora sfruttati.

Purtroppo tanti talenti in Italia non vengono valorizzati, come evidenziato dal giovane centrocampista juventino Nicolò Fagioli: in genere essi non vengono fatti giocare con regolarità nelle squadre in cui sono cresciuti, ma spesso vengono mandati altrove in prestito per “farsi le ossa’’ con il rischio che poi diventino risorse sprecate a causa di un grave infortunio, o perché neanche in quelle squadre vengono fatti giocare costantemente.

Adesso, vista la situazione, sarà difficile per la nazionale ripartire dopo la batosta dell’eliminazione dai mondiali, ma valorizzando le persone giuste e cambiando strategia sono sicuro che i nostri giocatori saranno pronti al futuro e lavoreranno per migliorarsi affinché nella prossima competizione internazionale il cielo torni azzurro.

Stefano Tedesco Quartulli

“… E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE”: LA CAVALCATA TRIONFALE DELLA SSC BARI.

Bentrovati lettori di Zingarelli News!

Oggi, finalmente, per gioire non c’è bisogno di andare tanto indietro nel tempo e di essere nostalgici: lasciamo stare il passato e concentriamoci sul presente, perché è nel presente che c’è la festa! Una festa di liberazione e di sfogo da parte di tifosi che sono stati “presi in giro” per quattro anni e che quattro anni fa hanno subito la loro delusione più grande, ma che non hanno mai smesso di supportare la loro squadra. 

Dall’umiliante serie D all’infernale serie C, finalmente il 3 aprile 2022 il sostegno dei tifosi baresi è stato ripagato, come è stato ripagato l’impegno di una società sempre presente e che ha dato sempre il massimo alla squadra, nonostante tutto. Oggi lo possiamo dire, forte e chiaro: è tornata la Bari, adesso non ce n’è più per nessuno.

“… e quindi uscimmo a riveder le stelle”: così scrisse Dante per chiudere il 33° canto dell’Inferno della sua Divina Commedia. Ed è proprio così che il Bari lascerà una categoria, definita un vero e proprio Inferno, che lo ha trattenuto per tre lunghi anni, in cui le difficoltà e le delusioni non sono mancate. Basti pensare che il Bari in 3 anni ha visto sedere sulla panchina ben cinque allenatori di cui solo l’ultimo è riuscito nella grande impresa: un certo Michele Mignani che in un solo anno è riuscito ad entrare nella storia del Bari. 

I nuovi arrivati

La stagione del Bari è stata fortemente influenzata dai nuovi arrivati. 

Il presidente Luigi De Laurentis, passata una stagione tanto deludente da essere una delle peggiori della storia del Bari, pensa ad una rivoluzione. Parte dallo staff, esonerando il CT  Gaetano Auteri, e passa, poi, alla rosa. Ma il primo passo della rivoluzione si chiama Ciro Polito, nuovo direttore sportivo, l’uomo dal marcato accento campano che, già nella conferenza stampa di presentazione, fa una buona impressione ai tifosi baresi: il compito di trovare l’allenatore giusto per questo Bari, reduce da un’annata ampiamente deludente, è affidato proprio a lui.

 I media giornalistici fanno tanti nomi, principalmente allenatori amici o ex compagni di squadra del direttore, ma Polito dimostra tutta la sua professionalità ingaggiando un allenatore che non ha mai conosciuto personalmente ma di cui ha ammirato l’ottima  gestione della squadra di Siena qualche anno prima: stiamo parlando di Michele Mignani, quello che sarà poi il condottiero di questo Bari. Mignani arriva a Bari senza aver vinto nulla nella sua carriera e senza aver mai allenato nel Girone C, girone in cui milita il Bari. Insomma, non proprio un grande curriculum: eppure Polito vede in lui l’allenatore perfetto per questa squadra, e non sbaglia: non è mai facile gestire una rosa con tanti giocatori e farli felici tutti eppure Mignani è riuscito a far sentire TUTTI  importanti e al 100% membri del gruppo.

