La libreria più bella del mondo

Chiunque si trovi a viaggiare per il Portogallo, non può fare a meno di fermarsi nel centro storico di Porto, precisamente in Rua das Carmelitas, dove ha sede la libreria più antica del mondo.

Stiamo parlando della Libreria “Lello e Irmao”.

E’ nata nel 1869 quando Ernesto Chardron, un importante curatore editoriale, decise di aprire la sua libreria. Dopo la sua morte agli inizi del ‘900, l’edificio, in stile neogotico e liberty, fu acquistato dalla famiglia Lello, che volle costruire la miglior raccolta del paese.

Oggi la libreria Lello è molto popolare anche a livello internazionale, sia per la sua bellezza architettonica e artistica, sia perché associata ad Harry Potter.

I visitatori raccontano l’atmosfera magica che si respira nel lungo salone dal quale spicca l’imponente scalinata in legno con gradini rossi che conducono verso la parte superiore dove sono riposti libri di ogni genere e lingua!

Una curiosità che stuzzica la mente di chi guarda è il soffitto, che sembra all’apparenza fatto di legno scolpito, ma in realtà è solo gesso dipinto, utilizzato anche per la decorazione delle scale.

Un fattore, non meno importante, che ne ha aumentato la popolarità è legata alla saga di Harry Potter.

Proprio così, l’autrice J.K. Rowling è stata un’assidua frequentatrice della libreria negli anni ‘90, quando viveva e insegnava inglese a Porto.

In quegli anni la scrittrice ne fu fortemente ispirata per ambientare le vicende del suo Harry Potter. Infatti, per gli amanti del celebre mago, è facile riconoscere in questi luoghi le scale di Hogwarts e la libreria immaginaria di Diagon Alley.

In passato l’ingresso era gratuito, ma solo pochissimi acquistavano i libri. Quindi negli ultimi tempi è necessario munirsi di biglietto di ingresso a pagamento, il cui costo sarà poi scalato sull’acquisto di un libro.

Che dire…La libreria, non solo ha un fascino particolare, ma è soprattutto fornita di testi in diverse lingue e merita sicuramente l’acquisto di almeno un libro!

Consiglio a tutti di visitarla, magari più volte, per vivere la magia di questo luogo e specialmente della lettura!

Arianna Manfredi

Intervista a Davide Morosinotto

Il 25 gennaio abbiamo avuto il piacere di incontrare e intervistare l’autore del libro “Il Rinomato Catalogo Walker&Dawn”, vincitore del Superpremio Andersen del 2017 e autore di altri successi come “La sfolgorante luce di due stelle rosse” e “Il fiore perduto dello sciamano di K” (facenti parte della trilogia) e “La più grande”. Stiamo parlando di Davide Morosinotto (Bologna).

In quale personaggio del “Rinomato Catalogo Walker&Dawn” si identifica meglio?

“Da un punto di vista, nessuno mi somiglia, perché sarebbe noioso scrivere su di me. Dall’altro punto di vista il mio personaggio preferito è Julie, perchè sono riuscito a raccontare la sua storia nella terza parte del romanzo.”

Da dove ha tratto ispirazione per scrivere “Il Rinomato Catalogo Walker&Dawn”?

“Un mio amico, qualche tempo fa, mi regalò un catalogo americano. Iniziai a sfogliarlo e mi piacque tanto. Pensai che, se fossi stato agli inizi del ‘900, avrei comprato subito una rivoltella. Da lì ho subito pensato all’idea dell’orologio e la storia è venuta da sé.

Inizialmente pensavo che il libro fosse completo senza la parte di Tit, perché lui non parlava molto. Ma quando la casa editrice Mondadori decise di acquistare la mia opera, mi disse di scrivere il finale facendo raccontare Tit. Siccome l’idea non era di mio gradimento, cercai di farlo peggio possibile, ma il successo fu talmente tanto che non me lo immaginai.”

Il libro l’ha scritto solo lei?

“Il nome sulla copertina è il mio, perché ho scritto la prima bozza. Voi leggete la decima versione del libro, scritta da me e dal mio team (Book on a Tree). Ogni tanto ci scambiamo i libri per migliorarli.”

Perché i titoli dei suoi libri sono particolarmente lunghi?

