LA MAGIA DEL TEATRO

Quanto è magico quel momento quando entri in un teatro e vedi le luci spegnersi, il sipario aprirsi e.. ascolti la prima battuta che può essere: “C’era una volta..” oppure “Questa è la mia storia..” o tanto altro ancora che funge da primo passo in un nuovo mondo. Il mondo del Teatro. 

La magia di uno spettacolo non si può riprodurre su uno schermo, perché manca quella atmosfera magica presente in un teatro: quel silenzio portato dall’oscurità che rende tutto mistico; ma soprattutto, manca il primo fondamento dell’azione scenica ovvero il rapporto diretto col pubblico che tra tutte le cose permette anche quella atmosfera mistica e unica. Questo perché il teatro è un rito collettivo: un attore senza pubblico non è un attore. Un attore si nutre di applausi e sorrisi del pubblico. Senza l’uno non c’è l’altro. 

Il teatro è come una porta che ti guida in una dimensione, in un mondo scritto da qualcuno e reso reale dagli attori che credono in un quello che fanno. E’ questo il bello dell’arte del recitare. Aspetta noi, i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri applausi, le nostre risate e infine le nostre passioni. E se pensate che un’opera finisca quando uscite dall’edificio in cui l’avete vista, beh vi sbagliate di grosso. Una volta terminato quello spettacolo non svanisce, rimane sempre con noi, come una frase, un dialogo, un’immagine, un ricordo…qualsiasi cosa sia non sparirà mai dal nostro cuore. 

Per questo ovunque sia possibile sala o auditorium della scuola, lasciatevi trasportare dalla magia del teatro e scoprirete una nuova prospettiva delle cose. 

Francesco Giuseppe Doria

Teatro a scuola: ho 10 anni e voglio il divorzio

Il 9 marzo le classi 3D, 3H e 3E  del nostro Istituto hanno vissuto una forte emozione assistendo in auditorium allo spettacolo messo in scena dalla compagnia teatrale “Oltre Palco”. Dopo un gioco di colori creato dallo scambio di teli colorati tra gli attori, si presenta sulla scena Nojoom, una bambina sola, spaventata, che sta cercando un giudice che, come un supereroe, possa mettere fine alla sua sofferenza perché, anche se davvero molto giovane (Nojoom ha solo 10 anni), è sposata e vuole il divorzio. Siamo dall’altra parte del mondo, nella grande e lontanissima, eppure così vicina Asia, nella regione dello Yemen.

La scena successiva si apre con una specie di flashback. Nojoom rivive infatti un ricordo: è a casa sua, nel giardino, a giocare come tutte le bambine dovrebbero fare e, curiosa, a fare mille domande su tutto ciò che le viene in mente. Lei non conosce – non è abbastanza grande per comprenderne le ragioni – tutta la sofferenza in cui il suo Paese è avvolto: figli che nascono come conigli, persone, ragazze, bambine fantasmi che non esistono per lo Stato e non sanno neanche quando festeggiare il proprio compleanno. Nojoom è anche ignara di quanto le sta per succedere, di come la sua vita cambierà per sempre lasciandole una cicatrice invisibile sulla sua pelle.

Ecco che ad un certo punto arriva il padre, che sta per mettere la vita di sua figlia in mano a una persona che non conosce nemmeno, ma che lui considera già parte della famiglia. E anche per la società lo è. “Nojoom, ti devi sposare” le dice. Questa frase, di sole sole quattro parole, cancella in un attimo l’infanzia. La nostra piccola protagonista viene consegnata, come un oggetto, ad uno sconosciuto in una scena molto toccante, che ha fatto rabbrividire molti di noi: quel gesto, la consegna di Nojoom, ha infranto sotto i nostri occhi le idee di purezza e innocenza che siamo soliti associare all’età dell’infanzia, quando una bambina dovrebbe giocare con i suoi coetanei, andare a scuola, ricevere il bacio della buonanotte dai suoi genitori. E invece la povera Nojoom ci è apparsa da un attimo all’altro intrappolata nella gabbia dell’indifferenza dei suoi genitori e in una casa che le è diventata prigione: vi rimane segregata con quello sconosciuto che, come un brutto mostro, la fa tremare di paura al solo pensiero del momento in cui dovranno andare a letto.

