I riti della Settimana Santa a Noicattaro: una meraviglia antica a due passi dalla città

La storia

Il paese, con i suoi circa 25.000 abitanti, si trova a 16 km a sud est da Bari, ai piedi della Bassa Murgia e a 100 metri sul livello del mare da cui dista all’incirca otto chilometri.

Il territorio è tagliato da due grandi lame: Lama Giotta e Lama San Giorgio.

Il primo nome del Paese, documentato nel X secolo d.C., è Noa, ma ben presto, nella grafia ufficiale diventa Noja, da cui il nome dei Nojani ancora in uso per i suoi abitanti.

Nel 1862 il Consiglio Comunale decide di cambiare il nome di Noja in Noicattaro, prestando fede ad una presunta antica tradizione locale, che voleva il paese fondato da una colonia di profughi di Cattaro insediatasi sulla costa Nojana di Torre Pelosa.

I riti della Settimana Santa

I riti della settimana Santa Nojana presentano i segni della religiosità medievale e si possono mettere in relazione al movimento dei “flagellanti”, o “battuti”, che dall’Umbria e dalla Toscana si diffusero anche nelle regioni meridionali.

Non ci sono testimonianze storiche precise che possano avvalorare questa ipotesi.

Probabilmente Benedetto degli Acciaioli de Florentia, divenuto Conte di Noja nel 1320, avrebbe introdotto a Noicattaro riti e usanze della natia Firenze, fondando anche una Congregazione in una chiesa oggi demolita.

In questi riti sono evidenti la teatralità è la fastosità delle processioni, le movenze dei portatori di statue, l’intento di espiazione individuale e collettiva, la partecipazione corale della popolazione nei vari ruoli.

Durante la dominazione spagnola e soprattutto nel XVII secolola Settimana Santa  Nojana cominciò ad avere tutta quella ricchezza rituale che è arrivata fino aigiorni nostri.

La sede dell’Arciconfraternita della Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo è la chiesa della Madonna della Lama, in cui si organizzano tutti i riti della Settimana Santa.

Le processioni

Al passaggio del primo crocifero il paese si illumina del riverbero di ceri votivi rossi.

Ogni porta, ogni finestra esprime con il guizzare di tante fiammelle la partecipazione delle case al Mesto cerimoniale.

Spenta la pubblica illuminazione, le strade, gli archi, i campanili antichi assumono toni gravi e solenni.

La “Naca” (parola che nel gergo paesano indica la culla) è il sarcofago di Cristo, che si muove nel silenzio interrotto dallo strascico delle catene degli ottantacinque Crociferi e dalle preghiere delle donne che seguono la lunghissima processione.

Il momento di più intensa suggestione si crea quando,appena qualche ora dopo le due di notte, l’Addolorata portata ad altezza d’uomo “cerca il Figlio”. Viene seguitada un mare di folla di fedeli. L’onore di accompagnare la Madre Dolorosa è concesso solo a trentatré Crociferi tanti quanti gli anni di Cristo.

La terza processione viene detta dei Misteri, perché rappresenta i personaggi e le tappe della Via Crucis: si snoda, solenne, nel primo pomeriggio del Sabato.

E’ la più faticosa, specialmente per i Crociferi che, nelle lunghe soste, reggono la croce, senza poterla mai appoggiare. Al rientro di queste statue nelle loro teche, dagli altari si rimuovono i panni funebri e si accendono le torce in preparazione al “Gloria”.

Il Crocifero

Il Falò, costituito da un’enorme catasta di legno (offerta dai contadini), si accende nello spiazzo antistante la chiesa della Madonna della Lama, alle ore 20:00 del Giovedì Santo. Questo rito ricorda San Pietro mentre, fuori dal Pretorio, rinnega il suo Signore. Un drappo funebre di velluto nero e frangia dorata viene esposto nella piazza, un tamburo con lugubre cadenza annuncia la condanna a morte.

A questo punto il Crocifero, figura emblematica della Settimana Santa Nojana, veste un saio nero, con un cappuccio si copre il volto e il capo, porta una corona di spine, trascina al piede scalzo una catena di ferro, prende sulle spalle una pesante Croce di legno.

Esce dalla Chiesa della Madonna della Lama nel buio della sera: a differenza degli altri,che dopo di lui, ad uno ad uno intraprenderanno per l’intera nottata del Giovedì santo la faticosa penitenza per il precetto Pasquale,egli è circondato da una folla di ragazzi con le fiaccole e “i trozzue” (raganelle di legno). Il fracasso rievoca lo scherno al quale fu sottoposto Gesù.

Nel più rigoroso silenzio, va di chiesa in chiesa. Sul portale, ad ogni sosta, depone il suo grave fardello per essere libero di flagellarsi con la catena che gli ha impacciato il passo ed ha torturato la caviglia. Attraversa in ginocchio la navata centrale, fino all’altare, dove l’Ostia, chiusa nel Ciborio, celebra l’istituzione dell’Eucarestia, “u S-bbulcr” (il Sepolcro) si diceva anticamente.

Segue un’intervista a Cristiano Marti, fondatore della “Giazira scritture” (casa editrice Nojana),giornalista e scrittore che si occupa di editoria e marketing editoriale, grazie al quale ho potuto scrivere questo articolo e che gentilmente mi ha donato il suo libro “La Settimana Santa a Noicattaro Voci e immagini!” edito dalla Giazira Scritture. Il libro contiene, oltre ad interviste di Cristiano Marti, anche delle suggestive immagini in bianco e nero scattate dal fotografo Nico Lozupone (autore di reportage in giro per il Mondo) .

I suoi racconti, le sue esperienze e gli aneddoti che mi ha trasferito hanno fatto comprendere al meglio questa tradizione che, con il tempo, sta assumendo notorietà anche al difuori dei confini nazionali.

Gli anni scorsi ho potuto assistere un paio di volte a tutti i riti della Settimana Santa Nojana.Un consiglio per i lettori è quello di prendere parte a questa esperienza sia in termini religiosi sia per conoscere le tradizioni e i costumi di questa ridente cittadina dell’Hinterland barese. Di seguito il programma della Settimana Santa:

Perchè i crociferi sono coperti dal cappuccio?

Si tratta di anonimato, perché tutti sono uguali, il Primo crocifero è colui che simboleggia Gesù Cristo all’inizio del suo calvario. L’irriconoscibilità sta nel fatto che non si deve far vedere chi “si nasconde” dietro il cappuccio per umiltà.

Ma chi si nasconde, realmente, dietro il cappuccio?

Sono fedeli, cittadini Nojani di tutte le estrazioni. E’ un privilegio essere uno dei Crociferi e ancor di più essere il Primo Crocifero. Pensa che esistono liste di attesa lunghe anni per essere il primo ad uscire con la Croce.

Quali motivazioni spingono ad essere un Crocifero?

Sicuramente ognuno ha una sua esclusiva motivazione magari può essere un “voto” fatto alla Madonna, oppure una tradizione di famiglia, ecc… ma alla base c’è una religiosità non gridata e allo stesso tempo molto sentita.

Quali sono i retroscena della vestizione?

La vestizione sembra un atto medievale e suggestivo, tutti i preparativi avvengono un anno prima, ciò che lavora dietro i riti della settimana santa è una macchina ormai ben collaudata nei riti, nei tempi e modi.

Dentro la Chiesa della Madonna della Lama alle spalle dell’altare, saliti dei gradini,si entrain un locale, è qui che avviene la vestizione del Primo Crocifero.Sembra di essere davanti a delle reliquie, tutto è fatto in silenzio con molta partecipazione, un’esperienza molto particolare e suggestiva.

A quando risalgono i riti?

L’ipotesi è che risalgano al ‘700 grazie ad un fedele spagnolo, al di là di tutto ciò, il fatto davvero suggestivo è che sembra non abbiano un tempo,poichè sono rimasti inalterati nel corso dei secoli.

In questi giorni l’intero paese diventa UN TEATRO A CIELO APERTO. Religione e laicità si fondono in una sola cosa e il sentimento dominante è di rispetto e partecipazione corale.

Perchéindossano un saio nero?

A questa domanda non mi hanno dato una risposta, però ti posso dire che il nero è il colore della notte, del buio. Inoltre, nei paesi occidentali, viene associato al lutto. E’ una forma di rispetto.

Perché bisogna assistere almeno una volta a questi riti?

La Settimana Santa è il modo migliore e unico per conoscere Noicattaro.

Il paese è già famoso per essere considerato la “Capitale dell’uva da tavola” tanto da esportare la maggior parte della produzione in buona parte dei mercati europei.

Ma Noicattaro non è solo questo e i riti della Settimana Santa ne sono un esempio.

L’arte delle sue numerose chiese e cappelle, dei palazzi e delle masserie con il bel centro storico fanno di Noicattaro una bellissima scoperta turistica a due passi dal capoluogo di regione.

Giulia Gentile

IL SAPORE DELLA VITTORIA

Questa volta il mio articolo parla anche di me.

Non voglio autocelebrarmi ma solo cercare di trasferire emozioni, sentimenti e tutto ciò che di positivo uno sport di squadra come il volley riesce a regalare a noi adolescenti e non solo.

