Telefono “sotto controllo”: sì o no?

Uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni è il controllo degli smartphone dei propri figli da parte dei genitori.

C’è chi sostiene che vadano costantemente controllati e chi sostiene invece che non vadano controllati affatto .

Io sono del parere che gli smartphone non vadano controllati se non in rare occasioni (ad esempio se si osserva che l’umore del proprio figlio è preoccupante e si teme che possa essere vittima , ad esempio, di cyber- bullismo) ma sempre (come sostiene l’associazione Mamamò) cercando di non violarne la privacy.

Molti sostengono che controllare lo smartphone possa servire per evitare che il figlio commetta atti illeciti o che frequenti persone che possano essere dannose per lui, ma io sono del parere che per evitare ciò sia necessario osservare il proprio figlio, trascorrere del tempo con lui, fare in modo che i suoi amici frequentino la casa di famiglia e magari guardare in faccia i suoi amici quando lo si accompagna da qualche parte: certo, controllare il telefono è rapido e veloce, ma non è efficace e sicuramente non è rispettoso del ragazzo, che, per quanto giovane, ha diritto di parlare con i propri amici senza che tutte le sue parole siano costantemente monitorate.

Penso che controllare lo smartphone del proprio figlio  possa opprimerlo pesatemente, al punto da costringerlo a cambiare la sua vita: il ragazzo non sarà più libero di comunicare con i propri amici liberamente riguardo cose di cui i genitori non sono a conoscenza, o che non condividerebbero, e si sentirà controllato a vista, preferendo in qualche caso a rinunciare a comunicare con i suoi coetanei.

Per noi ragazzi la vita virtuale fa parte della quotidianità e non si può vivere la quotidianità “sotto controllo”, soprattutto quando non si è più bambini: in  questo modo il ragazzo non sarà più libero di essere se stesso e di farsi conoscere per quello che è al di fuori della famiglia.

In aggiunta a quanto detto, il ragazzo potrebbe avvertire una mancanza di fiducia da parte dei genitori, se loro, anziché dialogare con lui, preferissero semplicemente “controllarlo”, e questo potrebbe portare qualsiasi ragazzo a mettere in discussione se stesso e la propria capacità di autoregolarsi.

Infine, nel caso in cui i genitori  prendessero (come spesso accade) il dispositivo del figlio segretamente, e lui se ne accorgesse, il ragazzo perderebbe la fiducia nei loro confronti, potrebbe vivrere stati ansiosi e sarebbe indotto a ritenere che le relazioni familiari non debbano basarsi sulla fiducia ma sull’inganno.

In conclusione sono del parere che i rapporti, soprattutto quelli significativi, debbano sempre basarsi sul dialogo e sul rispetto, mai sul controllo, neppure del telefono.

Luca Delle Grazie

L’amore non finisce. Buon compleanno Antonella

Il giorno 12 dicembre abbiamo assistito allo spettacolo Paolo e Francesca ipotesi semiseria di Daniela Baldassarra, organizzato dall’associazione AntoPaninabella OdV al liceo Salvemini di Bari per ricordare e festeggiare Antonella Diacono, che il giorno 8 dicembre avrebbe compiuto 19 anni. 

Antonella amava molto il teatro e recitava anche, e per questa ragione, ogni anno, l’associazione organizza uno spettacolo teatrale nel giorno del suo compleanno, affinché lei rimanga immortale nonostante non sia più con noi e, allo stesso tempo, affinché con il denaro raccolto possano essere finanziati dei progetti in favore dei ragazzi e del loro benessere. 

All’inizio dell’incontro ci è stato spiegato che quest’anno i soldi ricavati verranno destinati all’allestimento di biblioteche all’interno delle scuole, che contengano libri che abbiano come tema i sentimenti e le emozioni, così importanti perché noi ragazzi non ci sentiamo soli nel momento della difficoltà.

L’attrice Daniela Baldassarra si è esibita in un monologo durante il quale ha letto diversi canti dell’inferno di Dante, spiegandoli e poi parafrasandoli in chiave ironica.

Questo tipo di ironia, nonostante fosse difficile da comprendere per dei ragazzi della nostra età, ha seminato diversi spunti di riflessione che ci hanno fatto pensare molto.

E’ stato dato molto spazio al gitone dei lussuriosi, che riletto in chiave ironica è davvero molto divertente!! Accanto all’ironia, però, c’è stata sempre una lettura seria e profonda: ironia e saggezza, insomma, sono stati gli ingredienti della serata, che è volata via in un soffio.

In particolare ci ha colpito molto il confronto tra l’amore descritto da Dante e quello che intendiamo noi oggi: la donna nel Trecento era vista come un vero angelo del paradiso, oggi, invece, spesso come un oggetto di bellezza.                                                        

Pur provandoci, ha concluso Daniela Baldassarra, non riusciremo mai a dare una definizione precisa dell’amore, possiamo solo avvicinarci perché ”l’amore è come il cielo…diventa nero ma non finisce”.

Luca Delle Grazie, Livio Patruno, Michele Sviacovelli, Alessandro Tamma

NON SIAMO SOLI

Venerdì 11 novembre ho assistito ad un incontro speciale.

