ALLA FESTA DEI POPOLI PER UN’INTERVISTA DAVVERO SPECIALE

In occasione del primo giorno della tanto attesa Festa dei Popoli, il 26 maggio 2023, al Parco Princigalli, abbiamo avuto l’onore di intervistare Manuela Baffari, la dirigente scolastica dell’I. C. Nicola Zingarelli, che, seduta in prima fila, ha assistito fiera e felice all’esibizione dei nostri compagni e delle nostre compagne.

Sempre gentile e disponibile, ha risposto a tutte le nostre domande.

Eccole per voi, lettori di ZingarelliNews!

Buonasera Preside. E’ da tempo che noi di ZingarelliNews pensiamo di intervistarla e questo pomeriggio di festa ci sembra proprio un’occasione bella! L’abbiamo vista felice, in prima fila, ad applaudire i nostri bravissimi compagni. Che emozioni hanno suscitato in lei i “suoi” ballerini, musicisti e cantanti? Che effetto le fa essere intervistata dai “suoi” giornalisti?

Questa  sera mi avete regalato davvero un momento di grande soddisfazione: sono molto fiera di tutti voi! Quanto a voi giornalisti, sappiate che sono la vostra più grande fan, leggo i vostri articoli e spero che tutti voi continuiate questa bella attività.

Qual  è  stato il momento più bello del nostro spettacolo, secondo lei?

Tutta l’esibizione è stata molto bella e coinvolgente. Il momento che più mi ha emozionato è stato quello in cui i vostri compagni e le vostre compagne hanno riflettuto su tematiche attuali serie e importanti; la danza, il canto e la musica hanno richiamato la bellezza, che dà il coraggio di  andare sempre avanti, anche nelle difficoltà.

Per noi Lei è “la Preside”. Ha sempre esercitato questa professione?

Prima dei diciotto anni, ho lavorato in un teatro in vernacolo e ho dato il mio contribuito come volontaria in un’associazione no profit; poi ho fatto la maestra e da trentuno anni esercito la professione di preside.

Perché ha scelto questa professione? Ha mai pensato di cambiarla?

Vengo da una famiglia di insegnanti e la scuola ha sempre fatto parte della mia vita. Sì, qualche volta ho pensato di cambiare lavoro perché fare la dirigente scolastica è una professione molto impegnativa: è faticoso gestire una  comunità, la nostra scuola, però devo dire che in alcuni momenti è anche bellissimo e dà tante soddisfazioni, come quelle che mi avete regalato oggi.

Che cosa sogna per la nostra scuola?

Il mio sogno è una scuola aperta al territorio, dove i ragazzi, oltre a  studiare, si divertano e siano felici.

Siamo grate per questa bella giornata e questa intervista. Speriamo di incontrarla al più presto in un’altra occasione felice per la nostra scuola e la nostra città.

Vittoria Selvaggiuolo e Nicole Volpetti

Dietro il palco della Festa dei Popoli

Il giorno 26 maggio la nostra scuola “Nicola Zingarelli” di Bari ha partecipato alla Festa dei Popoli, durante la quale gli alunni si sono cimentati in canti, balli, poesie e recitazioni; è stato un progetto molto impegnativo a cui ho partecipato personalmente e che ho apprezzato molto.

Ho seguito diverse prove di canto e alcune di ballo; la canzone che ha accompagnato la danza è stata la nota “Waka Waka”, di Shakira, inno ufficiale dei mondiali 2010 in Sudafrica. Questa canzone è speciale perché è scritta in tante lingue diverse (inglese, africano e spagnolo) e lancia un importante messaggio di solidarietà: il tema principale è la musica a sostegno dell’integrazione. E’ allegra, vivace come l’Africa e trasmette energia e gioia, contribuendo a unire le persone dei diversi paesi intorno alla stessa passione; ed è proprio questo il messaggio che vuole mandare la Zingarelli: diversi ma uniti.

Purtroppo non ho potuto vedere l’esibizione dei miei compagni durante lo spettacolo vero e proprio, perché il grande giorno non sono stata presente, però ho assistito alle prove, e da dietro le quinte ho visto l’impegno e anche la fatica dei partecipanti:  gli sbagli, gli errori, le stesse cose ripetute più e più volte…

Osservando da dietro le quinte ho imparato che l’importante non è solo la bellezza di un lavoro completato, ma il tempo che gli si è dedicato, le rinunce che si sono fatte per curarlo, la pazienza di provare e riprovare per rendere tutto perfetto,  i sacrifici che ognuno è disposto a fare…

La prima prova a cui ho partecipato si è svolta il 26 aprile, con la sezione G, ed era una prova di danza: ogni classe provava dei passi originali come, per esempio, quelli che riproducevano una bicicletta, simbolo dell’importanza dell’aiuto degli altri.