Ed eccoci di nuovo nel presente: nel tribunale, la piccola protagonista si rivolge ad un giudice per chiedere il divorzio, scappare da tutto quel dolore e ritornare ad essere una bambina, ad essere libera. Il giudice le promette di fare tutto il possibile per aiutarla. Intanto se la porta a casa sua per risparmiarle almeno la prigionia in quella gabbia di lividi e dolore. Dopo lungo tempo, vissuto nel terrore di dover ritornare tra le grinfie del marito, Nojoom e il suo avvocato riescono a sconfiggere quel mostro che l’aveva strappata dalla sua casa, dalla scuola, da tutte le cose che le piacevano e soprattutto che le appartenevano.

Il coraggio di quel giudice, che si è opposto ad una pratica orribile in difesa di una bambina e dei suoi sogni, è finito su tutti i giornali ed ha aiutato milioni di altre bambine come Nojoom a trovare il coraggio di mettere fine ad un incubo.

Ed è soprattutto questo che lo spettacolo ci ha lasciato: non solo ci ha commosso, ma ci ha anche spinti a riflettere su come una storia come quella della piccola Nojoom e delle tante bambine che come lei vengono ogni giorno strappate a quell’innocenza pura come ossigeno, non debbano essere avvertite da noi come lontane, soltanto perché succedono in paese geograficamente lontani. Il solo fatto che succedano a bambini esattamente come noi ce le deve far sentire qui, proprio accanto a noi e sotto i nostri occhi.

Agata Ancora, Veronica De Luca, Sara Lampignano

Ho 10 anni e voglio il divorzio!

Quando la scuola offre emozioni…

Giovedì 9 Marzo 2023, le classi 3ªD, 3ªH e 3ªE hanno avuto la fortuna di assistere al toccante spettacolo “Ho 10 anni e voglio il divorzio” messo in scena dall’Accademia Oltrepalco – Ricerche Teatrali d Bari.

Il testo teatrale è ispirato ad una delle tante vicende che realmente accadono in alcuni paesi il cui governo non tutela i diritti dei cittadini e soprattutto quelli delle donne.

La protagonista è Nojoud Ali, una ragazza di 10 anni, nata nello Yemen e data in sposa per volere del padre a un uomo di 30 anni. Il marito, diventato il suo nuovo padrone, decide per lei, la picchia, la costringe ad avere rapporti sessuali, la tratta come una schiava, tutto con la complicità dei propri genitori. Passano i mesi. Nojoud piange, vuole rivedere la sua famiglia, ma non può farlo, perché è come prigioniera del marito, che un giorno, tuttavia, le concede inaspettatamente il permesso di ritornare nella casa paterna per qualche ora. La povera Nojoud chiede allora ai suoi di proteggerla e di non farla tornare dal marito, ma loro si rifiutano. Chiede, quindi, aiuto alla seconda moglie del padre, Dowla, che la incoraggia e le dice di andare in tribunale. Nojoud si fa forza, segue il consiglio di Dowla e si avvia, tutta sola, avvolta nel suo velo, verso il tribunale della sua città. Lì trova chi ascolta la sua storia e decide di aiutarla: Shatha Muhammed Nasser, il suo avvocato, la assiste gratuitamente, le fa vincere la causa e la rende finalmente una donna libera!

Gli attori, per quanto giovanissimi, sono stati molto bravi a rappresentare una storia così forte, sul piano del coinvolgimento emotivo, e toccante, per la problematica sociale affrontata, stimolando in noi riflessioni molto profonde. Abbiamo capito quanto siamo fortunati a vivere in un contesto sociale “normale”, mentre altrove, neanche troppo lontano da noi, per denaro le famiglie sono a volte costrette a vendere le proprie figlie.

Abbiamo trovato anche utile il dibattito che è seguito alla rappresentazione, durante il quale, oltre che sulla storia rappresentata, abbiamo posto ai ragazzi della compagnia diverse domande, anche di tipo personale. È emerso, per esempio, che la maggior parte di loro ha iniziato a seguire corsi di teatro in età scolare, dopo aver partecipato a PON a scuola o semplicemente su consiglio dei genitori. Quanto alla scelta dei testi da interpretare sul palcoscenico, abbiamo chiesto se mai qualcuno, di fronte al tema della “sposa bambina” , abbia avuto perplessità o dubbi. È emerso che tutti erano stati subito d’accordo con la loro insegnante e regista, credendo nella funzione del teatro che, attraverso un linguaggio chiaro e diretto, permette di un diffondere importanti messaggi, anche poco espliciti.

Beatrice Stallone e Luca Masanotti