Da diversi anni pratico la pallavolo, per vari motivi ho cambiato un paio di società, a partire da novembre 2021 faccio parte della prestigiosa NVG Joy Volley di Gioia del Colle.

Non potevo fare scelta migliore: lì ho trovato una dirigenza professionale, allenatori fantastici e un gruppo di nuove amiche.

La scorsa stagione abbiamo concluso il campionato territoriale di under 13 al primo posto, coppa alzata al cielo il 6 giugno 2022.

La stagione agonistica 2022/23 ci vedeva partecipanti al campionato under 14, con squadre delle province di Foggia, Bari e Barletta: l’impresa era ardua.

Cominciamo gli allenamenti a settembre tra impegni scolastici e familiari e qualche difficoltà logistica. Le prime partite del nostro girone vengono vinte con parziali di 3 set a 0, continuiamo così fino all’unica sconfitta, a gennaio, contro Santeramo; questo non pregiudica il primo posto nel girone e quindi la partecipazione alle fasi finali.

Iniziano i quarti di finale contro squadre sempre più forti e sempre in trasferta. Contro Capurso e poi Molfetta abbiamo giocato le partite decisive. Anche la finale, per il primo/secondo posto l’abbiamo giocata in trasferta a Castellana Grotte nel palazzetto dello sport e con il pubblico a sfavore.

Il giorno prima della partita: poche ore di sonno, tensione alle stelle ma consapevolezza di essere pronti.

9 marzo 2023: Finalmente il giorno della partita, si giocherà alle otto di sera, si partirà da Gioia del Colle direzione Castellana Grotte nel pomeriggio.

Il cuore inizia a battere sempre più forte, arriviamo davanti al palazzetto.

Entriamo con l’ansia per la finale ma con la sicurezza che i nostri allenatori ci hanno preparato al meglio: siamo pronte!!.

Nello spogliatoio, prima del riscaldamento, ci siamo incoraggiate a vicenda come una vera Squadra, non c’erano più individualità ma eravamo un tutt’uno.

Il riscaldamento è la fase in cui si riesce a capire le potenzialità dell’avversario:” Sono alla nostra altezza, ce la possiamo fare”.

Saluti abituali con gli avversari e l’arbitro, poi i nostri riti scaramantici e l’urlo iniziale per farci forza, mai come questa volta sentito.

Inizia la partita: si mette subito bene, siamo concentrate. Abbiamo vinto il primo set, inizia il secondo, anch’esso vinto senza troppi patemi d’animo.

Sentivamo le indicazioni dei nostri allenatori e il tifo dei sostenitori, che anche se pochi di rumore ne facevano davvero tanto.

L’ultimo set: siamo in netto vantaggio, arriva l’ultimo punto, sono io in battuta.

Gli otto secondi per la battuta mi sono sembrati infiniti, adrenalina, paura di sbagliare, voglia di vincere:” Riuscirò a mandarla dentro?”.

Sono quasi scaduti gli otto secondi, non c’è più tempo, devo battere: è andata dentro. E Angelica, questa sera nostro capitano, chiude il match con una schiacciata. Un’eruzione vulcanica di sentimenti incontrollabili, la realizzazione di un sogno, siamo Campionesse Territoriali per il secondo anno consecutivo.

In questo sport il fair play è fondamentale e quindi salutiamo e ci congratuliamo con le nostre avversarie valorose per la bella partita: loro, purtroppo, piangono per il dispiacere, noi per la gioia.

Baci, abbracci, pianti, si susseguono fino alla premiazione, la medaglia per tutte e la coppa alzata insieme.

Adesso le lacrime fanno spazio ai sorrisi.

I nostri genitori hanno organizzato un piccolo buffet con cibo e bevande (nel frattempo sono le 11 di sera) per rifocillarci.

Altra notte insonne, questa volta per la gioia.

La squadra vincitrice è composta per numero di maglia da: 2 Alice, 3 Gaia, 5 Anna, 6 Melissa, 7 Samira (cap), 8 Giulia, 11 Martina II, 14 Angelica (capitano), 15 Erica (cap), 17 Alessia, 18 Simona, 20 Lavinia e 21 Martina.

Allenatori: Loredana e Michele

Direttore sportivo: Claudio 

Ora alcune domande alle campionesse, agli allenatori e al dirigente.

  1. Qual era il tuo stato d’animo prima dell’inizio della partita?

 Rispondono all’unisono Anna, Melissa, Samira, Angelica, Erica, Alessia, Simona e Martina:“Avevo un po’ di ansia ma volevo giocare subito,anche l’adrenalina faceva la sua parte. La voglia di vincere era tantissima, ero molto concentrata sul raggiungimento dell’obiettivo”.

  • Cosa leggevi negli occhi delle tue compagne di squadra guardandole prima e durante la partita? 

Anna, Melissa, Samira, Angelica, Erica, Alessia, Simona e Martina:” Nei loro occhi vedevo un misto di emozioni: la paura, l’adrenalina, la felicità, ma soprattutto la grinta, la voglia di vincere (per portare a casa il risultato) e lo spirito di squadra che si è sentito moltissimo. Tutte queste emozioni si sono trasformate in carica e forza, quella forza che serve per affrontare i momenti di ansia, aiutandoci nella realizzazione del nostro obiettivo: il primo posto!”.

  • Quando hai capito che questa finale si poteva vincere?

Anna, Melissa, Samira, Angelica, Erica, Alessia, Simona:” Ho capito che avremmo potuto vincere già dal pre-partita, vedendo le nostre avversarie. Questa sicurezza cresceva sempre di più finchè non siamo arrivate agli ultimi punti del terzo set”.

Martina aggiunge:” Ho capito che si poteva vincere sia quando abbiamo vinto il primo set, perché mi sono accorta di tutte le potenzialità che noi, come squadra, avevamo. E anche a metà del terzo set quando loro stavano in netto svantaggio in confronto a noi”.

  • Descrivi in poche parole i tuoi stati d’animo quando l’arbitro ha fischiato la fine della partita.

Anna, Melissa, Erica, Alessia, Simona e Martina:” Non avevo ancora realizzato, ma ero emozionatissima e felice per questa vittoria meritata della fase territoriale”.

Aggiunge Samira:” Quando l’arbitro ha fischiato l’ultimo punto ho avvertito dentro di meun’esplosione di emozioni, tanto da piangere per felicità.”

E continua Angelica:” Non avevo capito cos’era successo e ho pensato all’estate quando, con le mie compagne, avevamo ipotizzato il raggiungimento di questo obiettivo. Ho esclamato:”Wow, ce l’abbiamo fatta!” Ero molto stupita e realizzata”.

  • Qual è stato il momento più emozionante della serata?

Anna, Melissa, Samira, Erica, Alessia, Simona e Martina:”Il momento più emozionante della serata è stato quando abbiamo alzato il trofeo tutti insieme, come SQUADRA, e abbiamo capito di avercela fatta per la seconda volta neanche in un anno. Un altro momento bellissimo è stato quando abbiamo festeggiato tutti insieme”.

Angelica puntualizza:”Quando i nostri sostenitori (genitori, parenti e amici) sono scesi dagli spalti ed erano contenti, orgogliosi e soddisfatti delle proprie ragazze”.

  • Cosa pensi ti rimanga della vittoria e di questa splendida stagione? 

Anna:” Ovviamente, mi rendo conto di essere migliorata, questo è un secondo traguardo raggiunto insieme alle mie compagne, spero di continuare così anche l’anno prossimo”.

Melissa:”Di certo dal punto di vista materiale medaglie e coppa. Ma le emozioni, le lacrime, la gioia e gli abbracci di quella sera non penso di riviverli ancora”.

Samira:” Mi rimarrà lo spirito di squadra vissuto quella sera”.

Angelica:” Noi prendiamo questa vittoria come un punto d’inizio per migliorare, è un passo avanti verso la nostra realizzazione, per arrivare più in alto nella nostra attività agonistica”.

Erica:” Sicuramente rimarrà la convinzione di avercela fatta, ma non dobbiamo mai fermarci e dobbiamo andare sempre avanti”.

Alessia:” Nel mio cuore resterà tutto, dalle sconfitte alle vittorie, dalle amicizie alle litigate, insomma tutto quello che ho vissuto assieme a loro”.

Simona:” Della vittoria e del campionato penso che mi rimarrà soprattutto la forza che, ad ogni punto, ma anche ad ogni errore, ci davamo a vicenda”.

Martina:” Mi rimarrà lo spirito di squadra, che in alcune partite si è sentito di più e in altre meno”.

Ai mister e al dirigente

  1. Qual era il tuo stato d’animo prima dell’inizio della partita?

Mister Loredana:” Prima della gara ero concentrata e allo stesso tempo speranzosa che in campo si portassero le indicazioni ricevute durante gli allenamenti di preparazione”.

Mister Michele:” Sinceramente, ero sereno, perché conoscevo il valore della squadra avversaria ma anche quello delle mie ragazze: ero convinto che avrebbero disputato una gara determinata e grintosa e che avrebbero ottenere il risultato sperato”.