“Non scelgo io il titolo, quello è il compito del titolista. Inizialmente volevo chiamare il primo della trilogia “La banda dell’orologio”, mentre il titolista “Gangster”. A poco dalla stampa decidemmo di chiamarlo “Il favoloso catalogo Walker&Dawn” che modificammo con “Rinomato”, perchè, in quel momento, tutti i libri cominciavano con “Favoloso”. Sinceramente il titolo non mi piaceva molto e continua a non piacermi del tutto.”

Qualcuno tra i quattro ragazzi ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale?

“Si, compare nel secondo libro. Non sarà un personaggio principale, bensì una comparsa.”

Chi potrà mai essere…Non ci resta che leggere il libro!

Abbiamo poi continuato con le domande.

Chi ha ucciso Mr Darsley?

“Mi piace far finire le storie con suspense, così puoi farle finire tu”

Era emozionato quando ha vinto il Superpremio Andersen 2017?

“Non molto, perché lo stavo scrivendo già da tanti anni e l’avevo letto e riletto nella sua forma originale, quindi pensavo che non avrei vinto.”

Qual è il tuo personaggio preferito di “Il fiore perduto dello sciamano di K”?

“Ladoga, perchè, in confronto agli altri, ha una storia.”

Com’è nata l’idea del terzo capitolo della trilogia?

“Questa storia l’ho sognata: mi trovavo in una foresta con un clima equatoriale. Ho cominciato a studiare le foreste, fino a quando non ho trovato la Foresta Amazzonica e Iquitos, dove vive la migliore amica peruviana di mia sorella Chiara, la quale mi ha fatto incontrare suo zio, che è uno sciamano. Ho preso un volo per Iquitos, dove ho fatto molte esperienze, come cadere nel fiume Rio delle Amazzoni. Ambientazione e tempo gli ha scelti la storia.”

Perchè Laila fa questa scelta? (Non diciamo quale, così non spoileriamo!)

“Inizialmente non avevo idea di come finire il libro, perché l’avrei fatto sembrare finto. Non posso scegliere io il finale del libro, sono le 300 pagine precedenti a farlo. In origine “Il fiore perduto dello sciamano di K” aveva 60 pagine in più, ma io e il mio team le abbiamo tagliate, perché la storia non andava più avanti.”

E’ finita la saga?

“Sì, non ci sarà più altro che la riguarda.”

Voleva diventare uno scrittore già da bambino?

“Ho iniziato a scrivere in seconda media, quindi alla vostra età, grazie a mio cugino che mi ha proposto di partecipare a una gara. Dovevamo scrivere una storia, ma io non ho vinto, infatti sono arrivato ventesimo. Ma ho continuato a partecipare alle diverse competizioni anche se perdevo sempre. C’è stato un momento in cui decisi di abbandonare la scrittura, ma siccome la mia fidanzata non voleva mi disse:“Se smetti di scrivere, io ti lascio”. Quindi ricominciai a scrivere.”

Qual è stato il tuo primo lavoro?

“Ho lavorato per i videogames e poi ho iniziato a scrivere professionalmente libri. Adesso lavoro anche all’ideazione di giochi.”

Ha mai scritto film o serie tv?

“Si. L’altro giorno ci ha lasciati Vialli e io e il mio team, avendo scritto la sua biografia, non abbiamo esitato a scrivere il film, che hanno annunciato il giorno dopo al tg.”

Da dove ha tratto ispirazione per scrivere il romanzo “La più grande”?

“Stavo passeggiando tra le bancarelle dell’usato, quando mi ha attratto un libro. L’ho aperto e ho trovato l’illustrazione di una piratessa. Decisi subito di comprarlo. Lo lessi e scrissi un libro sul pirata più grande che sia mai esistito, Shih Ching, che ho chiamato Shi Yu.”

Qualcuno ti ha aiutato a scrivere libri?

“Si, Domenico Baccalario, uno scrittore con 28 milioni di copie al mondo vendute che è’ diventato il mio maestro e Alessandro Gatti, il quale mi ha aiutato a scoprire il colpevole dell’assasinio di Miss Dawn in cambio di una cena e che mi ha dato l’ispirazione per il personaggio di “Alex The Cat”.”

Ha consigli di scrittura da dare?

“Leggete e scrivete. Se è possibile, tutti i giorni, anche poche righe. E’ un esercizio che aiuta tanto.”

Arianna Manfredi e Carola Tomasicchio

Chi salva una vita, salva il mondo intero

L’incredibile storia che oggi racconteremo vede il suo scenario nella Grande Moschea di Parigi costruita nel 1926, considerata oggi uno dei luoghi di culto islamici più belli di tutta Europa, come gesto di gratitudine della Francia nei confronti di quei musulmani che combatterono contro i tedeschi nella prima guerra mondiale.

