Origami: colore, arte, passione

La passione per l’arte degli origami tridimensionali di un ragazzo del nostro liceo Hack 

Quando è nata la tua passione per questa tipologia di arte abbastanza insolita per un giovane della tua età?

“La nascita della mia passione per gli origami nasce nel periodo del Lockdown, il periodo più tragico della pandemia che abbiamo attraversato nel 2020, nel quale un po’ tutti abbiamo dovuto trovarci un che da fare per trascorrere le giornate e per non annoiarci, vista la reclusione forzata che abbiamo dovuto rispettare a tutti i costi per far fronte a quel problema che si è abbattuto sulle nostre vite in modo del tutto repentino e inaspettato.”

“Mia madre mi racconta che sin da piccolo ho sempre avuto un rapporto particolare con tutto ciò che fosse di carta, sin da quando realizzavo delle piccole palline per buttarle nella lavatrice. Mi divertiva molto maneggiare questo materiale, poter sfogare quella che era la mia frenesia da fanciullo con un pezzo di carta.”- “Penso che sia nato tutto da lì, alla fine tutto quello che facciamo da piccoli, anche se in modo molto inconscio, è in realtà rivelatore di quelle che possono essere le nostre attitudini o di quello che adoriamo, e mi piace pensare che la cosa non sia nata così, all’improvviso, ma che sia un qualcosa di già previsto nel mio “disegno”.

Come hai risvegliato in te questa attitudine?

“Ovviamente, come si può ben pensare, crescendo non ho avuto grandi occasioni per utilizzare questa mia manualità, se non a volte alle scuole elementari, durante la realizzazione di alcuni lavoretti per le feste della mamma o del papà. É accaduto però che durante la reclusione forzata portata dalla pandemia, ho iniziato a creare le prime figure con la tecnica degli origami tradizionali, come per esempio dei gatti o dei dinosauri, fino a giungere ai miei primi “Book folding” (per i quali ho utilizzato dei vecchi libri o delle vecchie agende che non mi servivano più, piegandone le pagine e facendo in modo da realizzare delle composizioni geometriche o anche dei veri e propri vasi).”- “ A casa non c’è stato mai nessuno che mi ha insegnato come piegare la carta affinchè si potesse pervenire ad un soggetto finale come quello degli origami, dunque ho appreso ciò mediante la visione di alcuni video tutorial su Youtube. Accadde quindi che nello stesso anno, intorno a dicembre, mi comparve per la prima volta un video sempre su questa piattaforma online che mostrava come si potevano realizzare dei soggetti più particolari: dei cigni. Tuttavia questi avevano un qualcosa di diverso, ovvero la loro tridimensionalità, ottenuta incastrando tra di loro tantissimi pezzi di carta, piegati uno ad uno. Ciò li rese ai miei occhi come qualcosa di veramente affascinante.

Decisi dunque che mi sarei cimentato nella piegatura di questi pezzi, che erano circa 300, e che avrei tentato di realizzarne uno, anche se sapevo che si trattava di un’attività che avrebbe richiesto tanta precisione e dedizione. Ma siccome sono sempre stato un tipo che quando si mette in testa un qualcosa o un obiettivo, fa di tutto pur di ottenerlo o di raggiungerlo, iniziai a seguire quel tutorial, armandomi di tanta pazienza.”

Riuscisti a realizzare questo cigno?

“Dopo diversi mesi (il lavoro fu molto rallentato per via dei tempi scolastici, che mi impegnavano tanto), intorno a luglio, realizzai il mio primo cigno di carta tridimensionale. 

Ero felicissimo, rimasi fortemente stupito da me stesso per quello che avevo fatto e decisi che avrei dovuto a tutti i costi sperimentare altri soggetti, sempre con la stessa tecnica, perché mi ero molto divertito la prima volta.”

“Mi impegnai nella realizzazione di un’ara macao, di un pulcino, di un pavone…divenendo sempre più veloce nella realizzazione.