Direttore Sportivo Claudio:” Ovviamente c’era tensione prima di un incontro importante, sapevamo di potercela fare, anche per la preparazione delle nostre ragazze”.

  • Cosa leggevi negli occhi delle tue atlete guardandole prima e durante la partita? 

Mister Loredana:” Entusiasmo, concentrazione, adrenalina, voglia di arrivare fino in fondo per alzare per la seconda volta quella meritata coppa”.

Mister Michele:” Negli occhi delle ragazze vedevo la gioia di stare in questo contesto, ovviamente per ragazze di 13 anni sono esperienze che fanno bene alla crescita. Avevamo già un vantaggio, ossia quello della prima vittoria del campionato U13”.

Direttore Sportivo Claudio:” Leggevo una sicurezza e una voglia di affermarsi, ci tenevamo tutti, siamo stati l’unica squadra che ha vinto tutte e tre le gare finali fuori casa”.

  • Quando hai capito che questa finale si poteva vincere?

Mister Loredana:” Quando ho visto che le ragazze in campo erano costantemente concentrate e “sul pezzo” e che con le loro doti tecniche tattiche e hanno messo costantemente in difficoltà le avversarie”.

Mister Michele:” Ho capito che avremmo vinto la finale dalla gara dei quarti contro il Capurso, perché si erano create complicità e sintonia tra dirigenti, allenatori e ragazze: ognuno sapeva perfettamente quali compiti che avrebbe dovuto portare a termine. Ero già convinto da tempo, ma ovviamente non potevo dirlo per scaramanzia”.

Dirigente Sportivo Claudio:” Ho capito che avremmo vinto già durante il riscaldamento, il nostro livello era superiore anche di categoria”.

  • Descrivi in poche parole i tuoi stati d’animo quando l’arbitro ha fischiato la fine della partita.

Mister Loredana:” Gioia, soddisfazione, fierezza”:

Mister Michele:” I miei stati d’animo non riesco ancora a trasmetterli alle persone che stanno vicino a me. L’unica occasione in cui, in questa stagione ho esultato, è stata la vittoria, in semifinale, contro Molfetta”.

Dirigente Sportivo Claudio:” Ero contentissimo, in un attimo ho ripercorso tutti i momenti belli di questa stagione, un’emozione unica e da brivido”.

  • Qual è stato il momento più emozionante della serata?

Mister Loredana:” Quando al fischio del 24esimo punto ho compreso che era fatta…con un divario enorme di parziale set e quando ci hanno dichiarato nuovamente campioni”.

Mister Michele:” Il momento più emozionante è stato quello della premiazione, dove tutte le ragazze hanno alzato la coppa al cielo. Sono momenti ai quali molti possono dare poca importanza solamente perchè non vengono vissuti. Io sostengo che vincere aiuta a vincere e a formarsi. Si riesce ad avere maggiore sicurezza, consapevolezza e affiatamento. Quando le ragazze hanno vinto è stato un momento emozionante”.

Dirigente Sportivo Claudio:” Quando abbiamo alzato la coppa tutti insieme, cosa che sarà difficile ripetere dopo due vincite consecutive”.

  • Cosa pensi ti rimanga della vittoria e di questa splendida stagione? 

Mister Loredana:” Della stagione il lavoro costante nonostante molte difficoltà logistiche, il vedere le ragazze crescere.

Della Vittoria: La Vittoria: Nike come la dea Greca…

La Bellezza del raggiungimento di un obiettivo”.

Mister Michele:” Ovviamente, per quanto mi riguarda, questo non è un momento di arrivo ma di partenza. Sarà un maggiore stimolo per le ragazze.

I traguardi che si raggiungono sono sempre un modo per poter guardare avanti e non fermarsi mai, sono piccoli passi della vita di ognuno di noi per raggiungere i propri obiettivi”.

Dirigente Sportivo Claudio:” Mi rimarrà tutto, le passioni, i sacrifici, i pianti, tutte le persone che ne fanno parte. Il merito va a tutti, dagli allenatori alla società”.

Queste meravigliose esperienze vissute con le mie nuove amiche stanno cementando rapporti interpersonali che vanno anche oltre l’ambito sportivo, siamo un bel gruppo e speriamo di condividere altri bei momenti insieme.

Queste avventure aiutano a crescere insieme e la condivisione di tutti i momenti non fanno altro che farci comprendere come l’impegno e la costanza sono binomio perfetto per raggiungere un obiettivo.

Giulia Gentile

La dolce Katia. Intervista a Katia Scalera.

Tra le donne del nostro quartiere intervistate in occasione della Giornata Internazionale della Donna c’è anche Katia Scalera, la pasticcera del Bar Moderno, l’unica e (per adesso) la prima pasticcera della famiglia da quando è stato creato questo mitico bar.

Il Bar Moderno è storico qui a Poggiofranco, ma non tutti i ragazzi della nostra età ne conoscono la storia. Ce la racconta?

Volentieri! I miei nonni possedevano una latteria sempre qui, a Poggiofranco, proprio vicino al nostro attuale bar: inizialmente vendevano solo latte, poi passarono anche alla vendita di frutta e verdura. Ad un certo punto si trasferirono in un locale più grande, vicino alla latteria, proprio dove ora si trova il nostro bar.

Prima che nascesse la loro attività a Poggiofranco non c’era quasi niente, solo pascoli e qualche casa qua e là; mio nonno Giovanni avrebbe preferito aprire il bar in un altro quartiere, ma mia nonna Concetta fu più lungimirante di lui e insistette perché la loro creatura nascesse proprio a Poggiofranco, cioè in quella che sarebbe diventata una delle zone più popolose e attive della città. Dopo aver accettato di seguire le intuizioni della sua intraprendente moglie, mio nonno avrebbe chiamato la loro attività Bar Costantinopoli, perché questo nome gli ricordava le grandi imprese del passato; ma ancora una volta fu mia nonna la “mente” creatrice: fu lei infatti a volerlo chiamare Bar Moderno, perché pensava già al futuro, ossia alla modernità.  Pian piano loro attività è cresciuta e si è evoluta fino a diventare una vera e propria istituzione, tant’è vero che il 13 dicembre 2021 abbiamo ottenuto la targa di “bar storico”. Comunque io sono stata l’unica donna ad aver messo le “mani in pasta”.

Quando era piccola e le chiedevano cosa avrebbe voluto fare da grande, cosa rispondeva?

“Di tutto! Non era nei miei progetti fare la pasticcera, volevo diventare insegnante. Dopo la scuola media ho frequentato il liceo scientifico, mi sono maturata e ho iniziato a studiare all’università Scienze dell’Educazione. Ma mi sono resa conto che avevo talento in tutt’altro campo e perciò ho deciso di mollare tutto per diventare quello che sono oggi”. Naturalmente ho ripreso a studiare, ho frequentato corsi importanti (lo faccio tuttora) e mi sono dedicata anima e corpo al mio sogno.

Ha incontrato problemi nel suo percorso lavorativo? Quali?

“Ci sono stati dei momenti nei quali abbiamo pensato di non farcela, soprattutto durante il periodo del covid, che per noi è stato uno dei più difficili da superare. E sono stati quelli i momenti in cui “sono entrata in gioco” come imprenditrice più che come pasticcera. Anche per alcuni progetti che consideravo troppo ardui e rischiosi ho temuto di non essere all’altezza, però quando qualcuno ama il proprio lavoro cerca di dare il massimo per poi sentirsi realizzato e contento.

Nel suo lavoro si è ispirata e si ispira a qualcuno in particolare?

 “Sì, sono tanti quelli dai quali ho tratto ispirazione e ai quali continuo a ispirarmi: Iginio Massari e la figlia Debora, per fare due nomi illutìstri, ma anche altri pasticceri meno noti; quando non lavoro in pasticceria ho la possibilità di interfacciarmi con chiunque sia pronto a consigliarmi”.

Come si svolge la vita da pasticcera? Ci sono più pasticceri uomini o donne? C’è rivalità tra le donne pasticcere o riuscite ad essere solidali?

“Vivo alla giornata, mi organizzo giorno per giorno, perché il lavoro è complicato anche se fattibile.

Essendo mamma, mi sveglio molto presto .Quando sono libera, dedico la maggior parte del tempo ai miei figli; se invece nel pomeriggio devo lavorare, chiedo aiuto ai miei parenti oppure agli amici.

Le donne che lavorano non si riposano mai, ma se ti appassiona quello che fai senti meno la fatica.

Per quanto riguarda la rivalità, beh sì, in questo mestiere ce n’è tanta: da un po’ di tempo sembra di far parte di uno “show” in cui ognuno vuole dimostrare di saper fare chissà cosa, quando magari non sa fare effettivamente ciò di cui si vanta.

Noi abbiamo un bell’ambiente, ho inserito un paio di ragazze per dare una marcia in più alla nostra azienda”

Ha sempre amato fare dolci? Da cosa ha avuto origine la sua passione?

“Sì, sono sempre stata un’appassionata. Sono nata tra il cioccolato, la panna, la farina e lo zucchero, la pasticceria fa parte della mia famiglia da sempre”.

Qual è il suo dolce preferito da mangiare e da preparare?