Immaginiamo per un attimo di vivere nella Francia del 1940 invasa dai nazisti, immaginiamo di essere ebrei che all’improvviso si trovano in pericolo di vita e cercano una via di fuga.

In questo clima di terrore, molti ebrei si rivolgono proprio al capo Imam della moschea di Parigi, Si Kaddour Benghabrit di origini algerina, per chiedere aiuto e protezione dai rastrellamenti dei nazisti, ormai all’ordine del giorno.

L’Imam, nonostante stia mettendo in pericolo se stesso e la comunità che guida, senza indugio, accoglie migliaia di ebrei, nascondendoli all’interno della moschea, precisamente nei suoi sotterranei, con lo scopo di evitare che vengano deportati nei campi di concentramento, affidandoli alla resistenza che li avrebbe successivamente condotti fuori dal Paese, sani e salvi.

Per proteggerli, l’Imam non esita ad ingannare le autorità tedesche creando documenti falsi, in modo da farli passare come musulmani, soprattutto bambini, considerato che per i nazisti risulta difficile distinguere gli ebrei orientali dai musulmani visto che parlano la stessa lingua e hanno nomi simili.

Non si sa precisamente quante persone sono state salvate dall’Imam Si Kaddour Benghabrit, ma gli studiosi stimano tra 500 e 1600. Forse anche di più.

Questa è senza dubbio una storia di pura umanità, colma di speranza e di fiducia tra uomini di differenti religioni, una storia di solidarietà, una storia da non dimenticare, mai.

Chi salva una vita salva il mondo intero.

Un uomo da ricordare.

Nel 2005 un’associazione di donne ebree e musulmane ha presentato una petizione all’Ente nazionale per la memoria della Shoah, affinché Si Kaddour Benghabrit venga riconosciuto tra i Giusti fra le nazioni.

Arianna Manfredi

FESTA DEI POPOLI: COSA E’ PER TE LA MUSICA?

In occasione della Festa dei Popoli gli alunni del corso musicale e il coro del nostro Istituto, insieme ad altri ragazzi dei corsi ordinari, hanno dato vita ad uno spettacolo fantastico di recitazione, musica, canto e danza.

Nel backstage dello spettacolo ho avuto l’opportunità di incontrare Miriam Cascione e Giulia Mazzilli, due delle musiciste della 1^ G che ho avuto il piacere di intervistare.

Quando e come è nata la tua passione per la musica?

Miriam: Quando ero piccola avevo una piccola chitarra giocattolo e avevo sempre voglia di suonarla, però mio padre non me lo permetteva perché faceva tantissimo rumore, quindi alla fine ho iniziato questo percorso perché mi piace la musica; suono la chitarra da 6 anni.

Giulia: io invece appartengo ad una famiglia di musicisti e quindi praticamente la mia passione è partita da lì, vedendo e ascoltando mia madre, mia sorella e tutto il resto della famiglia suonare.

Da quanto tempo studi musica? Ricordi un maestro o una maestra che è stato o è stata particolarmente importante per qualche motivo?

Miriam: Io, come ho già detto, è da 6 anni che studio musica e ho avuto diversi maestri durante il mio percorso: non me li ricordo benissimo, comunque sono stati tutti bravi e mi hanno insegnato tanto.

Giulia: Io, in realtà, non ho avuto degli insegnanti di musica; la mia maestra è stata più che altro mia madre.

Come riesci a conciliare la passione per la musica con gli impegni di scuola?

Miriam: Beh, per fortuna è la scuola che organizza per noi: noi seguiamo le lezioni di musica individuali due pomeriggi alla settimana e poi ci riuniamo per fare musica di insieme un altro giorno. Il resto del tempo ci dedichiamo completamente agli impegni scolastici relativi alle altre materie.

Giulia: Dato che sono nella stessa classe di Miriam, la mia risposta è la stessa.

Per quante ore al giorno ti eserciti?

Miriam: Pur essendo molto impegnata con lo studio, cerco di dedicare comunque più o meno un’ora e mezza al giorno alla musica.

Giulia: Anche io, come Miriam, ho tanti impegni scolastici e non solo, poiché pratico anche pallavolo. E anche io mi esercito a suonare per un’ora e mezza, due ore tutti i giorni.

