Roberto Benigni a Sanremo: parliamone

Il 7 febbraio si è tenuta la prima serata di Sanremo 2023 e sul palco, tra i tanti personaggi famosi, ha fatto la sua comparsa Roberto Benigni, attore di numerosi e celebri film tra cui il meraviglioso “La vita è bella”.

Benigni è sempre molto sensibile al tema della guerra e legato ai valori della Costituzione, dai quali ha preso spunto anche per il discorso che ha tenuto a Sanremo.

Preceduto da simpatiche battute di spirito rivolte al presidente Mattarella, il monologo di Benigni ha messo in luce la sua devozione verso la Costituzione, che ha esaltato soffermandosi in particolare sull’importanza degli articoli undici e ventuno.

D’altra parte, però, è scoppiata una polemica sul fatto che pare l’attore abbia incassato un compenso di circa trecentomila euro, per un discorso di appena quindici minuti.

La mia opinione a riguardo è che, nonostante l’impeccabile esecuzione del monologo, l’indiscutibile capacità espressiva di Benigni e l’innegabile commozione della maggior parte delle persone presenti, compreso il presidente della Repubblica, la cifra percepita come compenso sia esagerata.

Non ho potuto fare a meno di pensare all’incoerenza degli organizzatori del Festival che da un lato hanno promosso spunti di riflessione sulla la guerra in Ucraina e sulla situazione disperata di tante persone nel mondo anche vicino a noi e dall’altro hanno pagato così ingenti cifre quando non necessario.

Il risultato è stato che non sono riuscito a concentrarmi appieno sul monologo perché non sono riuscito a non pensare che le parole che uscivano dalla bocca dell’attore e colpivano milioni di cuori avevano un prezzo non indifferente, e forse non potevano essere completamente autentiche.

Federico Trotta

NON SIAMO SOLI

Tra le tante esperienze vissute in questi mesi di scuola, l’incontro con il Domenico Diacono è stata sicuramente la più utile ed emozionante.

Domenico è il fondatore, insieme alla moglie Angela Albanese, dell’Associazione “AntoPaninabella”, dedicata alla figlia Antonella Diacono, purtroppo morta suicida quando aveva la nostra età.

Durante l’incontro abbiamo riflettuto sui disagi adolescenziali e sulle conseguenze a volte davvero terribili che possono portare.

Molto spesso, infatti, noi ragazzi ci sentiamo non capiti, o peggio ignorati dai nostri coetanei e anche dai nostri genitori, che sminuiscono i nostri problemi definendoli “sciocchezze”: forse credono di aiutarci, facendo così, ma invece ci fanno sentire solo tremendamente soli. 

Proprio per questo atteggiamento molti ragazzi come me tendono a chiudersi in se stessi invece di confrontarsi con qualcuno, e cominciano anche a provare un sentimento pericolosissimo, la VERGOGNA.

Mi è capitato molto spesso di tornare a casa rassegnato e triste e di rispondere “niente” alla classiche domande: “Perché sei silenzioso?” “Cosa è successo?”

Sempre in quei giorni, però, mi sono stati accanto i miei amici, uniche persone con cui sono riuscito a confidarmi: senza di loro avrei represso in me la tristezza e lo sconforto fino a quando non ci sarebbe stato più spazio e sarei stato sopraffatto.

Credo che se non avessi partecipato all’incontro non sarei mai riuscito a capire il vero significato di amicizia e conforto; per questo motivo secondo me associazioni come quella dei signori Diacono dovrebbero essere più presenti nelle scuole e nelle vite dei ragazzi e dei loro genitori, facendo aprire gli occhi a molte persone come hanno fatto con me.

Federico Trotta

“QUI NON SI VENDONO PIU’ BAMBOLE”: INTERVISTA A MICHELE SCIACOVELLI

Il 27 maggio le classi terze della scuola secondaria Nicola Zingarelli di Bari hanno assistito allo spettacolo dell’accademia OltrePalco intitolato “Qui non si vendono più bambole” ispirato al libro di Luigi Garlando “Per questo mi chiamo Giovanni”, sulla vita di Giovanni Falcone.

Tutti i giovani attori e le giovani attrici erano sorprendentemente bravi: non sembrava di assistere ad uno spettacolo amatoriale, ma ad uno spettacolo teatrale di attori professionisti!