 “Non ho un dolce preferito, a me piace sperimentare: ci sono periodi in cui mi specializzo e seguo corsi per migliorare tecnicamente le mie preparazioni (come quelli per realizzare al meglio i grandi lievitati, per esempio il panettone), ma ce ne sono altri in cui mi cimento nel creare nuovi dolci e sperimentare nuove creme.”

Sappiamo che lei prepara dolci molto belli oltre che buoni. Qual è il tipo di cliente che li acquista?

 “La clientela è molto varia, dipende dall’occasione: si va dai dolci per festeggiare i compleanni dei bimbi ai dolci tipici della tradizione, dolci che a i bambini non piacciono più”

Si è mai sentita discriminata per il fatto di essere donna? Se sì come ha reagito?

 “Si, all’inizio soprattutto: ero giovane e donna, per cui i fornitori mi trattavano con sufficienza, come se non fossi all’altezza; molte volte non mi chiedevano nemmeno di cosa avessi bisogno, non mi prendevano sul serio, e questo mi faceva letteralmente infuriare. Poi però li ho affrontati pretendendo che mi guardassero negli occhi quando trattavano con me.”

Ha avuto e ha un motto che le dà coraggio nei momenti difficili?

 “Dai Katia, ce la puoi fare! Io penso di non essere mai abbastanza: anche se tutti mi incoraggiano dicendomi che sono brava, spesso non ne sono così sicura, quasi non ci credo. Per questo ho bisogno di ripetermi che ce la posso fare.

 A quale immagine vorrebbe che la gente associasse la sua pasticceria?

“Alla qualità: la qualità delle materie prime, del lavoro, dei dipendenti, dei prodotti… Per me la qualità è più importante di tutto il resto, della forma, dell’estetica…”

Giulia Gentile, Mattia Di Marzo

Via Ferrante Aporti, 3 Milano – BINARIO 21

In occasione della giornata della Memoria di questo nuovo anno 2023 desideravo intervistare la Sen.ce Liliana Segre, una delle ultime sopravvissute italiane al campo di concentramento di Auschwitz. Purtroppo la risposta della responsabile della segreteria della senatrice, Dott. ssa Gargiulo, è stata la seguente: “La senatrice, Liliana Segre, mi prega di ringraziare lei e, suo tramite, la redazione del Web Magazine. Teme tuttavia di non poter dare seguito alla proposta d’intervista. In questo periodo la Senatrice è assediata da centinaia di proposte che non riesce a soddisfare. Sente l’età ed è molto affaticata. Ha declinato gli inviti pervenuti da quasi tutte le testate giornalistiche, i programmi di approfondimento dei principali canali televisivi, radiofonici, piattaforme varie, quindi temo che non potrà accogliere la vostra gentile richiesta. Nel caso, sono certa che capirà.

Con i migliori saluti.

La Responsabile della segreteria della Senatrice Liliana Segre”.

A differenza di altre interviste che ho fatto, le domande che avrei voluto porre erano centinaia. Ad alcune di queste ho cercato di darmi delle risposte … invano. Perché quello che è successo non è immaginabile da un essere umano che non ha vissuto ciò che alcuni  hanno subito. Ho letto tante cose, ho visto film, video che riguardano l’Olocausto e non riesco ancora a dare una risposta del perché e come un essere umano abbia potuto fare tutto ciò ad un altro essere umano.

Perché il titolo “Via Ferrante Aporti, 3 Milano – BINARIO 21?”

Questo è l’indirizzo laterale della stazione centrale di Milano da dove molti ebrei italiani sono stati deportati ai campi di sterminio. Strano questo Binario 21, si trova sotto la stazione, a piano stradale. Già questa è un’anomalia. I vagoni dei treni della deportazione, una volta stipati di esseri umani, venivano uno ad uno sollevati fino ai binari principali.  Cosa strana fare tutta questa operazione su un lato non visibile della stazione, mi viene da pensare che gli aguzzini erano consapevoli di commettere un crimine. Cattiveria spietata, sapendo di essere nel torto.

Veniamo a Liliana Segre. Una cosa che mi ha colpito è stato il racconto di quando lei, con alcuni suoi familiari, ha tentato la fuga in Svizzera. Anche qui, nonostante la risaputa neutralità della Svizzera, un essere umano (o meglio, disumano) in questo caso una guardia confinaria di quel paese: “ci rimandò indietro: quell’uomo, quel giorno, ha condannato quattro persone, che poi furono tre perché io sono qui. Lui, fu lui, che applicò la REGOLA e decise di non far finta di non vedere, non decise con la sua testa, “obbedì all’ordine” dice Liliana Segre in una testimonianza. La sera stessa vennero rimandati in Italia e incarcerati a Varese. Lei aveva tredici anni, la mia stessa età. Lei a tredici anni è stata privata di ciò che di più caro un uomo ha: la LIBERTA’. Faccio il parallelo con la mia vita e mi rendo conto della mia fortuna …

Questo è solo l’inizio di ciò che ha passato Liliana. Sempre nella stessa testimonianza, mi ha fatto una certa impressione il suo silenzio nel momento in cui le è stato chiesto di commentare il “mistero delle ragioni per le quali i nazisti perpetrarono crudeltà così efferate … NESSUNA RAGIONE”. Senza NESSUNA RAGIONE, dunque venne portata a Milano in un altro carcere. Speranza e disperazione prima del trasferimento. Seicento alla volta … la precisione nazista, seicentocinque, nel caso di Liliana. Ne tornarono solo 20.

Per uscire dal carcere attraversarono altre celle, dove vide i detenuti comuni “affacciati dalle loro celle e furono uomini straordinari capaci di pietà, non avevano nulla, ma erano ricchi di questo sentimento  … PIETA’, pietà per altri uomini e per altre donne ai quali gridarono incoraggiamenti, benedizioni e diedero loro quello che avevano, pane, cioccolato, sciarpe … gli ultimi UOMINI che vide prima della deportazione. Ci volle un altro anno prima di rivedere altri UOMINI, gli altri erano tutti MOSTRI. Con i camion arrivarono “nel ventre nero” di quella stazione di Milano, nel buio totale, fari, latrati, urla, fischi. Vennero caricati nei vagoni bestiame chiusi e sprangati dai soldati dell’SS. 

E poi la partenza dal Binario 21. Dopo, venne la prigionia con le atrocità del lager. 

Esseri disumani contro esseri umani inermi. Oggi dobbiamo solo ricordare, mai dimenticare di cosa può essere capace un essere umano. 

Grazie a persone come Liliana,  non solo il 27 gennaio, dobbiamo fare in modo che tutto questo non accada mai più. 

Mai più INDIFFERENZA, la parola da cui ha sempre iniziato le sue testimonianze Liliana Segre e che campeggia su un muro a uno degli ingressi del Memoriale della Shoah di Milano.

Muro dei nomi.

Giulia Gentile

INTERVISTA A FERDINANDO NAPOLI DI EDILPORTALE

Mossa dall’intenzione di intervistare imprenditori baresi che si sono distinti per innovazione e lungimiranza, mi sono imbattuta in diverse imprese innovative, alcune  sturt-up, altre già consolidate anche a livello internazionale.

L’intervista che segue riguarda una delle eccellenze che Bari può vantare e di cui il nostro territorio ha bisogno. Con questa intervista vorrei offrire degli spunti di riflessione a tutti i ragazzi che sono in procinto di intraprendere un nuovo percorso di studi, con la speranza che questo possa facilmente introdurli in ambienti lavorativi appaganti e stimolanti. 

Mi racconta in poche parole di cosa si occupa la sua azienda?

La mia azienda gestisce portali internet per l’edilizia, l’architettura, il design e l’arredamento.

Questi portali sono: edilportale.com, archiproducts.com, archiportale.com e archilovers.com. L’azienda, oltre a essere un punto di riferimento per tutti i lavoratori di questi settori, architettura, arredamento e design, è uno dei più grossi e-commerce internazionali di prodotti di arredo ed edilizia; per cui possiamo essere contattati sia dai lavoratori sia dalle aziende.

Com’è nata l’idea di fondare un’azienda del genere?

L’idea è nata nell’anno 2000 (anno in cui non esistevano social come google, facebook, ossia di un’epoca pioneristica per il web) allo scopo di creare uno strumento che desse un’utilità a tutti i progettisti, gli ingegneri e gli architetti, insomma a professionisti quali noi siamo. 

L’azienda è stata fondata da quattro ingegneri edili e architetti del Politecnico di Bari, che hanno ideato un modo per mettere online le informazioni sui prodotti in modo che fossero sempre ricercabili.

Il fatto di essere al sud Italia ha creato qualche ostacolo nel momento i cui dovevate iniziare? Se foste stati una start-up al nord Italia, quali dinamiche sarebbero cambiate? Avreste avuto opportunità in più?

Ci sono stati dei pro e contro: nel 2000 una start-up web del sud Italia aveva in un certo senso meno credito e fascino di una del nord, ma, allo stesso tempo, ha goduto anche di vantaggi grazie al fatto che è stato più facile e più economicamente sostenibile avere alte professionalità in un mercato come quello del sud Italia, dove queste professionalità avevano una domanda minore di quanta ce ne potesse essere altrove.