Che genere di musica ti piace ascoltare e suonare? Voglio dire, ascolti lo stesso genere che suoni o no? E qual è la tua canzone preferita?

Miriam: Io ascolto tutti i generi di musica: il jazz, il blues, il rock, che è forse il mio genere preferito, e anche la musica classica e tutti gli altri generi di musica. Non ho una canzone preferita, ne ascolto tantissime.

Giulia: Anche io ascolto un po’ tutti i generi musicali, però i miei preferiti sono il rock e il pop; anche per me non c’è una canzone preferita perché ascolto un po’ tutte le canzoni.

A quale artista o a quali artisti ti ispiri maggiormente?

Miriam: A me piacciono i gruppi, non i cantanti o i cantautori singoli: quindi, per esempio, il mio gruppo rock preferito sono i Maneskin, ma mi piacciono anche i Queen e altri gruppi di un po’ di anni fa.

Giulia: Io non mi ispiro ad un artista in particolare, ma al mio professore di chitarra a scuola, Gianfranco Gabriele: lui è il mio punto di riferimento.

Ti piace riprodurre i brani o comporne di nuovi? Ci hai mai provato?

Miriam: Io non ho mai composto nuovi brani o inventato musiche, però ho suonato tante volte canzoni di cantanti o di gruppi molto famosi, sia da sola sia in orchestra.

Giulia: A volte ho provato a mettere insieme qualche accordo, quindi sì, diciamo che mi piace inventare nuove musiche.

Se non avessi fatto l’artista, cosa avresti fatto?

Miriam: In verità non lo so, perché dedicarmi alla musica è sempre stato il mio sogno fin da bambina.

Giulia: In realtà non ho ancora un quadro preciso di quello che vorrei fare da grande, non ce l’avevo neanche prima di iniziare a studiare la chitarra…

Credi che da grande questa grande passione possa diventare il tuo lavoro? Hai un piano B?

Miriam: Beh, non lo so: il futuro va come deve andare. La musica potrebbe diventare un lavoro ma potrebbe anche non diventarlo. Io continuo a studiarla, poi si vedrà.

Giulia: Io, oltre a suonare, pratico la pallavolo e vorrei tanto diventare una pallavolista, anche se è un pò difficile. E non mi dispiacerebbe neppure diventare “semplicemente” una mamma.

Lo studio della musica comporta sacrifici per te?

Miriam: No, non mi comporta alcun sacrificio perché lo faccio con grande piacere.

Giulia: Anche per me non è affatto un sacrificio.

Ti piacerebbe trasmettere la tua passione ad altri?

Miriam: Beh, sì, per far scoprire a tutti il mondo della musica.

Giulia: Sì, mi piacerebbe cominciare a trasmettere la mia passione e insegnare la musica innanzitutto alle persone che mi sono più vicine, per esempio i miei cugini. E poi anche agli altri.

In che modo la musica ha contribuito a farti diventare quello che sei oggi? La musica ha arricchito e migliorato la tua persona e il tuo modo di essere, o semplicemente ti rende felice?

Miriam: Io quando suono mi sento più felice, rilassata, serena: se, per esempio, sono arrabbiata per qualcosa o litigo con i miei genitori o con mia sorella, prendo la chitarra e suono, così mi tranquillizzo.

Giulia: Sì, anche per me è così. Quando inizio a suonare mi sento libera!

Arianna Manfredi

A SCUOLA DI CROWDFUNDING

Fino a qualche giorno fa non sapevo cosa fosse il Crowdfunding, e voi lo sapete?

Mercoledì 11 maggio ho avuto l’onore di partecipare alla terza edizione dell’European Crowdfunding Festival, che si è tenuto presso la sala de Trizio dell’Università di Bari, organizzato dalla dottoressa Rosa Porro, esperta di Crowdfunding della stessa Università.

Il Crowdfunding è una raccolta di fondi (realizzata spesso tramite internet, più precisamente grazie a piattaforme on line) di diversa entità, anche piccoli, versati da persone che decidono di prendere parte alla realizzazione economica di un progetto o di un’idea. Tale idea può essere di qualsiasi genere, di solito, però, si tratta di idee innovative oppure a vantaggio di uno o più gruppi di persone.

E’ stato davvero interessante ascoltare i racconti di esperti nazionali ed internazionali che si sono confrontati sulle opportunità che il Crowdfunding offre alla comunità, condividendo le loro conoscenze e soprattutto le loro esperienze sul campo.