E’ così che si costruisce una grande squadra, è con umiltà e grande cuore che il Bari ha vinto il campionato ed è riuscito a trasformare la delusione dei tifosi in una immensa gioia che, speriamo, non avrà mai fine…

Stefano e Tommaso Tedesco Quartulli

CICCIO CAPUTO: UN CAMPIONE NATO IN PUGLIA

Francesco Caputo, detto Ciccio, è un calciatore professionista nato ad Altamura il 6 agosto del1987.
Questa è la sua storia.
Francesco entra nel mondo del calcio nel 2003, a soli 16 anni, quando partecipa ad un provino per il Grosseto, superandolo brillantemente. La società, però, pretende che il ragazzo si trasferisca con la
sua famiglia in Toscana spendendo 800 mila euro, una cifra impossibile. Ciccio, quindi, pensa di smettere ancora prima di iniziare, ma Onofrio Colasuonno, suo primo allenatore, gli fa cambiare
idea: lo fa reclutare nelle giovanili del Toritto dal 2003 al 2005 e lo fa poi aggregare nella prima squadra del Toritto in Promozione, con la quale il giovane segnerà 14 reti in 20 partite. Nel frattempo l’Altamura, squadra della sua città, lo nota e lo mette in prima squadra in Eccellenza; qui Ciccio segna 12 reti in 30 partite, che bastano per la chiamata del Noicattaro in serie C2 nel 2007, dove l’altamurano fa la sua prima stagione nel professionismo, segnando 11 gol in 29 partite.
Nel 2008 si realizza il sogno che Francesco aveva sempre desiderato si avverasse fin da bambino: giocare per il Bari! La prima stagione della sua carriera con i biancorossi la gioca in serie B, a 21 anni: superando le aspettative, segna 10 gol in 27 partite, ottenendo anche la promozione in serie A.
Non male, vero?
La stagione successiva viene mandato in prestito agli eterni amici della Salernitana e mentre i biancorossi fanno una bellissima stagione in serie A, lui retrocede in serie C e non viene riscattato dai granata.
Nonostante la deludente stagione, Ciccio non molla: ritorna al Bari e si toglie anche lo sfizio di segnare il suo primo gol nella massima serie contro il Cesena. Nella sessione di mercato invernale il Bari lo cede un’altra volta in prestito, questa volta al Siena, in serie B, con il suo ex allenatore Antonio Conte.
Nell’agosto 2012 Francesco viene iscritto nel registro degli indagati della procura di Bari per frode sportiva e squalificato per calcio scommesse a causa di una partita truccata della stagione 2008-2009.
Ciccio, innocente dell’accaduto, si rifugia ad Altamura e insieme ad alcuni suoi amici produce una birra fatta con il pane di Altamura e chiamata “Pagnotta”, che da allora diventa la sua esultanza: tutte le volte che segna, infatti, alza mignolo e pollice imitando un boccale, portandoli vicino alla bocca per una bella sorsata.
Nella stagione 2012-2013, nonostante l’annuncio della squalifica, Ciccio segna 17 gol in stagione, assicurando al Bari una salvezza tranquilla al decimo posto.
Nel 2017, dopo alterne vicende, viene acquistato dall’Empoli per circa tre milioni di euro e con Alfredo Donnarumma forma una delle coppie d’attacco più forti della storia della serie B e dell’Empoli: i due segnano insieme la bellezza di 49 gol e Ciccio vince il premio di capocannoniere con 26 gol e, ciliegina sulla torta, la promozione in Serie A.
Nel luglio del 2019 passa al Sassuolo, dove arriva terzo nella classifica dei capo cannonieri della serie A, dietro a nomi come Romelu Lukaku e Cristiano Ronaldo.
Nell’estate del 2020 realizza un grande sogno: viene convocato da Roberto Mancini nella Nazionale Italiana, dove esordisce qualche mese dopo contro la Moldavia e segna subito il suo primo gol con la maglia dell’Italia.