La seconda prova è stata quella di canto: gli alunni di diverse classi, riuniti in un coro, hanno cantato “Supereroi”, anche questa una canzone speciale ed emozionante perché tutti siamo dei supereroi nell’affrontare la vita di ogni giorno….

La parte dello spettacolo che ho apprezzato di più è stata quella recitata: si è trattato di un argomento molto importante, ovvero la terribile situazione delle donne in Iran.

Ragazze di diverse classi indossavano un velo sul capo e una maschera che copriva loro il volto, proprio come accade attualmente alle donne in Iran. Salendo sul palco, le ragazze  si toglievano il velo e la maschera mostrando a tutti di essere donne e di esserne fiere. Hanno letto frasi di giovani donne che sono morte per aver lottato per la libertà, per il diritto al voto, la libertà di pensiero, di religione …

Il significato profondo della Festa dei Popoli non è solo l’unione e la solidarietà, ma anche la libertà e il grande potere di esprimere quello che pensiamo, che non è un diritto che possiedono tutti in questo mondo.

Non dobbiamo mai dimenticare quanto siamo fortunati a vivere in un paese libero: cerchiamo di mettere a frutto la nostra libertà, di usare le parole con consapevolezza, non per insultare o ferire, ma per comunicare e costruire bellezza.

Ringrazio Zingarelli News che dà a tutti noi la possibilità di liberare i nostri pensieri.

Vittoria Vitale

Costruiamo ponti, abbattiamo i muri

“L’uomo costruisce ponti ed erige muri”: questa frase mi fa pensare, in senso figurato, a due azioni opposte che l’uomo compie da sempre. Da una parte l’uomo si sforza di “costruire ponti“ per unire popolazioni e culture diverse e per permettere uno scambio di tradizioni, dall’altra parte l’uomo si ritrova a “erigere muri” per separare popoli e probabilmente per allontanare chi considera diverso. Io penso che il motivo principale per cui l’uomo, nella storia, ha costruito tanti muri è la paura di chi è diverso, di chi può essere più forte, di chi può diventare per noi una minaccia. Facendo riferimento a ciò che abbiamo studiato in geografia, ho potuto notare che in alcuni stati coesistono felicemente diverse minoranze e comunità provenienti da altre parti del mondo, mentre in altri Stati l’immigrazione è meno diffusa a causa dei governi che vietano l’ingresso di popolazioni lontane: questi divieti sono la rappresentazione di come l’uomo, attualmente, ”erige muri”.

Nel mio mondo ideale, non ci sarebbero confini, ma solo ponti che permettono scambi culturali e conoscenza di tradizioni lontane e diverse dalle mie.

Sin dalla storia più antica, abbiamo assistito a popolazioni che, per desiderio di potere, cominciavano guerre per sottomettere gli Stati vicini, annientando la loro cultura, le loro tradizioni, la loro lingua, per affermare il proprio predominio e rendere meno potenti popoli che potrebbero costituire una minaccia.

Arrivando alla storia più recente, l’esempio più noto di muro utilizzato per separare popoli è stato il muro di Berlino, eretto nel 1961, dopo la fine della seconda guerra mondiale, costruito per dividere Berlino est da Berlino ovest.

Fu abbattuto nel 1989, dopo anni di rivolta, di sofferenza e di famiglie letteralmente separate da un muro altissimo, foto di odio più che di mattoni. A mio parere, la costruzione del muro di Berlino è stata un’atroce ingiustizia per chi si è trovato a vivere in quelle condizioni.

Nel futuro, spero che l’uomo preferisca sempre più costruire ponti anziché muri, perché non c’è niente di più bello della condivisione, della scoperta e della libertà.

Federico Punzi

La lotta dei giovani per la parità di genere

In questi giorni siamo stati raggiunti da terribili notizie riguardanti la morte di donne uccise dai loro compagni o mariti e allora in molti  sentiamo la necessità di parlare di parità di genere e dell’importanza della donna nella società.

Cos’è veramente la parità di genere?