Il primo a prendere la parola è stato il professor Luca Sabia, che ha parlato di un aspetto molto  importante: perché qualcuno dovrebbe dare soldi per un progetto di altri? La risposta sembra ovvia (perché gli piace e perché se ne sente parte) ma è proprio lì che sta il cuore di questo strumento che potrebbe sembrare semplicemente di natura economica ma che in realtà funziona solo se le persone “si sentono dalla stessa parte”: un Crowdfundung, insomma, va a buon fine se  i potenziali donatori vengono coinvolti al punto da reputare il progetto tanto utile o anche solo tanto bello da decidere di “adottarlo” e farne parte.

Dopo il professor Sabia ha parlato la dottoressa Elena Sodano, fondatrice di CasaPaese, presso Cicala (Catanzaro), esperta di Terapia Espressiva Corporea. E’ stato appassionante sentire il racconto di come, grazie ad un’azione di Crowdfunding, è nata questa meravigliosa grande casa per persone affette da diverse forme di demenza.

La dottoressa Sodano ha raccontato che cos’è CasaPaese, la grande casa non solo di anziani, ma anche di giovani colpiti dalla malattia, e ha sottolineato che i malati di demenza potrebbero non ricordare fatti, persone, addirittura volti, ma non dimenticheranno mai le emozioni vissute e l’amore ricevuto, quindi è giusto che vivano in un luogo nel quale siano amati e siano liberi di esprimere se stessi, senza essere trattati come persone “che non capiscono”.

Un’altra ospite che mi ha molto impressionato è stata Doa Naqvi, professoressa  indiana che si è soffermata sull’importanza del Crowdfunding per i giovani, i quali, attraverso questo strumento, possono avventurarsi nel territorio inesplorato dell’imprenditorialità per sostenere le proprie iniziative.

Successivamente è arrivato, dico così perché è stato fisicamente con noi, come la dottoressa Sodano, il fondatore di “Produzione dal Basso”, Angelo Rindone, che ha condiviso un’altra esperienza di Crowdfunding: quella che ha riguardato gli innovativi “Vasi di Milano”, apparentemente semplici vasi da balcone, ma che consentono di rilevare la presenza di inquinamento nell’aria. Il racconto è stato entusiasmante! Un gruppo di studenti del Politecnico di Milano ha creato una community e con questa ha condiviso il progetto che è stato poi realizzato grazie alla raccolta di fondi promossa proprio da “Produzioni dal Basso”. Ascoltare Rindone è stato come avere la prova che il ragionamento della Doa Naqvi funziona: il Crowdfunding è davvero un’occasione per i giovani, che spesso hanno difficoltà a far decollare idee valide e innovative!!

Successivamente abbiamo ascoltato il dottor Fabio Viola, esperto di Crowdfunding attraverso la gamification: i videogiochi sono le più efficaci piattaforme partecipative, e vengono utilizzate anche per avvicinare le persone a temi e problemi sociali e indurle a farsi carico di progetti attivi in questi ambiti.

L’ultimo intervento che ho ascoltato è stato quello del professor Massimo Melchiori, che ha parlato di come la comunicazione, se efficace e capace di generare il necessario coinvolgimento dei possibili donatori, rappresenti una delle leve fondamentali a disposizione di chi è interessato a lanciare un’ iniziativa di Crowdfunding.

Insomma è stata una mattinata fuori dal comune, impegnativa, devo ammettere, ma grazie alla quale ho imparato tante cose: spero che queste mie parole aiutino anche i miei amici ad affacciarsi a questo interessante mondo che, chissà, potrebbe rappresentare il nostro futuro!

Arianna Manfredi

Crowdfunding per CasaPaese

Arianna- Il vaso innovativo dei giovani milanesi

LE MERAVIGLIE DI HELSINKI

Cari amici viaggiatori, oggi ci troviamo ad Helsinki, la capitale della Finlandia, che ogni anno affascina milioni e milioni di turisti che si precipitano lì per visitarla. Oggi la vedremo in ogni suo minimo particolare …

Su, venite e iniziamo il nostro viaggio.

Il nostro tour inizia dal Parco Sibelius, un parco pubblico vicino al mare, costituito da 600 tubi d’acciaio: da lì è possibile ammirare il Sibelius Monument, simbolo della musica e omaggio al più grande musicista finlandese, Jean Sibelius.