Nel tempo il fatto di essere a Bari è diventato un plus, un motivo di fascino- vantaggio. Una punta d’orgoglio questa, ogni volta che in seguito abbiamo sentito dire: “da Bari sono riusciti a fare tutto questo”.

Quanto il web può dare supporto ad attività quali quelle legate ad architettura, edilizia e marketing?

E’ la base del nostro lavoro, nel senso che per fare edilizia e architettura bisogna comunicare con il web attraverso la pubblicizzazione dei prodotti ossia rendere noto a chi progetta l’esistenza e le caratteristiche di alcuni progetti.

Visto che il settore dell’informatica è in continua evoluzione, immagino che siate sempre allerta rispetto ai segnali di novità che il mercato offre. Quali sono le prospettive di crescita e in quale direzione va la vostra azienda?

L’azienda comprende 160 dipendenti, con sedi a Bari e a Milano; la nostra prospettiva è quella di un ulteriore internazionalizzazione. Anche se il nostro portale è visibile in tutto il mondo siamo più seguiti in Europa, vorremmo, quindi, espanderci negli Stati Uniti, nel Regno Unito e nei paesi Asiatici.

In questi due anni e mezzo di pandemia come avete affrontato da un punto di vista pratico l’organizzazione del vostro lavoro?

Abbiamo fatto ricorso allo smart working e tutt’ora lo utilizziamo se si verifica un contagio. Essendo il nostro tipo di lavoro propenso all’uso di apparecchi informatici, è stato molto facile adattarsi alla nuova modalità.

Si parla tanto di metaverso, siete proiettati in questa nuova “dimensione”? Se sì, in che modo?

Il metaverso per noi non è una novità: infatti esiste fin dai tempi del web perché sono stati promossi i prodotti come second life cioè l’idea di avere degli universi paralleli in cui in modo virtuale esistano delle rappresentazioni di ciò che esiste nel mondo fisico. Soprattutto in ingegneria e in architetture si usa il metaverso per modellare tridimensionalmente un manufatto. Noi immaginiamo che in futuro il metaverso sia più simile a un multiverso, con n. metaversi ognuno caratteristico di un proprio ecosistema, dove ogni comunità possa realizzare un proprio metaverso vincente. Molto più interessanti sono le tematiche di intelligenza artificiale, applicate alla progettazione.

I rapporti interni tra voi e i dipendenti come sono? 

Viviamo un ambiente di lavoro invidiabile rispetto alla stragrande maggioranza delle aziende italiane ed europee. Da 22 anni attuiamo una politica di fair play assoluto nei confronti dei nostri dipendenti, non facciamo ricorso a espedienti come i modelli di lavoro in cui il lavoratore viene sottopagato. Crediamo di avere un clima aziendale molto favorevole soprattutto nel contesto del sul Italia, dove la media di aziende rispetto a queste tematiche non è quella del nord Italia.

Le figure professionali che voi ricercate, quale percorso di studio hanno svolto? Può dare un indirizzo a noi ragazzi?

Noi abbiamo diverse professionalità ossia ingegneri e architetti, anche i nostri giornalisti sono esperti di ingegneria e architettura e vengono da un percorso di studi che è quello di edilizia e architettura o design industriale. Oltre a loro abbiamo esperti di marketing e comunicazione digitale compreso il mondo di social media managment, dove abbiamo percorsi legati al mondo delle scienze della formazione. Abbiamo una quarantina di informatici che sono i nostri sviluppatori web.

Mi racconta due aneddoti, uno riguardo la fase di formazione dell’azienda quando eravate una start-up e un aneddoto simpatico che le è rimasto in mente.

Una cosa che raccontiamo spesso di quando siamo nati è che la prima idea di edilportale ci è venuta perché uno dei miei soci, Enzo, mentre eravamo a un master in Regno Unito, mi disse: <<ci possiamo inventare qualcosa per vendere le chianche>> (pavimentazione in pietra) che lui aveva in una villa rurale, gli risposi: <<esiste internet, possiamo scattare delle foto avere delle informazioni sul prodotto e mettendoci un prezzo potremmo provare a venderlo>>. Nel 2000 questa idea è stata dirompente, invece, adesso nel 2022 sembrerebbe un’idea banale.

Un aneddoto che fa sorridere sulla meridionalità è che Piero Gandini, una persona molto nota nel nostro campo, si è reso conto di tutto quello che avevamo fatto e ci disse: <<Mamma mia!! Pensate che avete fatto tutto questo stando a Bari, immaginatevi che cosa avreste potuto fare se foste stati a Milano!!>>.

Riesce a conciliare la vita privata con la vita lavorativa?

Sì, assolutamente sì.

Come immagina il futuro della sua azienda?

Immagino la mia azienda a livello più internazionale, più di quanto non lo sia già e probabilmente anche più orientata alla realizzazione di configurazioni virtuali, cioè fino oggi la maggior parte dei prodotti che noi promuoviamo, lo facciamo attraverso immagini, sempre di più questi prodotti avranno una “vita” tridimensionale.

Vi interfacciate con scuole e università del territorio per capire le tendenze future che possono ampliare la vostra visione? Per esempio avete idea delle richieste delle giovani generazioni?

In realtà sono le scuole che si rivolgono a noi per capire quali saranno le tendenze del futuro per formare i propri ragazzi in modo tale che abbiamo la possibilità di creare valore in un mondo che è molto competitivo e accelerato.

Molto spesso noi collaboriamo con le università in modo tale da aiutare a preparare i ragazzi per il mondo del lavoro.

Avrebbe mai pensato che la sua azienda potesse avere questo successo?

Quando si inizia un’attività imprenditoriale devi per forza pensare di avere successo investendo tempo, risorse per l’azienda.    

Grazie infinite per questa intervista, dottor Napoli.

Giulia Gentile

DRAGAIOLA PER UN GIORNO

(O FORSE PER SEMPRE…)

Questa volta il mio articolo nasce per caso. Il 2 di luglio di quest’anno ho assistito al Palio di Siena in televisione. Mi ha talmente incuriosita da voler approfondire tutti i suoi aspetti.

Coincidenza ha voluto che le mie vacanze estive si siano svolte proprio in Toscana, occasione per provare a contattare la Contrada vincitrice del Palio del 2 luglio: la Contrada del Drago.

Il 16 di luglio, dopo aver trovato i contatti corretti, ho inviato una mail alla Cancelliera della Contrada, la dottoressa Elena Paccagnini, chiedendole di poter intervistare il Capitano, il dottor Jacopo Gotti, allo scopo di approfondire storia, segreti e costumi del Drago.

La Cancelliera in pochissimo tempo mi ha risposto affermativamente: il 3 agosto sarei stata ricevuta dal Provicario, il Dottor Giovanni Molteni, e avrei intervistato il Capitano Vittorioso.

Ancora oggi non posso descrivere l’entusiasmo provato nell’essermi calata nei panni di una piccola Dragaiola.

Innanzitutto mi sono “preparata” all’intervista passeggiando per la contrada e visitando i suoi luoghi più significativi come la Chiesa, i locali che ospitano gli oggetti delle rappresentazioni storiche (tamburi, bandiere, ecc…) e poi un vero e proprio museo con cimeli storici e tutti i costumi che vengono utilizzati nelle cerimonie ufficiali. Mi è piaciuta in modo particolare la grandissima sala dove sono esposti i numerosissimi Palii vinti dalla Contrada.

Poi, finalmente, da provetta giornalista, ho rivolto le mie domande a Jacopo Gotti:

Che emozioni prova un contradaiolo a vincere il Palio?

Per un contradaiolo senese la contrada è la vita, intesa come la nascita e la morte: vincere il Palio è tutto, è un’emozione fortissima, inspiegabile, che dura intatta fino al Palio successivo. Tutte le Contrade vivono questi momenti con un’intensità difficile da dire e in ogni caso sia la vittoria sia la sconfitta, con le loro emozioni positive e negative, fanno sempre parte della vita di un contradaiolo senese.

Lei, come dirigente della contrada del Drago, il 2 luglio quali stati d’animo ha provato prima della manifestazione e dopo, quando ha realizzato di aver vinto?

E’ stato un Palio particolare (cavalli e fantini che si sono dovuti ritirare per problemi fisici, numero ridotto di contrade al “canapo” della partenza, ecc…), però, dalla posizione in cui ero io, ho avvertito subito la sensazione di aver vinto, nonostante il cavallo e il fantino della Torre fossero vicinissimi a noi. E’ stata un’emozione grandissima, anche perché questa è stata la prima volta che ho ricoperto il ruolo di Capitano e non accade di frequente che si vinca proprio all’esordio! Abbracci, strette di mano, i contradaioli festanti che mi raggiungevano per ritirare il Palio: questi sono i flash che mi tornano in mente e che custodisco di quei momenti.

Durante le prove, ha pensato che la sua contrada avrebbe potuto vincere? Se sì, quali sono stati i segnali positivi?