E più ne facevo, più avevo voglia di farne”

C’è stato qualcuno che ti ha fatto pensare che avresti potuto iniziare a vendere questi manufatti?

“Fino a questo momento, quindi fino a fine dell’estate, rimase qualcosa di puramente ludico, un qualcosa che sapevo fare, che mi piaceva e che mi faceva stare bene…

Ma nulla di più. Accadde poi che iniziai a mostrare questi lavori ad alcune persone, fino a quando un’amica di mia madre, vedendoli, rimase molto impressionata, tanto che mi chiese se avessi potuto realizzare dei crocifissi per la Confessione del figlio, che avrebbe utilizzato come piccoli pensieri da distribuire. Ecco, quella è stata la mia prima ordinazione a tutti gli effetti, per la quale comprai anche del materiale che mi avrebbe consentito di portare a termine l’incarico ricevuto (risme di carta bianca e colorata, colla vinilica, nastri di raso per la realizzazione dei fiocchi).

Continuando a mostrare in giro le mie creazioni, sempre più persone rimanevano stupite, e sempre più persone mi chiedevano se fossero in vendita, perché avrebbero tanto voluto acquistare uno di questi pezzi. E fu in quel momento che decisi di iniziare a vendere queste realizzazioni, che riscontravano sempre più il gusto delle persone”

Da quel punto in poi, come hai organizzato la realizzazione e la vendita?

“Arrivando nel periodo natalizio realizzai una collezione a tema (Babbo Natale, Vasi con rose, Stelle natalizie). E poi sempre in crescenza, proseguendo per le settimane e i mesi, arricchendo le collezioni precedenti con nuovi pezzi, lavorando duramente durante le festività di Natale, San Valentino, Pasqua. E la cosa ha preso sempre più piega.

Ho creato un vero e proprio logo, un vero e proprio nome “Ideecreativedaangelo” (che è quello iniziale, che non ho ancora modificato perché ci sono particolarmente affezionato). Sono diventato sempre più abile ed esperto nella piegatura e nella realizzazione di queste opere (che rappresentano per me la mia valvola di sfogo, un modo con il quale posso esprimere la mia fantasia), tanto che adesso non utilizzo neanche tanto più i tutorial, perché ormai la mente ha acquisito la tecnica e sono in grado nella maggior parte dei casi di progettare determinate strutture e di renderle realtà.”

Ci sono state delle persone in particolari che sono state importanti per portare avanti questa attività?

“Sicuramente devo ringraziare tanto i miei genitori, che sono stati sempre molto fiduciosi in me, e mi hanno sempre appoggiato in qualsiasi idea avessi in merito, anche da un punto di vista economico, non facendomi mai seguire inadeguato o non facendomi mai percepire che quello che stavo cercando di fare fosse sbagliato o esagerato per la mia età.”

“Ringrazio una collega di lavoro di mia madre che è stata particolarmente significativa, in quanto mi ha sempre sostenuto e mi ha sempre dato degli ottimi consigli, primo tra tutti quello di aprire una pagina Instagram con il nome del mio logo nella quale mostrare queste mie opere d’arte.”

“Tengo molto anche ad una mia ex professoressa delle scuole medie, amante anche lei come me delle opere d’arte e in particolari dei manufatti, dei fai-da-te, che ha creduto in me e che mi è stata sempre vicina”

Hai dei progetti futuri?

“Il mio sogno più grande sarebbe arrivare a mostrare i miei origami 3D ad una grande platea, come per esempio nelle bancarelle natalizie delle nostre piazze. So che è una cosa molto impegnativa, e che ci vuole tanto lavoro per arrivare a tanto, però ci voglio provare, è l’ennesima sfida con me stesso che non voglio abbandonare a priori senza averci almeno provato.”