Finita la splendida passeggiata, prendiamo il bus Sibeliusparken (linea 24) che ci conduce alla chiesa Tempelliaukion Kirkko, una chiesa scavata nella roccia.

Vicino alla magnifica chiesa si trova la Cappella di Kamppi, o Cappella del Silenzio, che può ospitare al massimo 60 persone; la chiesa è dotata  di un’acustica incredibile, e si riescono a sentire nitidamente anche i sussurri delle persone: attenzione, quindi, a non chiacchierare ad alta voce!!!

Lì vicino si trovano anche il KIASMA, museo di arte contemporanea, il Kaisaniemi Botanic Garden, il giardino botanico gestito dall’Università di Helsinki, e l’Eduskuntatalo, il palazzo del Governo Finlandese, che è visitabile anche internamente e dove, ogni martedì e venerdì, è possibile assistere alle sedute parlamentari.

Dalla stazione Kamppi, a bordo di un autobus, giungiamo nel Centro Storico e alla Piazza del Senato, la Senaatintori, dove ammiriamo palazzi in stile neoclassico, come la Biblioteca Universitaria e la Cattedrale di Helsinki, la Tuomiorkirkko. Lì, ogni settimana, vengono organizzati bellissimi concerti e, salendo sul tetto, si possono ammirare le imponenti statue dei dodici apostoli.

A pochi metri da qui, incontriamo il Kauppatori, la Piazza del Mercato, che vanta una bellissima vista sul porto, dove si possono acquistare souvenir e mangiare cibo fresco.

A pochi metri dalla Stazione Centrale si trova l’Ateneum, il museo più importante della Finlandia che ospita arte di tutto il mondo, in gran parte anche finlandese.

Ancora qui vicino si trova la Cattedrale della Dormizione, più comunemente chiamata Uspenski, la chiesa ortodossa più grande d’Europa Nordoccidentale. Sul retro retro di questa, posta su una collinetta, è conservata una lapide commemorativa dedicata ad Alessandro II di Russia. E che magnifico panorama!

Per finire, al Kauppatori, prendiamo un traghetto e in soli 15 minuti approdiamo sull’isola Suomenlinna, patrimonio dell’UNESCO: qui è possibile visitare una vera e propria fortezza che domina sul mare, “il castello della Finlandia” e tantissimi musei.

Vi è piaciuto il nostro tour??? Allora che aspettate, Helsinki non è poi tanto lontana!

Arianna Manfredi

L’ANTICO CARNEVALE DI BARI

“A Carnevale…Anche a Bari ogni scherzo vale!”

Ogni paese è lieto di  vantare tradizioni variegate per festeggiare questa festa vivace, spensierata e gioiosa.

Ma qual è la maschera tipica barese?

A Bari non ci sono personaggi e costumi particolari, simbolo della città, tuttavia, anche il capoluogo pugliese vanta il suo antico, “strano” e “vecchio” Carnevale, Se siete curiosi di saperne di più, leggete e sarete soddisfatti!!

“U funerale di Rocche”

Secondo la tradizione popolare, il contadino Rocco, tradito dalla moglie, e muore per la disperazione. Nel centro storico della città, dunque, i nostri nonni e bisnonni partecipavano, l’ultimo giorno di Carnevale, a “U funerale di Rocche”. Questo rito che si svolgeva ogni anno fino agli anni ‘30/40 del secolo scorso; successivamente, si è svolto sempre più saltuariamente, fino a scomparire quasi del tutto.

“Zii Rocche” veniva preparato sin dalla mattina nei minimi particolari: si prendeva una tuta tipo quelle da meccanico che veniva riempita con tanta paglia in modo che rimanesse rigida e tesa. Poi, con una calza piena di paglia, si faceva la testa, sulla quale si metteva la maschera di un politico del tempo. Infine, zii Rocche veniva dotato di cappello e sigaretta e gli si poneva tra le mani una carota chiamata “bastenache”. Al pupazzo così creato si facevano indossare una camicia, i pantaloni e le scarpe allacciate. Dopo la vestizione, il fantoccio veniva posto su travi in legno come quelle usate per trasportare le statue dei santi e si dava vita al corteo funebre.  

Il suo funerale attraversava le strade e i palazzi più importanti di Bari Vecchia fino a raggiungere il luogo ove era posto il falò, solitamente all’Arco Alto o in Largo Albicocca.