Quando è arrivato in Contrada il fantino, Giovanni Atzeni detto Tittia, ci ho sperato, anche perché ho notato che l’intesa tra lui e il nostro cavallo era perfetta. Mi sentivo sereno. Quando in altre occasioni, non da capitano ma da mangino (cioè aiutante del capitano), mi era capitato di vincere, avevo provato la stessa serenità: sono sensazioni straordinarie e indicibili. Nel periodo che precede la “contesa” sono tante le preoccupazioni e i pensieri: nel palio tutto deve andare bene e anche la fortuna non deve mancare, perchè le variabili sono tantissime. Ma noi ce le mettiamo tutta per vincere.

Quali sono i rapporti tra i contradaioli al di fuori del palio?

Siena è un “paesone”, una città molto piccola, quindi ci conosciamo tutti, tramite le scuole, gli sport, la vita sociale, ecc… Quindi i rapporti sono sempre buoni.

Poi ci sono quattro giorni all’anno (cioè quelli in cui si svolgono i Palii) durante i quali ognuno si “chiude” nel proprio gruppo di amici contradaioli “contro” i rivali; finita la corsa si ritorna all’armonia di sempre.

Come si chiama il cavallo che ha corso il palio del 2 luglio, qual è la sua storia?

Il cavallo si chiama Zio Frac. E’ un cavallo esordiente, ma nelle prove fatte durante l’anno aveva dimostrato di essere un cavallo che cresceva agonisticamente più degli altri, tanto che tutti i fantini delle Contrade avrebbero voluto cavalcarlo. Pertanto, si è dimostrato uno dei cavalli favoriti. Quando la sorte ce lo ha assegnato, dentro di me mi sono sentito estremamente contento, perché il connubio fantino/cavallo era davvero perfetto

Di quale preparazione necessitano il cavallo e il fantino che corrono il palio?

Spesso i cavalli vengono allenati dai fantini stessi, ma possono anche essere preparati dai propri allenatori; il training comincia a dicembre e continua assiduamente fino al giorno della tratta, quando cioè i cavalli vengono assegnati alle varie Contrade, che poi li gestiscono direttamente. Viene eseguita una scrematura tra 140 cavalli e se ne scelgono 35, che vengono ulteriormente selezionati per eventuali problemi fisici. Successivamente, i capitani scelgono 10 cavalli che poi la sorte affida ad ogni contrada. I fantini, invece, da veri professionisti, hanno il proprio preparatore atletico e alcuni persino un mental coach. Attualmente si allenano a partire dai primi di gennaio, mentre in passato montavano cavalli da corsa solo durante il Palio e l’allenamento era completamente diverso.

Per quale contrada fa il tifo quando non partecipa il Drago?

Se fai parte di una contrada, vieni battezzato e inserito in un contesto in cui rimani per tutta la vita e che diventa la tua famiglia. Non è come per le squadre di calcio: non “tifi” per la tua contrada, ma appartieni a quella contrada, sei uno dei suoi figli. E anche quando non corri, vivi il Palio all’interno della tua famiglia ed è sempre una festa; ti dispiace solo che non hai potuto correre per sorte o per regolamento. Ti faccio un esempio: se non vince la mia contrada, al limite posso essere contento se vince quella di mia moglie… ma anche no!

Si parla tanto della qualità della vita dei cavalli del Palio; lei cosa vuole dire a chi critica il loro impiego? Quando finiscono la loro attività, dove vanno?

I cavalli “congedati” vengono tenuti a vita dai loro proprietari; per quelli che si ammalano o presentano dei problemi fisici è stato creato un pensionato a Radicondoli (in provincia di Siena), dove ciascuno di loro viene accudito dal suo proprietario in modo eccellente, ricevendo tutte le cure possibili ed essendo libero di scorrazzare nei recinti esterni. Il cavallo, a Siena, è considerato come un figlio.

Ci sono contradaioli della mia età che prendono parte attiva al palio? Se sì, che ruolo hanno?

I contradaioli alla tua età fanno parte del “gruppo giovani”: assistono da un palco dedicato alle prove e a tutte le fasi di preparazione prima del palio, per potersi rendere conto delle difficoltà e dei sacrifici ma anche della passione e dell’energia necessari. Da piccoli, inoltre, si preparano a fare i tamburini o gli alfieri. Per ricoprire una carica più specifica bisogna avere più di sedici anni.

Provi a convincermi a tifare per il Drago nelle prossime edizioni del Palio.

Secondo me non c’è nessuno che ti può convincere a parteggiare per una determinata Contrada. La scelta deve essere individuale, tra tutte le 17 contrade. Abbiamo, ad esempio, contradaioli del Drago che vivono in Francia, ad Avignone, e che ogni anno vengono a Siena durante il Palio per vivere la contrada, e questo loro attaccamento si tramanda di padre in figlio.

Ma tu ormai sei già una Dragaiola! Hai conosciuto la nostra gente, ti sei appassionata ai nostri luoghi, hai respirato la nostra aria. E allora… benvenuta! E non dimenticare il nostro motto: Il cor che m’arde divien fiamma in bocca.

Giulia Gentile

Ringraziamenti:

In primis la Dott.ssa Elena Paccagnini, senza la quale non avrei avuto la possibilità di entrare nella splendida Contrada del Drago; il Provicario, Dott. Molteni, che mi ha dedicato un intero pomeriggio raccontandomi nei dettagli la storia della Contrada e facendomi visitare tutti i suoi luoghi; il Capitano Vittorioso Dr. Jacopo Gotti che, nonostante gli impegni lavorativi, è riuscito a concedermi l’intervista rispondendo a tutte le mie domande.

MISSION IMPOSSIBLE

“INTERVISTA” A SUA MAESTA’ LA REGINA ELISABETTA II

Tra le interviste impossibili che avevo programmato per quest’anno c’era anche quella a Sua Maestà la regina Elisabetta II d’Inghilterra.

I primi giorni di marzo avevo preparato una serie di domande da rivolgerle: qualche volta, anche per poco tempo, vorrebbe essere una persona comune per poter fare quello che vuole? I sogni che aveva da ragazza si sono realizzati? Come trascorre la sua  giornata in assenza di impegni istituzionali?  Quale domanda avrebbe sempre voluto che le rivolgessero? Solo per dirne alcune…

Sul sito di Buckingham Palace c’è il protocollo ufficiale, con le indicazioni da seguire per rivolgersi a S.M.. e io, intenzionata ad raggiungere il mio ambizioso obiettivo, mi sono attenuta alle direttive indicate.

Il 19/03/2022, visto che non riuscivo a trovare un sito a cui inviare tutto il materiale preparato, sono mi sono recata all’Ufficio Postale del mio quartiere per spedire la mia lettera.

Il funzionario della posta stava inserendo i dati al computer – avevo richiesto la missiva con tracciabilità, per seguire il tragitto della mia lettera – quando a certo punto ha alzato lo sguardo, mi ha guardata, ha sorriso e mi ha detto: “Destinatario importante! Risponderà?”. Domanda, questa, che mi sono posta per qualche mese. Passavano i giorni, le settimane, i mesi e ogni tanto controllavo sul sito il percorso della mia lettera: in stato di lavorazione.

Avevo perso le speranze, anzi mi ero quasi dimenticata della mia “missione impossibile” quando, il  26/05/2022, al ritorno da scuola, abbiamo trovato nella cassetta della posta una lettera insolita per colore e peso.

Le scritte Royal Mail, Airmail e il simbolo della Regina non lasciavano dubbi.

Salita di corsa a casa con il cuore che mi batteva per l’emozione, ho aperto delicatamente la busta. All’interno ho trovato tre depliant che raccontano la Regina, i suoi hobby, la sua vita e il suo lavoro. In più una lettera con lo stemma del Windsor Castle (infatti la regina si era spostata da Buckingham Palace al Windsor Castle). Con mia grande sorpresa la lettera era scritta in parte a mano firmata dalla Dama di Compagnia della Regina, Jennifer Gordon-Lennox, la quale mi ha informata che la regina aveva apprezzato molto la mia lettera, ma era impossibilitata a rispondere personalmente. Nonostante non abbia potuto effettuare l’intervista, sono soddisfatta e contenta che qualcuno della Casa Reale mi abbia comunque risposto.

La mia “MISSION IMPOSSIBLE” in parte è riuscita, perchè ora S.M. (che da qualche giorno ha festeggiato i 70 anni di Regno) sa che qualcuno della scuola Zingarelli di Bari, in Italia, desiderava intervistarla.

Giulia Gentile

UN POMERIGGIO CON I GUASTATORI DELL’11° REGGIMENTO

Il 15 febbraio 2022, dopo la scuola, mi sono recata a Foggia per intervistare il Comandante dell’11° Reggimento Genio Guastatori.

Appena arrivata alla Caserma intitolata a Nicola Sernia (Maresciallo artificiere dell’Esercito, Medaglia d’Oro al Valor Militare), i militari in servizio all’ingresso mi hanno chiesto i documenti e mi hanno rilasciato il pass da ospite, che avrei dovuto tenere fino all’uscita.