La parità di genere è un diritto fondamentale e inviolabile, oltre che la base per un mondo pacifico, ma, nonostante ciò, ancora oggi sono troppe le donne che subiscono discriminazioni e violenze in tutto il mondo.

Purtroppo anche il nostro paese, che ha una costituzione che riconosce la parità tra uomo e donna, è interessato da questo problema. Nel 2020 l’Italia si è posizionata al 76esimo posto nella classifica mondiale elaborata dal World Economic Forum per analizzare il divario di opportunità  tra uomini e donne.

Tale divario è stato misurato in base a quattro fattori differenti ovvero: partecipazione e opportunità economiche, salute,  sopravvivenza ed emancipazione politica.

Tra questi ultimi il dato più preoccupante riguarda, a mio parere, proprio quello della partecipazione economica delle donne: infatti il 61,5% delle lavoratrici italiane non è pagato adeguatamente mentre solo il 22,9% degli uomini subisce lo stesso trattamento. Come si può essere pari se non si hanno le stesse opportunità nel mondo del lavoro? Forse non si vuole che le donne siano indipendenti e occupino ruoli importanti?

Se non è così, perché una donna dedica lo stesso tempo dell’uomo al lavoro e svolge pari mansioni non ha il diritto di essere retribuita quanto lui? Perché quando vediamo una donna a capo di un’azienda rimaniamo ancora perplessi? Perché la parola “chirurga” suona strana? Perché una donna non può essere libera di aspirare ad una carriera lavorativa che la porti a ruoli importanti o prestigiosi, ma ancora deve essere costretta a dividersi affannosamente tra lavoro e famiglia?

La verità è che ci sono tante domande, ma poche risposte.

Poche risposte perché noi spesso non le cerchiamo, ci arrendiamo all’evidenza dei fatti e non facciamo nulla per tentare di cambiare davvero ciò che c’è di sbagliato nella nostra società. Per non parlare di quello che succede alle donne di alcuni paesi come l’Algeria, dove vengono violentate e uccise, come l’ Afghanistan, dove sono “sepolte” in un burqa, o in Iran, dove vengono uccise se una ciocca di capeli esce dal velo…

Ci sono ancora tanti paesi nei quali alle donne non vengono riconosciuti diritti fondamentali: quello allo studio e all’istruzione, quello al lavoro fuori casa, quello di muoversi liberamente, di essere curate, di avere delle leggi che le tutelino.

Condivido in pieno il pensiero di Concita De Gregorio, secondo la quale la parità di genere è ancora lontana soprattutto in alcuni paesi. E’ necessario un radicale cambiamento culturale: “il silenzio uccide quanto un coltello o una pistola……le leggi servono ma non bastano… “Per avere un cambiamento culturale è necessario che si affronti questo argomento a tutti i livelli, nelle scuole, sui posti di lavoro, sui giornali e soprattutto in famiglia. Le donne da sempre educano anche generazioni di uomini. Forse le donne per prime devono interrogarsi sui valori che quotidianamente trasferiscono ai propri figli attraverso le proprie parole o le proprie azioni. Si tratta di scardinare un pregiudizio che fa parte della cultura dell’essere umano… e non è facile. Inoltre, laddove ci sono anche delle leggi a tutela delle donne o siano presenti dei centri antiviolenza, spesso la condizione sociale ed economica di tante donne non permette loro di esserne a conoscenza, di poterne usufruire o più semplicemente di vincere la paura e di fare ricorso. Di strada ne è stata fatta tanta, ma, evidentemente non abbastanza.

Adesso a noi, nuove generazioni, portare avanti una seria battaglia che aiuti a raggiungere la completa parità di genere nei paesi più evoluti e che faccia fare un radicale passo in avanti ai paesi nei quali le donne ancora subiscono ciò che non è più tollerabile.

Si parla tanto di globalizzazione, di aiuto reciproco, ma quando si tratta di problematiche sociali importanti come quella della donna tutto si ferma. Chiediamoci perché e forse le cose cambieranno davvero.

Elisabetta Romanini

Alla Festa dei Popoli con Amnesty International.

In occasione della Festa dei Popoli, oltre ad assistere all’esibizione dei ballerini, dei coristi e dell’orchestra del nostro istituto e oltre a visitare i coloratissimi stand multiculturali presenti al Parco Princigalli, abbiamo avuto anche una grande occasione: quella di parlare con due volontarie dell’associazione Amnesty International!