Purtroppo la stagione successiva è costellata di infortuni e periodi di fermo: gli 11 gol messi a segno non bastano per la convocazione al campionato europeo, poi vinto proprio dall’Italia.
Dall’estate del 2021 Ciccio milita nella Sampdoria, squadra nella quale aveva già giocato il bareseAntonio Cassano. Come quest’ultimo, anche lui ha cominciato a regalare tante soddisfazioni ai blucerchiati, diventando per i loro tifosi un vero e proprio idolo.
La morale della storia di Ciccio Caputo è che se hai un sogno devi crederci e andare avanti come ha fatto lui, che dai campi fangosi della prima categoria è arrivato alla Nazionale grazie all’impegno e al duro lavoro; Ciccio ha dimostrato che la carriera del calciatore è difficile, impegnativa, faticosa, contrariamente a quanto pensano alcuni; soprattutto quando è arrivato al professionismo, ha dovuto fare i conti con gli allenamenti estenuanti, con l’ansia, con le critiche, con la necessità di mantenere
il livello sempre altro per conservare il titolo guadagnato. Ed è per questo che è amato da tutte le tifoserie, proprio perché è un calciatore non interessato ai soldi e che rappresenta al meglio il modello del vero calciatore professionista.

Stefano Tedesco Quartulli

IL MODELLO REDBULL

Se vi chiedessero cos’è la Red Bull quasi sicuramente la maggior parte di voi risponderebbe che si tratta di una bibita. Beh, la risposta sarebbe non del tutto sbagliata ma almeno incompleta, perché la Red Bull è “anche” una bibita, ma non è “soltanto” una bibita.
Ma andiamo per gradi: la Red Bull è nata nel 1984 a Salisburgo, in Austria, come azienda produttrice di bevande energetiche; con il tempo è cresciuta, tanto che attualmente conta più di 12000 dipendenti, e ha cominciato a sponsorizzare svariati eventi sportivi diventando addirittura proprietaria di diversi team di automobilismo e motociclismo e di diverse squadre di calcio.
Ed è proprio della sua enorme influenza in quest’ultimo settore che voglio parlarvi.
In campo calcistico la Red Bull ha raggiunto grandi progressi. Le squadre che ha comprato e trasformato sono il RB Lepizig (GERMANIA), il RB Bragantino (BRASILE), il RB Brazil (BRASILE), il FC REDBULL SALZBURG (AUSTRIA), il RB NEW YORK (STATI UNITI) e il RB Liefering (AUSTRIA).
Come si può notare in tutti i nomi delle squadre c’è la scritta Red Bull, una delle tante condizioni che le società calcistiche acquistate devono rispettare quando diventano di proprietà del marchio.
La squadra che ha ottenuto i migliori risultati sia sportivi sia economici è stata senza dubbio il RB Lepizig o RB Lipsia, che è stata comprata nel 2009 ed è dovuta ripartire dalla quinta divisione tedesca (da noi in Italia chiamata “Eccellenza”), arrivando tuttavia alla qualificazione nella “fase a gironi” della Champions League in soli 8 anni. L’obiettivo economico della Red Bull è stato soprattutto quello di investire sui giovani talenti del ‘vivaio’ per poi cederli a cifre dignitose: pensate, per esempio, a Timo Werner, grande talento tedesco, che fino al 2020 ha giocato per il RB Lipsia ed è stato il miglior marcatore della squadra con 95 reti, per poi essere venduto per 64
milioni al Chelsea (anche se adesso con i Blues sta deludendo molto le aspettative).
Un altro esempio può essere quello di un certo Erling Haaland, che nel 2019 giocava nel FC RED BULL SALZBURG e che in quella stagione ha segnato una valanga di gol: in seguito è stato venduto al Borussia Dortmund per 45 milioni di euro. Al contrario di Werner , Haaland ha segnato 5 gol nella partita d’esordio con il Dortmund e ultimamente ha realizzato 56 gol in 57 partite con il club tedesco; tra qualche anno sarà sicuramente il giocatore più forte al mondo e il suo valore attuale di mercato è di 150 milioni di euro.
Abbiamo detto che, quando una società calcistica viene comprata dalla Red Bull, deve sottostare a certe condizioni e accettare certi cambiamenti. Oltre all’aggiunta della sigla RB nel nome, le altre modifiche sono:

IL LOGO

I COLORI della squadra (che diventano bianco, rosso e giallo anche se non erano quelli tipici della squadra).