Confidiamo che il ragazzo, Angelo Pappalardo, possa riuscire a concretizzare i suoi obiettivi e che un giorno, anche non tanto remoto, possa dire “Ce l’ho fatta!”

Angelo Pappalardo (Liceo delle Scienze Applkicate Margherita Hack)

A Vicenza per le gare della Robocup Junior 2023

Il racconto dei ragazzi del Marconi-Hack a proposito della trasferta in territorio veneto

Ci rivolgiamo ai ragazzi che frequentano la classe terza del nostro liceo Hack che hanno superato la fase nazionale della gara di Robcup e che prossimamente prenderanno parte a quella europea: Chiarulli Alessandro, Clemente Giuseppe, Montrone Gabriele, Recchia Mario (partecipanti nella categoria della Rescue Line).

Innanzitutto, ci potreste raccontare in cosa consiste la Rescue Line?

“Generalmente è il completamento di un percorso a ostacoli. In pratica viene posta una linea nera su uno sfondo bianco, e il robot deve seguirla, superando tutte le deviazioni e gli ostacoli che incontra. Infatti, durante la corsa, ci possono essere delle interruzioni di linea, oppure degli ostacoli a terra, o degli ostacoli fisici, che il robot deve aggirare, come per esempio incroci, vicoli ciechi, delle rampe o delle altalene…”

“Il tutto ha un significato profondamente simbolico: la Rescue Line si basa sul fatto che il robot, dopo aver superato tutto il percorso a ostacoli, debba giungere in una stanza, all’interno della quale sono presenti delle palline, che rappresentano le vittime umane che devono essere salvate. Dunque, metaforicamente, lo scopo di questa tipologia di competizione è quello di dimostrare come i robot possano prendere delle decisioni e possano intervenire in modo efficace nella vita umana e nei suoi problemi, arrivando a fare cose che l’uomo non sarebbe in grado di fare”

“Nella stanza di evacuazione, quella dove deve arrivare il robot, ci sono 3 palline, di cui due argentate che rappresentano i feriti ancora vivi, e una nera che rappresenta la vittima morta. Il robot ha il compito di trasportare le 2 palline argentate nella zona verde, nella quale ci sono i vivi, e di trasportare quella nera nella zona rossa, che è quella dove vengono portati i morti.”

E poi aggiungono: “A partecipare a questa competizione c’erano ben 80 squadre, provenienti da tutta Italia, e l’obiettivo dei 3 giorni era di qualificarsi per la gara finale, che si è tenuta il sabato.

Ogni giorno, attraverso le gare, veniva effettuata una sorta di “scrematura”, fino ad arrivare alla fase finale, alla quale avrebbero potuto accedere solo le prime 15 squadre nella classifica, realizzata mediante i vari punteggi accumulati durante le fasi di scontro.”

Quali sono stati gli orari della trasferta?

“Quando siamo partiti, essendo molto presto, abbiamo dormito un po’, visto il sonno arretrato.” Abbiamo cominciato il nostro viaggio alle 4:15; durante il viaggio ci siamo fermati tre volte ad un autogrill”

Siamo arrivati a Vicenza alle 15:00, il pullman ci ha accompagnati direttamente in hotel, nel quale siamo entrati alle 18:00.

Per il ritorno, siamo partiti intorno alle 14:00, quindi subito dopo le gare finali, e siamo giunti a Bari intorno a mezzanotte.

Cosa avete fatto appena arrivati?

Il primo giorno i capisquadra di entrambe le categorie si sono riuniti per ritirare le autorizzazioni e informazioni necessarie allo svolgimento delle gare.

“In questo contesto ci siamo dovuti confrontare anche con l’accento veneto dei giudici, il quale è molto differente dal nostro e a volte facevamo fatica a comprenderli.”

Come si sono svolte le vostre giornate?

