Chi vorrei essere?

La risposta a questa domanda è probabilmente più difficile di quanto si possa pensare.

Sin da piccoli si fantastica sul voler diventare un veterinario, un astronauta, un calciatore, un cantante, tutti lavori in grado di fatti sentire realizzato e popolare, facendo credere a tutti che ciò fosse cosa facile, perché inconsapevoli della fatica che c’è dietro.

Molti, crescendo, forse per carattere o per una gran voglia di organizzare la propria vita sino alla vecchiaia, hanno già le idee chiare su chi vogliono essere, sul percorso di studi da intraprendere, che lavoro vorrebbero svolgere e dove vorrebbero andare a vivere.

Altri si lasciano aperte più strade, in modo da avere sempre un piano B, nel caso in cui l’idea iniziale non dovesse andare a buon fine (e magari anche un piano C).

La verità è che questa è l’indecisione più grande per molti adolescenti, perché convivono giornalmente con continui “se” e “ma”, su cose che potrebbero succedere.

Il 60% dei ragazzi si pone spesso queste domande: “E se non dovessi essere abbastanza bravo per diventare quello che ho sempre sognato? Forse sarebbe meglio cancellare obiettivi troppo alti e lasciarli raggiungere a qualcun altro che ne è sicuramente più capace.”

“E se me ne pentissi? Potrei anche solo provare e nel caso in cui non dovessi riuscirci, non resterei con l’amarezza per non averci provato.”

“E se non ne fossi felice?”

Questa sarebbe un po’ più grave.

Il benessere fisico e mentale è la cosa di fondamentale importanza che ognuno di noi dovrebbe raggiungere nella propria vita, a seguire tutto il resto. Non avrebbe senso fare delle cose che non ci piacciono per anni e anni di seguito.

Si può essere spinti dal desiderio di guadagnare quanto più possibile, facendo un mestiere ben retribuito, ma se accanto ad esso non c’è un minimo di passione, lo ritengo decisamente inutile.

Noi stessi, tante volte, ci rendiamo conto della differenza tra le persone che svolgono quel lavoro o quella attività, perché hanno coltivato una passione e chi lo fa per il dovere di lavorare, come   i professori che amano quello che fanno e riescono a trasferire nell’insegnamento della disciplina, la gioia della professione intrapresa.

Programmare tutto, talvolta, non è sempre la scelta migliore, ci si può sempre proiettare sulle cose che si preferiscono, ma avere dei rigidi piani da rispettare, può essere stressante nel caso in cui le cose non vadano come previsto e ci si demoralizza.

E anche se ci si rende conto, a poco tempo dalla fine, che il percorso intrapreso non è quello che ci gratifica, si è sempre in tempo per cambiare idea e scegliere qualcosa di nuovo, restando con la consapevolezza di averci provato, indipendente dal successo o dal fallimento.

Quindi, non ha senso sprecare il proprio tempo a rincorrere ideali irrealizzabili, piuttosto è bene vivere in un equilibrio che ci renda felice, apprezzando le piccole cose e circondandosi di persone fedeli e che resteranno sempre al tuo fianco.

È meglio che la gente possa ricordare la persona che si è, piuttosto di quello che si fa.

Bisognerebbe tentare di vivere la vita con più leggerezza, facendo esperienze, conoscendo posti nuovi, evitando di pensare alle innumerevoli conseguenze negative delle proprie azioni, accontentandosi di quello che si è in grado di fare, in base alle proprie capacità e seguendo i propri interessi: solo così si può essere veramente felici e soddisfatti.

Valentina Convertino, Martina Barbieri (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)

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