LA MAGLIA

LO STADIO (per esempio lo stadio dell’RB Lipsia è diventato la Red Bull Arena).

IL BUDGET FINANZIARIO

I primi quattro cambiamenti costituiscono degli enormi svantaggi: cambiare l’immagine, i caratteri formali di una squadra, quelli in cui tutti i tifosi si riconoscono, è come interrompere un percorso comune che nel tempo ha determinato il reciproco riconoscimento dei tifosi, l’idea comune, la storia
comune della squadra. Non a caso per molte società comprate dalla RED BULL ci sono state contestazioni da parte dei tifosi, soprattutto del RB Lipsia. Anche se poi ci sono squadre che sono grate alla RED BULL per essere state salvate dalla rovina: il FC RED BULL Salzburg, per esempio, si trovava sull’orlo del fallimento ma, dopo essere stata acquistata dalla Red Bull, si è ripresa e negli ultimi anni sta vincendo con continuità nel campionato austriaco.
Il quinto cambiamento è un vantaggio importante per le società, perché la Red Bull è una grande azienda e ha molti capitali: da una parte investe un patrimonio per le sue squadre per farle crescere, dall’altra ne riceve un ritorno moltiplicato in pubblicità, perché il calcio è lo sport più seguito e amato nel mondo; la diffusione della sua immagine, oltre quella nota della bevanda energetica, ha come conseguenza l’incremento di consumatori, di entrate, di orizzonti commerciali, di nuovi progetti di investimento.
Tuttavia nell’attività della Red Bull ci sono luci e ombre. Basti pensare che non solo i tifosi del RB Lipsia hanno contestano la Red Bull, ma lo hanno fatto e continuano a farlo anche tutti gli altri tifosi tedeschi, che odiano il RB Lipsia, poiché lo accusano di essere salito ai massini livelli non per i propri meriti ma soltanto grazie ai capitali in esso investiti.
Addirittura il 18 gennaio del 2020 la Union Berlino, che aveva appuntamento in una trasferta alla Red Bull Arena, ha organizzato una marcia funebre contro il RB Lipsia. In quel momento, infatti, l’RB Lipsia era capolista in Bundesliga (la massima serie tedesca) e i tifosi berlinesi non volevano che il Lipsia fosse primo in classifica: per questo andarono da Berlino a Lipsia come in una marcia funebre e innalzando striscioni che riportavano la scritta “Il calcio sta morendo a Lipsia”.
E ancora, il 13 maggio 2021 a Berlino tutti i tifosi della Germania, tranne quelli del Lipsia, hanno esultato per la vittoria del Dortmund come se ciascuna delle proprie squadre avesse vinto il massimo trofeo del campionato tedesco. Come mai? Perché il Dortmund ha sbaragliato il Lipsia per 4 a 1. Ciò vuol dire che il RB Lipsia, dalla sua fondazione a oggi, non ha vinto nessun titolo a livello nazionale, con grande gioia della maggior parte dei tedeschi, convinti che il calcio “vero” che non muore mai.
Tifare per una squadra che ha raggiunto alti livelli solo con i soldi, dunque, non è soddisfacente e addirittura può renderti emarginato; infatti, intelligentemente e strategicamente, la Red Bull compra società che sono a rischio fallimento, o di basso livello, o con una tifoseria poco calda.
Nonostante gli ingenti capitali messi a disposizione, non tutti i progetti della Red Bull nel calcio sono andati a buon fine, come nel caso un del Red Bull Ghana, con sede a Sogakope.
Il club ghanese è stato fondato dalla Red Bull nel 2008 ed è stato abolito già nel 2014.
L’obiettivo della Red Bull era quello di sviluppare un potenziale calcistico in Ghana contando sulle accademie, quindi sui giovani. I risultati non sono stati eccelsi, né economicamente, né sportivamente, perché la squadra non possedeva una buona accademia nè veri talenti.
Perciò, nel 2014 la Red Bull ha sciolto il club, che si è fuso con il Feyenoord Ghana per formare l’attuale West African Football Academy SC.