“Le nostre giornate si svolgevano in questo modo: la mattina si gareggiava dalle 8:00 alle 15:00, per l’ora di pranzo consumavamo un pasto, offerto sempre dagli organizzatori di questa competizione, successivamente rientravamo in hotel per lavorare e programmare ed essere pronti, il giorno seguente, a raggiungere un punteggio più elevato, basandoci su quanto appreso dalle gare di quella stessa giornata.”

“Successivamente ci attendeva la cena, e dopo esserci rifocillati in hotel ed essere tornati nelle nostre stanze, continuavamo a prepararci per la gara seguente, lavorando sodo fino a notte fonda”

Quanto durava ogni singola performance? Che cosa siete riusciti ad imparare da ogni singola fase?

“La durata massima di ogni prova era di circa otto minuti, anche se in realtà il robot poteva percorrere tutto il percorso anche in meno tempo. Infatti, a parità di prestazione, e quindi di punteggio, aveva la meglio la squadra che aveva fatto il tutto nel minor tempo possibile.”

A proposito di questo, i ragazzi affermano: “Le prime due giornate sono state abbastanza intense, in quanto nonostante tutto il duro lavoro portato avanti nelle settimane precedenti, ci siamo dovuti destreggiare anche in quella che è stata la fase di adattamento e perfezionamento di alcuni elementi che abbiamo potuto scoprire solo vivendo, fase dopo fase. Dunque, non è corretto pensare che il lavoro di preparazione sia stato l’unica attività portata avanti.

Avete un qualche aneddoto da condividere?

“Sì, ed è qualcosa che non ci scorderemo mai!”

“Le classifiche erano sempre in continuo aggiornamento, in base a quelli che erano i vari calcoli dei punteggi che di volta in volta i giudici facevano.

Una volta giunti in albergo, intorno alle 17:00, dopo la penultima gara, eravamo quarantesimi in classifica. Dopo un po’, intorno alle 19:00, consultando nuovamente il sito ufficiale sul quale era caricata la classifica, abbiamo appreso che eravamo passati al dodicesimo posto.”

“Ovviamente, come potete immaginare, eravamo al settimo cielo, in quanto iniziava ad esserci una speranza di poter partecipare alla competizione finale che si sarebbe tenuta il giorno seguente.

Alla fine, non appena arrivato l’orario di chiusura delle classifiche, eravamo scesi un pò…,

ma eravamo quindicesimi! Questo voleva dire che avevamo passato la selezione e che potevamo gareggiare nella gara finale, anche se veramente per un pelo!”

Come è stato per voi il momento nel quale hanno annunciato i finalisti?

Sapevamo di aver fatto un buon lavoro, ma nel momento in cui hanno nominato al terzo posto la nostra squadra, gli Hackatronici, abbiamo dato sfogo ad un urlo pazzesco, che esprimeva perfettamente la nostra contentezza per il grande risultato conseguito.

“Siamo arrivati terzi, e ciò vuol dire che tutto il lavoro che abbiamo fatto, l’impegno che ci abbiamo messo, la forza e la dedizione che abbiamo dimostrato ampiamente di avere sono state finalmente ripagate con questo ottimo risultato del quale siamo contentissimi e fierissimi di noi stessi.”

Cosa pensate di questa esperienza? Qual è l’obiettivo al quale aspirate?

“E’ stato un percorso molto difficile da portare avanti, un percorso molto duro, travagliato, e sicuramente non privo di ostacoli. Ma siamo stati bravi a tenere duro e ad impegnarci, fino all’ultimo! E adesso possiamo festeggiare, con la coppa in mano, con la mente alle gare europee e con l’aspirazione di poter raggiungere un ottimo posto anche in quell’altro contesto.”

“Per quest’anno, puntiamo ad arrivare ai primi posti anche nelle gare europee. Ma siamo determinati a scalare le classifiche mondiali e ad arrivare ai primi posti nel mondo intero”.