Sono stata accolta dal Comandante, il Colonnello Simone Gatto, e dal Sottufficiale di Corpo Giovanni Soldano. Entrati nell’ufficio del Comandante, per prima cosa abbiamo salutato la Bandiera, custodita in una teca. Il Comandante me l’ha mostrata da vicino e mi ha spiegato il significato di tutti i vari componenti, dalle Onorificenze fino al Puntale che, della Bandiera, è l’elemento più importante. Successivamente, mi ha presentato la mia accompagnatrice: il Maresciallo Valentina Nocco.

Terminate le presentazioni, ci siamo recati al Circolo, dove ci aspettava un rinfresco. Nel corridoio campeggia la statua di Santa Barbara, protettrice dei Genieri.

Successivamente abbiamo iniziato la visita della caserma, in cui è presente anche un piccolo museo storico del Reggimento, che custodisce modellini di ponti e altri cimeli.

Al centro del giardino, molto ben curato, c’è un grande tavolo, nel quale è incastonato lo Stemma Araldico del Reggimento che, attraverso i suoi Simboli, rappresenta la storia e i luoghi vissuti dal Reparto.

Continuando il nostro giro, siamo andate a visitare le camere del personale femminile: ciò che mi ha impressionato sono stati la pulizia e l’ordine di ogni camera.

Successivamente ci siamo recate in un luogo molto speciale, dove gli artificieri maneggiano gli esplosivi e intervengono anche per disinnescare le bombe aeree inesplose della Seconda Guerra Mondiale, ritrovate dalla popolazione a seguito di scavi per costruire case o coltivare campi. Qui ho potuto osservare una delle tute protettive di 30 kg che utilizzano gli Artificieri. Sono rimasta affascinata da molti strumenti tecnologici, tra cui robot manovrabili in remoto, che fanno dei Genieri italiani i più preparati al mondo.

La caserma è autonoma in tutto e per tutto, visto che al suo interno sono presenti una cucina, una sala mensa, le camerate, le officine meccaniche, una palestra… in sintesi, si tratta di una piccola città.

Sono salita su vari mezzi che hanno diverse funzioni, tutti con una tecnologia all’avanguardia. Ho ammirato anche degli escavatori con catene montate sugli pneumatici; anche se oggi c’è il sole, mi dicono che sono pronti per eventuali nevicate.

Dopo il giro tra gli automezzi, sono passata alle interviste, prima al Maresciallo Valentina Nocco e successivamente al Comandante.

Maresciallo Nocco, cosa l’ha spinta a dedicarsi alla carriera militare?

Sicuramente una passione che sento mia fin da quando ero piccola; nel corso degli anni, poi, è questa è maturata diventando la consapevolezza di voler essere a capo di uomini e donne impegnati nel raggiungimento di un obiettivo nobile.

E’ un compito abbastanza delicato e a volte non semplice, ma di grande soddisfazione, soprattutto nel momento in cui i tuoi ragazzi riescono a raggiungere l’obiettivo prefissato. Quando si arriva lì, tutti i sacrifici che si sono fatti vengono ripagati. È un po’ la cornice della vita militare, perché, si sa, la vita militare è una vita piena di sacrifici e di soddisfazioni.

In un periodo storico in cui si parla tanto di parità di genere, ritiene che qeusta sia rispettata nel contesto militare?

Sì, alla fine io vesto la stessa mimetica che veste il Comandante di Reggimento, così come i miei colleghi.

Quello che ci distingue è che io ho lo chignon e loro hanno la barba, però tutti facciamo le stesse attività e rispettiamo le stesse regole.

Com’è la sua esperienza in questo e in altri reggimenti ai quali è stata in servizio? E’ stata sempre in questo reparto o anche in altri?

Sono stata anche in altri reparti e nelle scuole di formazione: ho frequentato la scuola sottufficiali a Viterbo, mentre a Capua ho seguito i primi moduli da VFP1 (volontari in ferma prefissata di un anno) infine sono stata all’11° Guastatori dove sono adesso e nel 31° Reggimento Carri.

Riesce a coltivare anche i suoi hobby, nonostante i molti impegni lavorativi?

Sì, certo. Terminato l’orario lavorativo, ho tutto il tempo per dedicarmi ai miei hobby. Sono una sportiva e stasera ho una partita con i miei colleghi.

Secondo lei, indossare un’uniforme militare diminuisce la femminilità?

No, anche se i capi di abbigliamento che indossiamo sono uguali per tutti, la femminilità viene conservata perché non dipende dall”involucro” ma dal modo che ogni donna ha di essere se stessa.

Ha mai preso parte a una missione di solidarietà?

No, per ora ancora no.

Quali sono state le emozioni del primo giorno, appena entrata in caserma?

Era quello che mi aspettavo perché, fondamentalmente, ho entrambi i genitori che indossano una divisa, diversa dalla mia. Diciamo che ho trovato quello che mi aspettavo, ovviamente passare dalla vita civile a quella militare non è facile, però se si ha la giusta determinazione si può riuscire a fare qualsiasi cosa.

Anche la lontananza da casa piuttosto che dagli amici o dai fidanzati/e non si sente.

Intervista al Comandante Col. Simone Gatto

Che tipo di attività svolge un reggimento guastatori, quindi l’11° Reggimento?

All’interno dell’Esercito ci sono forze dette di combattimento, come la Fanteria, e poi forze al supporto del combattimento; in questa seconda fattispecie, rientriamo noi del Genio, che siamo un’ arma specialistica e abbiamo tutte quelle capacità per supportare la popolazione in diverse situazioni di emergenza: durante le alluvioni, i terremoti e nella bonifica del territorio dai residuati bellici della Prima e della Seconda Guerra Mondiale.

Quindi, i vostri compiti quali sono?

Come ho accennato sopra, i nostri compiti sono diversi: il primo è quello di difendere la Patria e salvaguardare le Libere Istituzioni; il secondo, quello di supportare la popolazione in caso di pubbliche calamità.

Essere comandante implica un ruolo e un senso di responsabilità. Come si sente, sapendo che da Lei dipende la vita di esseri umani?

Essere comandante è un privilegio, ma anche una grande sfida e una responsabilità. Sono fiero di poter guidare uomini e donne al fine di salvaguardare la Patria e far rispettare i valori di questa Bandiera. Il Presidente della Repubblica, che è il Comandante Supremo delle Forze Armate, mi ha concesso questo compito che onoro ogni giorno con il mio impegno e la mia dedizione.

Che tipo di studi le ha consentito di intraprendere questa carriera?

Ho iniziato il mio percorso in Accademia Militare, che è la scuola dove si formano tutti gli Ufficiali. Successivamente ho proseguito presso la Scuola di Applicazione e mi sono specializzato .

Mi può spiegare il significato della bandiera che custodisce nel suo ufficio?

La Bandiera di Guerra del Reggimento è pluridecorata:

  • una Medaglia di Bronzo al Valor Militare per “essersi distinta nella battaglia di Novara” (23 Marzo 1849);
  • una Medaglia d’Argento al valore dell’Esercito, perché “accorreva prontamente nelle zone del Friuli devastate dalle scosse sismiche del 6 maggio 1976, impegnandosi con tenace e instancabile opera nel soccorso alle popolazioni duramente colpite. In condizioni di estrema difficoltà, provvedeva, con abnegazione e spirito di sacrificio, alle più urgenti demolizioni e a ristabilire la viabilità interrotta da frane. Contribuiva altresì con generoso slancio e risparmio di energie, alla sistemazione di tendopoli. Mirabile esempio di coesione e di umana solidarietà” ( Friuli 6 Maggio 1976-30 Aprile 1977);
  • una Medaglia di Bronzo al Valore Civile, perché “con altruistico slancio ed elevato senso del dovere, si prodigava nelle difficili operazioni di soccorso a popolazioni colpite da una violenta alluvione” (Veneto 4-28 novembre 1966).

Riesce ad avere tempo da dedicare alla sua famiglia?

Ho tempo da dedicare alla mia famiglia, ma mi sento altrettanto gratificato a vivere il mio Reggimento e la mia Caserma, perché questa è la mia seconda famiglia anzi, per molti aspetti e molto tempo, questa diventa la mia prima famiglia.

Era questa la professione che sognava di fare, quando era ragazzo?

Sicuramente volevo essere un militare, poi, per fortuna, sono anche diventato un Guastatore del Genio.

Consiglierebbe ai giovani di intraprendere la carriera militare?

Un ragazzo o una ragazza che vogliono intraprendere una carriera militare devono sapere che questa è una sfida e una conquista, perché dare tutto se stesso per difendere la Patria e per aiutare gli altri è il dono più bello che si possa avere. Quindi sì, lo consiglio.

Ha mai preso parte ad una missione di solidarietà?

Sì, abbiamo preso parte a tante missioni di solidarietà, sia in Italia che all’estero. Ad esempio, abbiamo supportato le popolazioni durante le alluvioni, penso a quelle sul Gargano, o dopo i terremoti, come quelli recenti verificatisi nel centro Italia.

Abbiamo anche collaborato con il Parco dell’Alta Murgia per la rimozione di oggetti fuori dal contesto ambientale, ridandogli luce e lustro.

Mi racconta un aneddoto divertente della sua carriera?

Essendo il Comandante, considero questa una professione appassionante: “mi diverto ogni giorno, perché se non mi divertissi non farei questo mestiere”.