Il corteo veniva seguito dalla moglie, dai parenti del povero Rocco e da tutta la popolazione che indossava abiti variegati e disparati. Chi piangeva e chi gridava … Naturalmente tutti fingevano!

Era presente anche il prete, finto anche lui, che benediceva il corteo e i passanti con dell’acqua posta in un vaso da notte e uno spazzolone da bagno. Tutti ridevano e partecipavano con piacere e tanto divertimento.

Il funerale terminava nel pomeriggio del martedì grasso, quando Rocco finiva sull rogo nel quale veniva bruciato, circondato da canti umoristici, finché non risuonavano i rintocchi che annunciavano l’inizio della Quaresima. 

Solitamente a Bari si usa festeggiare Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici. Fino al 1995, il 17 gennaio, era tradizione dei baresi portare i loro animali per farli benedire nella vecchia cappella di Sant’Antonio, un arco sotto il Fortino. Oggi, gli animali vengono benedetti nella chiesa di Sant’Anna, sempre a Bari Vecchia.

E’ tradizione a Bari mangiare piatti tipici come sgagliozze, calzengiidde di carne (panzerotti di carne fritta), orecchiette condite con il sugo dei tronere (involtini di carne di cavallo), sanguenacce (dolce fatto con il sangue del maiale), e le famosissime chiacchiere (frittelline dolci).

Arianna Manfredi

VIENNA E LA MAGIA DEL NATALE

Oggi ci immergeremo nelle vie della capitale austriaca, Vienna che, soprattutto a Natale, diventa un posto magico.

Nel periodo dell’Avvento, a partire dalla metà di novembre fino al 25 dicembre, Vienna si trasforma in una fiaba tutta da vivere.

Qui il Natale è particolarmente sentito e i viennesi sono entusiasti di preparare la festa più importante dell’anno, una tradizione sicuramente da conservare.

E’ tradizione di ogni famiglia viennese accendere, per ogni domenica, le candele della corona dell’Avvento fatta di rami di abete intrecciati. Si iniziano ad aprire le finestrelle del calendario dell’Avvento e si preparano i Lebkuchen, biscotti speziati, e i Kipferl, biscotti alla vaniglia.

Nelle piazze più belle delle città possiamo visitare magnifici mercatini natalizi, dove il profumo dei biscotti allo zenzero e del punch fumante risvegliano l’atmosfera del Natale.

I mercatini di Natale, caratterizzati da tipiche cassette di legno, costituiscono un ruolo irrinunciabile nell’inventare la magia dell’Avvento, dando vita ad un meraviglioso luogo di ritrovo e soprattutto di shopping.

Tutto è ben organizzato. Luci, suoni e profumi si amalgamano insieme, creando un clima surreale che riempie e scalda i cuori di ognuno, grandi e piccini, viennesi e visitatori.

Le luci illuminano le grandi vie commerciali come Mariahifler Strasse e Landtrasser Hauptstrasse.

A Rathaus Platz, nella splendida Piazza del Municipio, controllata dal palazzo si stile neogotico risalente alla seconda metà del 1800, in questo periodo si svolge l’incantevole mercatino di Christkinlmarkt che ha una tradizione di oltre sette secoli ed una fama internazionale. Nel periodo natalizio, ogni anno, la piazza si traveste in un fiabesco villaggio natalizio, un paesaggio da favola che rievoca la magia dell’Avvento.

Qui non si può fare a meno di ammirare la gigantesca corona dell’Avvento che domina la piazza con i suoi dodici metri di diametro. Sono ospitati circa 150 chioschi che propongono doni di Natale, decorazioni per gli alberi, dolciumi tipici e bevande calde, assolutamente necessarie per riscaldarsi dal freddo. Infatti, non è strano vedere visitatori che passeggiano tra i chioschi sorseggiando un caldo punch sia alcolico che analcolico, servito in tazze ricordo create proprio per l’occasione. Anche gli alberi del parco che circonda la piazza sono accuratamente decorati a festa.

Passeggiando per le strade adiacenti, non possiamo fare a meno di ascoltare le dolci musiche natalizie di cori che intonano tipici canti del periodo della tradizione tedesca come stile Nacht Heilige Nacht.

La magica atmosfera dell’Avvento viennese è uno di quegli appuntamenti a cui non si deve mancare almeno una volta nella vita, soprattutto se dal cielo iniziano a cadere soffici fiocchi di neve. Così l’atmosfera è completa e si torna di colpo bambini.

Arianna Manfredi