Siamo stati attratti dalle fotografie e dagli slogano affissi nel loro stand e ci siamo avvicinati con curiosità e interesse. Le due giovanissime volontarie ci hanno spiegato in dettaglio che cosa sia e di che cosa si occupi Amnesty: si tratta della più grande organizzazione non governativa sovranazionale che, a partire dalla sua fondazione avvenuta nel lontano 1961 ad opera dell’avvocato inglese Peter Benenson, si impegna strenuamente nella difesa e nella promozione dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione Universale. Si tratta di un compito davvero arduo, se si pensa che questi diritti, apparentemente imprescindibili e che noi siamo abituati a considerare come “scontati”, in realtà vengono sistematicamente violati ogni giorno praticamente in tutto il mondo. Per fare solo qualche esempio, Amnesty ha organizzato e continua a organizzare campagne per liberare i prigionieri dei regimi totalitari, abolire la pensa di morte, contrastare la discriminazione verso qualsiasi forma di diversità, garantire il diritto alla salute, all’alimentazione, all’istruzione, tutelare i diritti dei migranti e dei rifugiati, impedire i processi ingiusti, porre fine alla tortura e alla violenza contro le donne…

Proprio a proposito di quest’ultimo diritto che tante donne si vedono violato, le nostre interlocutrici ci hanno parlato di un caso esemplare perché capissimo l’importanza della loro azione: il 25 gennaio 2023 la giovane attivista araba Salma al-Shebab è stata condannata a 34 anni di carcere con la sola accusa si aver pubblicato alcuni tweet!

Un altro caso impressionante che ci hanno raccontato è stato quello dei 1386 pacifisti russi che il 21 settembre 2023 sono stati arrestati soltanto per aver osato esprimere la propria opinione sulla guerra in Ucraina.

Alla fine della nostra chiacchierata con loro ci siamo resi conto che, pur non avendo fatto nulla di speciale, siamo stati fortunati a nascere in un paese come l’Italia, dove i diritti umani vengono rispettati dalla maggioranza della popolazione. E ci siamo sentiti in debito nei confronti di tante persone che, come le due volontarie che abbiamo incontrato, sostengono Amnesty International e lottano pacificamente perché certe assurdità non avvengano mai più. Vogliamo farlo anche noi e invitiamo tutti i nostri lettori a farlo, per un futuro migliore.

Luca Antonicelli, Fabrizio Delzotti

Una donna coraggiosa… del Seicento!

Artemisia Gentileschi era una pittrice del ‘600 molto dotata, che però la gente non apprezzava semplicemente perchè era una donna.

Il padre, accortosi del suo talento, decise di farle seguire un corso da un pittore di nome Agostino, che si innamorò di lei e si ripromise che prima o poi l’avrebbe sposata, anche se la ragazza rifiutava sempre.

A seguito degli infiniti rifiuti, la situazione peggiorò a tal punto che Agostino cominciò a violentarla, finché Artemisia non riferì tutto al padre Orazio.

I due denunciarono il pittore, ma non riuscirono a vincere il processo contro di lui, che fu umiliante per Artemisia pur non indebolendo il suo fortissimo carattere.

Per comprendere meglio la bravura di Artemisia è indispensabile ammirare i suoi splendidi quadri.

Le sue opere rispecchiano il suo carattere: a quei tempi, in una società dominata dal maschilismo, diventare una donna di successo nel mondo dell’arte era un’impresa davvero ardua che richiedeva coraggio, determinazione, forza di volontà, intraprendenza e un pizzico di follia.

Basta osservare una delle sue opere più famose, Giuditta che decapita Oloferne, per ritrovare l’indole indomita di questa donna eccezionale.

Il quadro, che è abbastanza cruento, fu realizzato dopo il processo contro Agostino ed esprime lo stato d’animo di Artemisia: “Dio lo ha colpito per mano di donna”, furono le parole della Bibbia a cui sicuramente si ispirò nel dipingerlo.

La storia di Artemisia ci insegna che una donna è libera di fare ciò che vuole, di sposarsi o meno, e non deve essere condizionata dal volere di un uomo che si crede superiore.

Dobbiamo sempre ricordare che la donna e l’uomo si equivalgono e hanno uguale importanza. Dobbiamo sempre ricordare queste meravigliose parole tratte dal Talmud ebraico:

La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perché dovesse essere calpestata,
né dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco, per essere uguale.