LO STEMMA ARALDICO

È inquartato a croce di Sant’Andrea.

Il primo quarto è azzurro e riporta il silfio d’oro Reciso a Cirenaica a ricordo del valore dei Genieri dell’Ariete in Africa Settentrionale.

Il secondo è rosso e si riferisce alla città di Treviso (croce d’argento con due stelle di otto raggi) dove aveva sede l’11° Reggimento genio.

Il terzo azzurro con testa d’ariete in oro innestata su trave spezzata, simbolo della gloriosa omonima Divisione cui il Battaglione è particolarmente legato.

Il quarto è rosso con croce d’argento e stella d’azzurro a cinque raggi a ricordo della Battaglia di Novara, dove si distinse la 3^ Compagnia del Corpo reale del Genio, diventata poi la 7^ del 5° Reggimento Genio Minatori e successivamente 2^ compagnia dell’ 11° Reggimento Genio.

Al centro, domina uno scudetto d’argento con fascia rossa della città di Bolzano, dove la 132^ Compagnia è stata costituita nel 1939 dal primo Reggimento Genio.

Sormonta lo scudo la corona turrita dalla quale scendono i nastri indicativi delle ricompense al valore cui il Battaglione ha titolo di fregiarsi.

Sotto lo scudo, su lista bifida e svolazzante, il motto “Peritus et Audax” già dell’11° Reggimento Genio.

Giulia Gentile

INTERVISTA AL SINDACO DI AQUILEIA EMANUELE ZORINO

1) COME E’ NATA IN LEI LA PASSIONE PER LA POLITICA?

Per diversi motivi, soprattutto per l’amore che ho nei confronti del mio territorio, in particolar modo per Aquileia, città bellissima e molto importante per la sua storia, per il senso di comunità e delle sue origini.

La mia passione è nata ancor prima di diventare sindaco, poiché facevo parte di diverse realtà associative in favore della comunità. Partendo da tali realtà, in nome della nostra eredità culturale e delle potenzialità del nostro territorio è nata la passione che mi ha spinto a partecipare alla vita pubblica. 

2) DURANTE LA CERIMONIA D’INSEDIAMENTO, QUALI SONO STATI I SUOI STATI D’ANIMO?

Sicuramente la fortissima emozione, in particolare quando abbiamo saputo che saremmo stati noi, la Lista Civica, a guidare la città di Aquileia per cinque anni.

E’ stato come vivere un sogno, qualcosa che pensi non possa mai avverarsi e che poi diventa realtà. E tutto questo è stato possibile grazie ai moltissimi cittadini conosciuti durante la campagna elettorale avevamo conosciuto moltissimi cittadini e che successivamente hanno riposto in noi la loro fiducia.

3) AQUILEIA E’ UNA CITTADINA MOLTO FAMOSA PER LA SUA STORIA E PER I SUOI REPERTI. COME CI SI SENTE AD ESSERE IL SINDACO DI QUESTA CITTA’?

Aquileia ha una storia che dura da più di duemila anni: proprio per il fatto che sono consapevole della sua storia, è per me un onore ma anche una grande responsabilità guidarla verso scelte politiche importanti.

4) RECENTEMENTE SI E’ TENUTA LA RICORRENZA DEL CENTENARIO DEL MILITE IGNOTO. IL SUO COMUNE E’ STATO AL CENTRO DELL’ATTENZIONE DI TUTTA LA NAZIONE. MI PUO’ RACCONTARE QUALI SONO STATI I MOMENTI PIU’ IMPORTANTI E QUELLI CHE L’HANNO EMOZIONATA MAGGIORMENTE?

I momenti  importanti sono stati tanti; tra tutti mi ha molto emozionato la cerimonia durante la quale è stata ricordata la storia del Milite Ignoto, il soldato senza nome scelto da Maria Bergamas (Madre di tutte le madri d’Italia) i cui resti furono trasportati in treno dalla stazione di Aquileia, attraverso varie città, fino a Roma.

Altri momenti suggestivi sono stati la Messa dedicata a tutti i Caduti della Grande Guerra, che si è tenuta il 28 ottobre e che ha costituito un importante momento di riflessione sul valore della pace; l’inaugurazione, il 29 ottobre, del Cimitero degli Eroi recentemente restaurato; l’incontro con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che il 3 novembre è venuto ad Aquileia per onorare i dieci militi Ignoti e Maria Bergamas, sepolti proprio nel Cimitero degli Eroi. Alla manifestazione erano presenti i bambini delle scuole di Aquileia con le bandierine.

5) COM’E’ STATO L’INCONTRO CON IL PRESIDENTE DELLE REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA? QUALI SONO STATI GLI ARGOMENTI DI CUI AVETE PARLATO?

Durante la cerimonia si è tenuta la deposizione della corona al Cimitero degli Eroi; successivamente, in un clima amicale, abbiamo visitato la Basilica: il Presidente ha mostrato notevole interesse ed è rimasto affascinato dalla sua storia, tanto da confessarmi di voler ritornare presto ad Aquileia.

6) COSA PUO’ DIRE AI RAGAZZI DELLA MIA ETA’ RIGUARDO AI VALORI CHE IL MILITE IGNOTO HA ISPIRATO PER GENERAZIONI?

Sacrificare la propria vita per la collettività è un valore fondamentale. Si può fare in tanti modi, per esempio impegnandosi nel sociale, lavorando per aiutare gli altri e la società civile, attuando comportamenti che garantiscano a tutti noi la libertà. Libertà conquistata grazie a uomini che hanno immolato la loro vita per noi.

7) IN OCCASIONE DELLA RICORRENZA DEL CENTENARIO DEL MILITE IGNOTO , E’ STATA TRASMESSA DA RAI 1 LA FICTION “LA SCELTA DI MARIA”, NELLA QUALE LEI HA RICOPERTO IL RUOLO DI COMPARSA: COSA PUO’ DIRCI IN PROPOSITO?

Siamo venuti a conoscenza della possibilità di registrare questo film già nel mese di giugno 2021 e quindi abbiamo organizzato questo progetto in tempi brevissimi, con l’aiuto di tutta la comunità: il documento filmico di Rai fiction, infatti, rimarrà nella storia di Aquileia, dove si è svolta tutta la cerimonia del Milite Ignoto e dove per 20 giorni il cast si è sentito realmente nostro concittadino.

8) QUALI PROGETTI STORICO-CULTURALI HA INTENZIONE DI SVILUPPARE PER AQUILEIA NEL PROSSIMO FUTURO?

Intendo portare a compimento un progetto sul quale hanno già lavorato le precedenti amministrazioni, cioè la realizzazione di un parco archeologico. Naturalmente non si tratterà soltanto del parco, ma anche di tutto il contesto urbanistico e culturale della città.

9) CON QUALE SPOT PUBBLICITARIO POTREBBE INCENTIVARE NOI ADOLESCENTI A VISITARE AQUILEIA?


“Da Aquileia è passata la storia, qui si è fatta la storia” quindi un ragazzo, un bambino, un adolescente che vogliono capire l’Italia che viviamo, il territorio che viviamo non può non venire ad Aquileia: qui si comprende benissimo cosa siamo stati e cosa potremmo essere nel futuro. 

Giulia Gentile

L’INTERVISTA AL PRESIDENTE MATTARELLA … MANCATA PER POCO!

Era mia intenzione intervistare, tra gli altri, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Avevo preparato una decina di domande (es:” ho sentito dai vari tg, che a breve scadrà il Suo mandato e che Lei non ha intenzione di accettare un secondo incarico. Come mai questa Sua scelta?” Anche altre domande riguardanti le sfere più personali, come per esempio;” Quali sono i Suoi hobby?”).

Il 26/11/2021, alle ore 19:22, ho inviato alla mail del Quirinale la richiesta di poter intervistare il Presidente.

Poco dopo mi è arrivata la conferma che la mia richiesta è stata recapitata.

Sapevo già che l’impresa era quasi impossibile…quasi.

Passano i giorni e nessuna risposta.

Arriva il 15/12/2021 e al telefono di mio padre (numero fornito come recapito, non essendo io maggiorenne) arriva una chiamata da un numero di Roma alle ore 11,47, mio padre rifiuta (pensando fossero i soliti call center).

Stesso numero chiama un minuto dopo (11,48) e nuovamente mio padre non risponde.

Così avviene anche alle 12,18.

Si fa pomeriggio, ore 15,42, mio padre decide di rispondere al numero 06*****

Parla con l’Ufficio di Segreteria del Presidente (Direttore dott. Simone Guerrini)

Gli viene comunicato che:” il Presidente è dispiaciuto per non poter effettuare l’intervista, poichè a causa fine mandato gli impegni sono innumerevoli, però ringrazia sua figlia e ha espressamente richiesto di contattarla telefonicamente per scusarsi”.

Mio padre si intrattiene una decina di minuti chiarendo i motivi della richiesta.

Appena terminata la conversazione, mio padre mi contatta per comunicarmi quanto avvenuto.

“Peccato Sig. Presidente!!” Non importa, proverò nuovamente a intervistarLa, quando sarà Senatore a Vita.

“Grazie lo stesso per la Sua cortesia”.

Giulia Gentile