Stefano Tedesco Quartulli

La tifoseria del Bari

LA TIFOSERIA DEL BARI

La tifoseria del Bari calcio è una tifoseria diversa dalle altre, è una tifoseria speciale.

È una tifoseria che merita categorie superiori della serie C, è una tifoseria da serie A!.

Cosa rende unica questa tifoseria? Il fatto che tutti i tifosi del Bari, quando vanno allo stadio, anche se non si conoscono, diventano una grande famiglia: sempre uniti e sempre pronti a sostenere la loro squadra, sia che le cose vadano bene sia che vadano male.

Essere tifosi del Bari vuol dire essere pazienti, sapere che difficilmente la propria squadra sarà in grado di vincere un titolo importante, ad esempio la Champions League o uno scudetto di Serie A (anche se nel calcio mai dire mai…), ma amarla lo stesso e non lasciarla mai sola.

 ”Non tifo gli squadroni ma tifo te!”: ecco il coro che più di tutti rappresenta lo spirito dei suoi tifosi biancorossi.

La tifoseria del Bari ha diverse tifoserie rivali e ha stretto alcuni gemellaggi: il gemellaggio più intenso è quello con i “fratelli granata”, i salernitani; poi abbiamo quello con i “blucerchiati” della Sampdoria e quello con i laziali, primo gemellaggio della tifoseria biancorossa; poi anche con i torinesi, gli spezzini, i triestini e gli empolitani. 

 Con gli andriesi, i barlettani, i monopolitani ,i martinesi e infine con gli ultras del Casarano, i biancorossi hanno un rapporto d’amicizia.

Le rivalità degli ultras del Bari sono soprattutto quelle con gli ultras del Lecce e con i tarantini , poi con i pescaresi, i palermitani (perché hanno un amicizia con il Lecce),con gli ultras della Roma, della Juve, dell’Inter e infine con i veronesi dell’Hellas e con gli ultras del Genoa (perché è rivale della Sampdoria).

Un altro elemento importante della tifoseria barese è lo stadio San Nicola.

Per me è uno degli stadi più belli del nostro calcio e, nonostante ci siano cose da migliorare, esteticamente ti dà l’immagine di uno stadio di Serie A.

Lo stadio è stato progettato da Renzo Piano in occasione dei mondiali di Italia 90’ vinti dalla Germania. La squadra biancorossa esordisce al San Nicola in un amichevole contro i rossoneri del Milan, neocampioni d’Europa, vincendo per 2-0. 

Passano gli anni
ma la gente
ti segue come sempre
e mai ti lascerà
girando per L’Italia intera
nel cuore una bandiera
fedele alla città
perché ti amo
ti porto nel cuore
il bianco e il rosso è il mio unico amore non posso restare lontano da te
sarò sempre pronto a lottare per te.

Questo è uno dei tanti cori del Bari, composto da un capo ultras del Bari nel 2019 in occasione della promozione in serie C.

Il coro principale che si canta sempre allo stadio è:

CHE BELLO E’,

QUANDO ESCO DI CASA,

E ANDARE ALLO STADIO,

A VEDERE LA BARI!!

Tanti sono i cori contro gli ultras rivali, specialmente contro i leccesi, i tarantini,i napoletani e gli avellinesi.

Invece, quando il Bari fa una bella prestazione, il San Nicola canta: 

Oh mamma, mamma mamma,

come mi batte el corazon,

ho visto un grande Bari,

ho visto un grande Bari,

oh mamma innamorato son

Questa è la tifoseria del Bari: una tifoseria calda e fantastica!

StefanoTedesco Quartulli

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