Un po’ più in basso del braccio, per essere protetta.
Dal lato del cuore, per essere amata
.

Greta Vincenti e Arianna Agostinelli

Le due facce della lettura

Leggere: interpretare un sistema di scrittura in modo da decifrare parole e frasi. Detta così, sembrerebbe molto semplice, ma c’è molto più da aggiungere a questa affermazione.
Leggere è uno dei primi e più importanti esercizi che si affrontano alla scuola primaria e che si sviluppa durante tutto il percorso di studi. E’ importante nella vita di tutti i giorni, senza saper leggere non potremmo né studiare né viaggiare, ma sopratutto non potremmo parlare.
Quando si comincia a diventare grandi, si ha già una buona fluidità nel leggere ma nonostante ciò non si deve mai smettere di esercitarsi, dato che la lettura serve per tenere la mente allenata, migliorare le competenze linguistiche e logiche, ampliare la propria conoscenza e mantenere attive le funzioni di attenzione e concentrazione e la capacità critica.

La lettura, per quanto utile, dovrebbe avere due facce: quella dell’attività imposta dalla scuola e quella dell’attività che si sceglie.
Non a tutti, infatti, piace leggere, e non tutti scelgono di dedicare il proprio tempo libero alla lettura.

A mio parere non si dovrebbe mai costringere un ragazzo a leggere al di fuori dell’ambito scolastico, perché non si otterrebbero risultati, anzi, questo si addormenterebbe sul libro, come dice Pennac.
La lettura forzata non ha proprio senso perché un ragazzo obbligato a farlo legge senza capire nulla, o, se riesce a imporsi di comprendere ciò che ha di fronte, finisce sicuramente per odiare l’imposizione e quindi la lettura.
Pensiamo, ad esempio, ai libri per le vacanze: ovviamente per una persona a cui piace leggere non sono sicuramente un problema, ma cosa pensa a riguardo chi non sopporta leggere?

Leggere a scuola, dunque, va sicuramente bene, ma la lettura a casa deve essere una scelta, mai un obbligo.

Greta Mesto

Leggere o non leggere: a ciascuno la propria scelta

Impariamo a leggere all’età di 6 anni, a 10 anni siamo quasi pronti ad analizzare un intero libro e a 13 anni molti di noi trovano la lettura  noiosa, antiquata e inutile.

Gli adulti, spesso, cercano di avvicinarci alla lettura spiegandoci quanto sia importante, consigliandoci titoli su titoli e costringendoci, in modi diversi, a leggere qualcosa che a loro parere ci piacerà.

Io non so come si possano avvicinare i giovani ala lettura, di una cosa, però sono certo: obbligare un ragazzo a leggere qualcosa che altri trovano interessante è sciocco e inutile poiché anche nella lettura i gusti sono individuali e quindi ciascuno dovrebbe scegliere ciò che gli piace, e non seguire i gusti altrui.

Ovviamente la scuola ha il compito di spiegare e far sperimentare  ai propri alunni i diversi generi affinché i ragazzi possano scegliere e formarsi un proprio gusto, ma, secondo me, non dovrebbe fare più di questo.

Molti pensano che obbligarci a leggere sia qualcosa che “è per il nostro bene” perché solo leggendo potremo apprendere nuove parole, “nuovi mondi” e insegnamenti. Ma è proprio così?                                                                                                                  

Io sono d’accordo con il grande Daniel  Pennac , secondo il quale ”non si possono obbligare le persone a leggere, non si può non soltanto perché leggere non è obbligatorio ma anche perché, con la costrizione, si ottiene l’effetto contrario”.                                                                                                  

Leggere significa entrare nella storia, capirla ed empatizzare con il libro: una persona costretta a leggere, non potrà mai fare tutto questo poiché vedrà questa attività come una punizione e non presterà molta attenzione alle parole lette e anzi, forse, farà anche finta di leggere per poi trovare il riassunto del libro in internet.                                                                                                                

C’è una grande differenza tra il “fare perché voglio” e il “fare perché sono costretto” e allora cerchiamo un modo attraverso il quale leggere diventi un piacere.

Come fare?  Beh, intanto non costringendo nessuno a farlo.