Ci rivolgiamo ad alcuni dei ragazzi della categoria “On stage”.  Come è stato per voi vivere questa esperienza, essendo così giovani, ma evidentemente così pieni di talento?

“Sicuramente è stato un evento che ci porteremo nel cuore. Il fatto di aver condiviso diverse giornate con i nostri coetanei, lontani dalle nostre realtà, di stare a contatto con persone provenienti da ogni parte di Italia, di esserci impegnati duramente e di aver potuto toccare con mano le dinamiche di queste competizioni, è stato qualcosa di profondamente formativo, soprattutto vista la nostra giovane età.”

“ In generale, questa esperienza ha fatto nascere molte amicizie tra di noi, tra i più piccoli che frequentano il primo anno, e i ragazzi più grandi, dai quali abbiamo potuto apprendere tanto.”

Le due squadre, gli Epicurei e i Darwiniani, si sono classificate rispettivamente al sesto e al nono posto. Cosa avete da dire riguardo a questo traguardo raggiunto?

“Abbiamo affrontato il tutto con estrema calma. In generale, siamo comunque molto soddisfatti, perché nonostante la nostra giovane età abbiamo dimostrato un’abilità nella lavorazione e nella programmazione dei robot che neanche noi pensavamo di poter dimostrare. I risultati raggiunti in classifica sono stati abbastanza ottimali, niente male essendo per la maggior parte di noi la prima esperienza di questo tipo.”

“Ovviamente il fatto che la maggior parte degli elementi della squadra fossero di primo superiore, quindi piuttosto giovani ed essendo dunque alle prime armi, ha influito su alcuni aspetti, sui quali avremmo potuto lavorare maggiormente.”

“Quali sono stati i punti di debolezza che non vi hanno permesso di ottenere un punteggio maggiore?”

Ci risponde uno dei ragazzi della squadra dei Darwiniani.

“Il nostro robot, come affermato dai giudici, era ben strutturato, tranne per la carrucola. Durante la sceneggiatura esso avrebbe dovuto percorrere una strada e salvare un uomo che era caduto da un dirupo. Mentre il robot risaliva la corda, dopo aver recuperato l’uomo, si è fermato a metà.”

“Ci sono stati anche altri aspetti che ci hanno penalizzato, ossia il poster e il technical demonstration video, un video dove viene mostrato l’interno del robot, il meccanismo e viene introdotta la sceneggiatura.”

In caso di una futura partecipazione sappiamo che dovremo impegnarci maggiormente su queste due cose, che sono molto importanti per acquisire più punti ai fini di pervenire ai posti più elevati in classifica”

Una ragazza della squadra degli Epicurei afferma anche questo: “Sicuramente l’idea di programmare il nostro robot ,affinché potesse rappresentare quella che è la storia del Piccolo Principe ,è stata un’ottima idea, anche se penso che sarebbe stato ancora meglio se avessimo studiato anche una parte di recitazione umana, che avrebbe fatto in modo di creare una sorta di equilibrio tra gli attori, robot e umani.”

Sappiamo che siete riusciti ad avere l’occasione di visitare un po’ la città di Vicenza. Vi è piaciuta?

“Sì, siamo riusciti a fare un giretto, scoprendo una città molto carina, dove il verde era il colore predominante. Infatti abbiamo potuto notare la presenza di tante piante e vegetali, che suggerivano una sensazione di pace e tranquillità, caratteristiche che abbiamo scoperto essere proprie di Vicenza. Essa è una città monumentale molto antica, infatti abbiamo visitato anche un antico teatro Olimpico, il quale risulta essere il primo teatro stabile coperto in tutto il continente europeo.”

Ed è così che i ragazzi ci lasciano. Ora il prossimo appuntamento che vede la nostra scuola protagonista con la squadra della Rescue Line è dal 7 al 10 giugno per le gare europee, che si terranno in Croazia. Riusciranno i nostri Hackatronici a scalare le classifiche anche in ambito europeo?

