DA CHE PARTE STO…

Il giorno 11 gennaio abbiamo assistito allo spettacolo teatrale “Stoc Ddo- Io sto qua”, interpretato dalla bravissima attrice Sara Bevilacqua e incentrato sulla storia vera di un ragazzo della nostra città, Michele Fazio. All’epoca dei fatti Michele era è un quindicenne e, per errore, venne colpito a morte alla nuca da un colpo di pistola vagante, mentre era in corso un regolamento di conti tra clan della malavita nella città vecchia.

Michele era figlio di Lella e di Pinuccio, un ferroviere che lavorava a Milano: gente semplice, onesta, e coraggiosa.

Dal monologo emergono tutti gli sforzi e tutti i sacrifici che i due genitori avevano fatto per la loro famiglia, fino ad arrivare a vendere dell’oro antico per comprare una casa a Bari Vecchia. Proprio in questo quartiere vivevano con i loro quattro figli: Nicola, Michele, Rachele e Antonella.

La sera del 12 luglio 2001 Michele stava rientrando a casa dopo una passeggiata con gli amici. Sul suo cammino si ritrovò davanti quattro ragazzi tra sedici e vent’anni, Leonardo Ungredda, Raffaele Capriati, Francesco Annoscia e Michele Portoghese, che avevano assunto droghe e alcol e che erano stati incaricati dalla madre di uno di loro di uccidere Marino Catacchio e Vito De Felice per vendicare la morte di Francesco Capriati, ucciso dal clan rivale Strisciuglio. Improvvisamente Ungredda sparò a Michele, mentre Portoghese, che faceva da palo, esclamò “Abbiam uccis nu uagnon bun”, cioè “Abbiamo ucciso un bravo ragazzo”. Portoghese, infatti, conosceva Michele da tempo perché avevano frequentato insieme l’asilo e le elementari e avevano ricevuto insieme comunione e cresima.

Proprio quella sera Rachele, di soli tredici anni, si era alzata per andare in bagno: sentito il fragore dello sparo, sbirciò da una finestra e vide il corpo di suo fratello Michele che giaceva lì per terra, proprio davanti al loro portone di casa, sulla strada che si era all’improvviso svuotata. Purtroppo non c’era molto da fare per la vittima che, soccorsa dai genitori, morì poco dopo in ospedale.

Michele era un ragazzo innocente, che proteggeva sempre i più deboli e che era stato sempre gentile, anche con persone come i suoi assassini. Quand’era più piccolo, ripeteva sempre a sua madre: “Ma infondo, che colpa hanno quei bambini se sono nati nella famiglia sbagliata?”

Con la sua statura imponente, sognava di diventare carabiniere e nel frattempo per aiutare la famiglia lavorava di giorno in un bar dove serviva caffè a poliziotti e autorità, mentre la sera studiava all’Istituto Vivante. Era generoso verso i ragazzi del quartiere che ricevevano meno attenzioni.

Oggi Lella Fazio è riuscita a perdonare i killer di suo figlio perché non li ritiene i veri responsabili dell’accaduto; durante un incontro con Annoscia, l’ha perfino abbracciato…

Lo spettacolo ispirato alla storia di Michele è stato molto bello ed emozionante e ha fatto capire senza dubbio ai presenti da che parte stare: sicuramente dalla parte di Lella, della giustizia, della correttezza e della verità, e non dalla parte della Mafia, costruita su castelli di bugie, ingiustizie, giri pericolosi ed omicidi.

Penso che queste storie debbano essere sempre raccontate e mai dimenticate, affinchè non si debba mai più assistere ad eventi brutali come questo, che sicuramente hanno sconvolto l’intera comunità della città e non solo.

I genitori di Michele, con la loro testimonianza, ci stanno insegnato che bisogna lottare per il trionfo della giustizia e che la legge deve essere sempre osservata.

Secondo me è compito di ogni genitore insegnare il rispetto della legge e dei suoi rappresentanti.

Non dobbiamo prendere come modello le azioni cattive della Mafia, non dobbiamo essere omertosi, abbiamo invece il dovere di informare la polizia sui fatti di cui siamo testimoni.

Anche l’attrice Sara Bevilacqua è stata abile a rappresentare sul palco le emozioni provate da Lella e si è anche commossa mentre recitava e mentre la signora Fazio parlava a noi studenti.

Abbiamo avuto il piacere di assistere ad una rappresentazione carica di sentimenti come l’amore per la giustizia, per la verità che a stento veniva fuori a quei tempi, e ad una eccezionale testimonianza di perdono, perché la mamma di Michele ha perdonato gli assassini di suo figlio.

Questa sua condivisione mi ha commosso profondamente e la prossima volta che farò una passeggiata per le vie di Barivecchia, passerò anche da Largo Amendoni…per non dimenticare Michele, un ragazzo normale con tanta voglia di vivere e che amava sognare, come noi.

Arianna Manfredi

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