Michele Sciacovelli                                                                                                                                                                                      

Il femminicidio è solo la punta di un iceberg

Negli ultimi anni abbiamo assistito a grandi progressi nella direzione dell’ottenimento della parità di genere: sono stati fatti passi avanti significativi in molti settori, dalle opportunità di lavoro alla rappresentanza politica. Tuttavia, nonostante questi progressi, la parità di genere non è stata ancora completamente raggiunta neppure nei paesi nei quali, come l’Italia, la legge è molto chiara su questo punto.

Uno dei maggiori problemi che persistono è il femminicidio.

Questo fenomeno, purtroppo, continua ad essere presente in molte parti del mondo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 35% delle donne nel mondo ha subito violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner o di una persona non conosciuta, e in molti casi questa violenza ha portato alla morte.

A mio parere, il femminicidio è solo la punta dell’iceberg di un problema più grande: l’idea che le donne siano inferiori agli uomini. Questa mentalità negativa si manifesta in vari aspetti della vita quotidiana, dal lavoro alla politica, dalle relazioni personali alla cultura popolare.

Ad esempio, le donne sono spesso pagate meno degli uomini per lo stesso lavoro, sono sottorappresentate nei posti di lavoro di alto livello e, inoltre, sono talvolta ancora soggette a molestie sessuali sul posto di lavoro, il che può creare situazioni davvero molto difficili  e sgradevoli.

Inoltre, le donne sono talvolta ancora considerate “deboli” o “eccessivamente emotive”, caratteristiche che le renderebbero  meno adatte per a lavori che richiedono determinazione e capacità di prendere decisioni importanti.

Questo modo di pensare, a mio parere, condiziona ancora molto le donne stesse e, in diversi casi, può anche influire sulla loro scelta di non entrare in politica o di non candidarsi per un posto di lavoro di alto livello.

Insomma, la parità di genere, anche nel nostro paese, è stata raggiunta solo in parte. Ci sono ancora molte sfide da affrontare e molte battaglie da combattere. Dobbiamo continuare a lavorare per creare un mondo in cui le donne e gli uomini abbiano davvero le stesse opportunità e gli stessi diritti, e in cui il femminicidio sia solo un brutto ricordo del passato.

Livio Patruno

Che periodo, l’adolescenza!

Ho cercato sul dizionario la definizione della parola ADOLESCENZA:

/a·do·le·scèn·za/

sostantivo  

Età nella quale continua lo sviluppo e la crescita, tra la puerizia e l’età adulta.

Secondo me non è questa la definizione adatta; secondo me l’adolescenza è piuttosto un periodo della vita in cui si cambia, fisicamente e mentalmente, in cui si vivono momenti difficili e momenti bellissimi, momenti in cui viene voglia di sparire e momenti in cui si è felici di essere se stessi. Adolescenza vuol dire divertirsi con gli amici, non sopportare più i propri genitori, voler vivere la propria vita intensamente e liberamente.

Ora voi direte: – “Cosa ne sai tu dell’adolescenza, hai solo 12 anni! -.

Beh, cari miei, anch’io che ho 12 anni posso affermare di essere un’adolescente. Sì, perché a 12 anni, anche se ancora in forma “embrionale” si è già entrati in questo periodo misterioso, affascinante, a volte angosciante, a volte esaltante.

Esistono, infatti, tre fasi dell’adolescenza:

  • PRIMA adolescenza, che va dai 10 ai 12 anni, durante la quale inizia lo sviluppo puberale, i pensieri cominciano ad essere più profondi, si litiga un po’ più spesso con i genitori e si va alla ricerca della propria identità.
  • SECONDA adolescenza, che va dai 13 ai 15 anni, in cui puberale si completa, si subisce maggiormente l’influenza dei propri coetanei e delle “mode”, ci si comincia a rapportare con il mondo adulto.
  • TERZA (e ultima) adolescenza, che va dai 16 ai 20 anni, durante la quale si comincia a “fare sul serio”: iniziano le preoccupazioni economiche, le ansie sociali, il desiderio di indipendenza, ma si rafforza il rapporto con i propri familiari e con il mondo adulto in generale.

Stando a questa “classificazione”, io mi trovo nella prima fase dell’adolescenza: ho ancora tanta strada da fare, ma sono pronta a farla, nella convinzione che non è poi necessariamente vero quello che sento continuamente dire, e cioè che quella degli adolescenti sia l’età più sofferta e controversa della vita.

Credeteci: può anche non essere per forza così!

Buona adolescenza a tutti!

Ilaria Ferrara