“Mare Fuori”, metafora della vita e della libertà.

Da qualche tempo sui social, sui giornali, in televisione sta letteralmente spopolando la serie Mare fuori, il cui cast è stato addirittura invitato a Sanremo dove ha cantato la sigla con grandissimo successo di audience. La fiction è ambientata a Napoli nei quartieri più malfamati della città e in un immaginario carcere minorile, l’IPM di Nisida, e racconta le vicende di alcuni ragazzi qui detenuti, le cui storie somigliano a quelle di tanti giovani rinchiusi negli istituti penitenziari del nostro paese. Grazie a questa serie così toccante e alla sua produttrice, Cristina Farina, sono venuti alla ribalta temi spesso sottovalutati perché in realtà troppo delicati e quindi difficili da trattare: vi si parla di ragazzi costretti a sopportare ingiustizie, di giovani che hanno ormai un futuro già segnato a causa di errori commessi dai propri genitori, di disturbi mentali, di violenza, di reati commessi…

Nella fiction si mette in evidenza anche l’importante ruolo svolto dalla Polizia Penitenziaria, cioè da coloro che si occupano dei carcerati e che diventano per loro veri e propri educatori. Tra questi spicca la figura del comandante Massimo Esposito, un uomo che compie il proprio lavoro con passione e dedizione ma soprattutto con amore, tanto da dimenticare spesso la propria vita privata per dedicarsi ai “suoi” ragazzi. Il comandante Massimo spiega ogni giorno ai suoi giovanissimi detenuti che non devono perdere mai la speranza o rinunciare ai propri sogni, che devono credere in se stessi e che devono mantenere sempre vivo il loro coraggio e la loro voglia di riscatto, qualunque sia il loro passato e i reati da loro commessi.
Guardando gli episodi della fiction ci si chiede come mai spesso in Italia ci si dimentica di queste persone o, peggio, si tende ad emarginarle e a farle sentire degli errori irrimediabili. Dovremmo invece ricordare che i giovani detenuti sono esseri umani, ai quali va riconosciuto il diritto ad avere una seconda possibilità, a reinserirsi nella società e, soprattutto, a godere nuovamente della libertà (che troppo spesso noi adolescenti diamo per scontata) per guardare il “mare fuori” e poter correre finalmente un giorno sulla sabbia a piedi nudi.

Domani, non é troppo tardi.

Giorgia Dentuto

Ma l’amore si festeggia soltanto il 14 febbraio?

Cuori, cioccolatini, peluche e rose rosse … E’ arrivato il 14 febbraio e ancora una volta si celebra San Valentino…

Il 14 febbraio gli innamorati di tutto il mondo celebrano il loro amore con grande entusiasmo e gioia, scambiandosi regali e gesti di affetto.
Per molte persone si tratta di un’occasione davvero speciale, proprio perché l’amore viene esaltato e festeggiato in tutte le sue forme; per altre, invece, può essere un giorno di grande tristezza o dolore perché non hanno ancora trovato qualcuno con cui condividere il loro amore, o non hanno ancora conosciuto la loro anima gemella, o sono innamorati di qualcuno che non li ricambia o di qualcuno che hanno perso.
Ma vi siete mai chiesti perché l’amore debba essere festeggiato solamente il 14 febbraio?
Io penso che l’amore possa e debba essere celebrato ed esaltato ogni giorno, ogni momento: che senso ha ricordarsene solo per un giorno con una rosa o dei cioccolatini e poi tornare alla semplice “normalità”? Un innamorato ogni giorno si aspetta una carezza, un abbraccio, un messaggio o una parola di conforto dal proprio partner, non soltanto una volta all’anno!
L’amore è un sentimento talmente vasto e complesso che non si può non esprimerlo e manifestarlo continuamente, a volte in modo gioioso, altre esasperato, altre silenzioso e altre a gran voce, sempre secondo le diverse e molteplici esperienze che lo caratterizzano.
Per me Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice ma soprattutto libero, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrire completamente se stessi dal profondo del cuore. Per questo infondo l’amore non è mai fonte di sofferenza. E dobbiamo ricordarcelo ogni giorno.
Molte persone dicono di aver sofferto per amore, ma io sono convinta che in realtà non é sempre vero. Si soffre quando si ha una concezione sbagliata dell’amore, quando lo si considera una forma di possesso, quando lo si vive in modo egoistico. Se si ama davvero non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, amiamo solo per il puro e semplice piacere di “donare”.
Amare davvero significa fare un salto nel vuoto per qualcuno, significa affidare la propria vita e il proprio animo ad un’altra persona, aprire le porte del proprio cuore e lasciare che qualcuno ci entri.
Per questo l’amore non dovrebbe essere ricordato solo il 14 febbraio, ma tutti i giorni…

Giorgia Dentuto