Angelo Pappalardo, Sarah Minunno (Liceo delle Scienze Applicate Margherita Hack)

Lo spagnolo: una lingua emergente 

I vantaggi dell’apprendimento della lingua neolatina che negli ultimi si sta diffondendo sempre di più, soprattutto tra i più giovani

Negli ultimi anni nelle scuole i piani finalizzati all’apprendimento delle lingue straniere stanno mutando. In particolare, in molti istituti si sta assistendo ad un fenomeno piuttosto rilevante: la sostituzione dello studio di alcuni idiomi in favore dello spagnolo.

Effettivamente, lo studio e la conoscenza di questa lingua risultano essere, ad oggi, molto più importanti rispetto al passato. Attualmente, lo spagnolo è la seconda lingua più parlata al mondo. Ci sono, infatti, più di 548 milioni di persone che lo parlano ogni giorno. 

Molti mi dicono che lo studio dello spagnolo non è proprio il massimo da un punto di vista lavorativo, e ciò è effettivamente vero. Non è la lingua maggiormente indicata, soprattutto se il ramo intrapreso riguarda il mondo delle produzioni, delle imprese, della tecnologia, dove invece risultano essere più utili lingue come il tedesco o il francese, soprattutto in Europa. 

Ma lo spagnolo ha una marcia in più, e ha tanti buoni motivi per essere studiato e parlato, e sono diversi i suoi punti di forza.

Innanzitutto, derivando dal latino, è una lingua più facile da apprendere per noi italiani, rispetto ad altre. In molti contesti, inoltre, può essere molto conveniente, perché conoscerlo permette di poter comunicare in tantissime aree dell’intero pianeta. Per esempio, come sappiamo, lo spagnolo è rilevante nell’America meridionale. In realtà, anche se siamo abituati ad associare l’altra parte di quel continente, il Nord America e gli Stati Uniti, all’inglese, è importante sapere che anche lí questa lingua neolatina è molto diffusa. Non a caso, proprio negli USA, si è anche sviluppato quello che è noto come Espanglish, una vera e propria fusione tra l’inglese e lo spagnolo. Dunque, soprattutto per chi non è un asso in lingua anglosassone, può fungere da ausilio nella comunicazione. 

Inoltre, per quanto riguarda la sfera dei viaggi, scolastici e non, i numeri afferenti alla selezione delle mete spagnole e della “Hispanoamérica” sono in crescita. 

Oltre ciò, mi capita molto frequentemente di imbattermi in ragazzi e ragazze molto affascinati da questa lingua. Essa è vista come un qualcosa di fascinoso, in quanto permette di cimentarsi in toni di voce, suoni, vocaboli e modismi, che risultano essere molto accattivanti e stimolanti. In più, per i giovani, l’apprendimento dello spagnolo diviene importante anche per l’aspetto artistico, soprattutto musicale. Molti brani che si ascoltano oggi in radio sono di origine latina, ed è quindi allettante poter comprendere i loro testi e il messaggio che vogliono lasciare agli ascoltatori. I testi delle canzoni spagnole, molto spesso, hanno anche dei bei significati, ed è molto allettante e coinvolgente pensare di poterli capire, e di poter trarre degli insegnamenti morali. Oltre tutto, ci sono tantissimi capolavori della letteratura mondiale scritti in spagnolo, tanti sono stati gli artisti spagnoli che hanno influenzato il loro paese di origine e tutto il mondo in maniera esponenziale. Pensiamo per esempio a Luis Sepùlveda, l’autore della famosissima storia “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”, oppure a Antoni Gaudì, il più grande esponente della corrente artistica del Modernismo.

Il mondo spagnolo è un mondo a sé, ricco di storia, di cultura, di tradizioni, di favole e di sogni, e penso che scoprirlo ed entrare a farne parte proprio partendo dalla lingua sia un qualcosa di grande arricchimento.

Angelo Pappalardo