Uno di loro, Michele Sciacovelli, è un mio compagno di classe e vederlo muoversi sul palco come un attore “vero” mi ha fatto una grande impressione, tanto che ho deciso di intervistarlo.

Da quanti anni ti dedichi alla recitazione ?

Recito da sette anni e il mio primo spettacolo l’ho fatto in prima elementare, a sei anni, quando ero ancora ignaro che quell’allora piccolo hobby sarebbe diventato la mia passione più grande.

Cosa ti piace del teatro?

Il teatro è un luogo meraviglioso nel quale ti puoi esprimere senza alcun tipo di censura, dove puoi essere tante persone diverse e scoprire che ognuna ha qualcosa del vero te. Il teatro è il luogo delle emozioni, e la cosa più bella è che le provi tu, a volte in maniera davvero travolgente, e poi, man mano che diventi bravo, puoi anche trasmetterle agli altri.

Penso che il teatro sia bello anche perché ti insegna ad andare avanti quando hai un problema e soprattutto ti fa maturare mentalmente grazie ai piccoli ma significativi insegnamenti di ogni copione: questo è il mio modo per esercitarmi ad affrontare le situazioni difficili che mi attendono nella vita reale.

Cosa provi quando sei sul palco e tutti ti osservano?

Quando recito cerco sempre di non pensare a niente che non sia ciò che sto facendo in quel momento, ma quando recitano gli altri, a volte, non riesco a mantenere lo stesso livello di concentrazione e mi capita di pensare alle battute che vengono dopo o al movimento che devo fare, perché voglio sempre dare il massimo e non sbagliare.

Se il pubblico è vicino e sono in un momento in cui recitano gli altri, cerco di guardare le persone che non conosco per non farmi prendere dall’ansia nel vedere amici o parenti, anche se a volte la curiosità di guardare dove sono seduti non riesco proprio  a fermarla …

Alla fine dello spettacolo mi hai raccontato che qualcosa non è andata come avrebbe dovuto; confesso di non essermene accorto. Come sei riuscito a mantenere il controllo tanto da far sembrare che tutto facesse parte del copione?

Ammetto che oggi c’è stato un attimo di panico: il copione prevedeva che tutti noi presenti sul palco gettassimo la giacca a terra, e quando ho notato che la mia non si apriva mi sono agitato tantissimo: ero proprio impanicato, ma, per fortuna, quando si ha una buona memoria ci si può permettere di cambiare le scene e improvvisare, perciò ho sbottonato la giacca piano e l’ho gettata giù mentre parlavo.

Chi è Michele Sciacovelli quando non recita?

Quando non recito sono un ragazzo come tanti, tranquillo e socievole; mi piace molto giocare a pallavolo, ma anche vedere le serie tv.

Credo molto nell’amicizia e infatti ho molti amici con i quali condivido rapporti basati sulla sincerità e l’empatia. Amo il mare.

Cosa consigli ai ragazzi che vogliono intraprendere il tuo stesso percorso? In cosa devono impegnarsi?

Per recitare è necessaria molta determinazione, voglia di imparare, autocorrezione e sopratutto tempo da dedicare alla propria passione.

La cosa bella del teatro è che per farlo “non ci vuole una laurea”, come si suol dire: tutti possono recitare e, con l’impegno e la passione, tutti possono diventare bravi!i

La cosa che mi colpisce ancora quando parlo con chi, come me, ama recitare è che ciascuno è spinto da una motivazione diversa (c’è chi lo fa per esprimere i propri sentimenti, chi per diventare più socievole, chi per passare il tempo) ma, alla fine, tutti  sono uguali perché sul palco finiscono per liberare le mente e il corpo e lasciarsi trasportare solo dall’emozione.

Che messaggio vuoi trasmettere a chi leggerà questa intervista?

Voglio dire a tutti che raggiungere i propri obiettivi è importante, ma  è ancora più importante il percorso fatto per raggiungerli: è proprio quello  che ci rende come siamo oggi e ci aiuterà ad essere gli uomini e le donne di domani-

A volte dobbiamo trovare anche noi il coraggio per dire alla nostra vita e a chi cerca di controllarla: “Qui non si vendono più bambole”!

Federico Trotta