Abbiamo incontrato e dialogato con il signor Domenico Diacono, che la sofferenza l’ha provata sulla sua pelle. Domenico è, infatti, il papà di Antonella, una ragazza che faccio fatica a pensare sia morta alla mia stessa età. In seguito alla morte di Antonella, il signor Diacono, insieme a sua moglie, ha creato l’associazione Antopaninabella affinché non ci siano mai più altre Antonella in futuro.

Non ho ascoltato uno dei soliti discorsi: Domenico mi ha aperto gli occhi su come aiutare una persona.

Dopo l’incontro ho riflettuto a lungo su varie cose: tre frasi, e il viso di Domenico, sempre sorridente nonostante gli argomenti di cui parlava, che per lui è tanto doloroso.

La prima frase pronunciata dal signor Diacono che mi ha fatto riflettere molto è stata la seguente: ”Fatti avanti tu, non aspettare che siano gli altri a notare il tuo dolore“ . Ho condiviso appieno le parole di Domenico e ho pensato  a come spesso gli altri non pensino e non notino come stiamo interiormente. Ho pensato anche a come spesso una persona possa aver paura di ferire l’altra dicendole che ha notato il suo sconforto…

Un’altra frase che mi ha colpito, anche se apparentemente sembra contraddire la precedente: ”se vedete qualcuno che sta male e non fa il primo passo verso di voi , aiutatelo!”. Ho riflettuto anche su questa affermazione e sono arrivato alla conclusione che  prima di tutto dovremmo stare più attenti alla salute emotiva altrui e che se si nota che una persona a noi vicina sta male dobbiamo aiutarla , spesso accade infatti che le persone non hanno il coraggio  di parlare dei propri problemi con gli altri, e che abbiano bisogno di una spinta per affrontare i propri problemi .

La frase (o meglio il racconto) che però in assoluto mi ha colpito di più è stato questo:” tra le conversazioni che Antonella aveva con le sue amiche ne è stata trovata una nella quale Antonella spiegava alla amica che aveva voglia di piangere ottenendo come risposta dell’amica un “ma come tu che sorridi sempre !?“.

Questo racconto mi ha fatto pensare a come spesso il sorriso che abbiamo in faccia sia solo il frutto della società che ci obbliga a tenerlo su facendoci chiudere le emozioni vere nel profondo di noi stessi.

Dalla storia di Antonella e da questo racconto ho imparato che non possiamo mai essere certi di come si sente nel profondo chi abbiamo davanti, o con chi stiamo davvero parlando. Rivolgerci a qualcuno con parole cattive, pensando che tanto è forte e che le nostre parole non lo faranno stare male, è pericolosissimo perché le cose e le persone non sono sempre come appaiono.

Luca Delle Grazie

TUTTI SULLA STESSA ARCA

Martedì 4 novembre, nel quartiere Poggiofranco, precisamente in via Matteo Calvario 1, è stato inaugurato il centro diurno L’Arca di Noè ed io, come inviato del nostro giornale, ho avuto la possibilità di partecipare a quella che è stata una vera festa: insieme a molti bambini e adulti, erano presenti l’assessora Francesca Bottalico, la coordinatrice della struttura, Tommasa Campanella, e Vito Di Bari, il presidente della cooperativa “Voglia di Bene”, che si può dire abbia concepito l’iniziativa.

Il centro, ci hanno spiegato, si pone l’obiettivo di fornire assistenza a bambini e ragazzi appartenenti a  famiglie  che, per ragioni diverse, si trovano in condizioni di difficoltà: lì, infatti, questi  potranno essere aiutati a fare i compiti, ma potranno anche stare insieme, giocare, divertirsi  ed essere supportati se attraversano un momento difficile, cosa che, nell’adolescenza, accade spesso.

Il nome “L’arca di Noè “ non è casuale e evoca l’idea che insieme, grazie alla diversità di ognuno, ci si possa salvare, costruendo qualcosa di bello.

E infatti il centro, già ora è davvero bello!! Ho potuto visitarlo, accompagnato da due delle bambine che lo frequentano abitualmente.

Lo spazio, ampio e composto da diversi ambienti, tutti  nuovi, puliti e luminosi, è diviso in due zone dalla grande sala utilizzata per inaugurazioni, presentazioni , manifestazioni.

A sinistra di questa si trovano la direzione , due piccole aule di studio, e l’ausilioteca, dove una  psicologa offre il suo supporto a chi ne abbia bisogno.

Dall’altro  lato , invece , c’è un’ampia aula, che viene utilizzata sia come luogo per studiare e che come spazio per giocare, ballare, divertirsi.

Tutti gli ambienti sono abbelliti da decorazioni di vario genere: foto incorniciate di alcuni bambini , vari cartelloni colorati e alcuni  modellini di arche, che, oltre ad essere graziosi, sono anche molto significativi.

La cosa che mi ha colpito di più è stato un grande disegno appeso, recante la scritta Over the rainbow; il suo significato è stato per me subito evidente: l’Arca di Noè vuol essere un luogo nel quale si insegna ai bambini, ma anche ai ragazzi e agli adulti, che c’è sempre un arcobaleno e che le difficoltà si superano, e si superano più facilmente insieme, come se tutti stessimo nella stessa barca… o meglio nella stessa ARCA!!

Alcune persone hanno condiviso le loro esperienze: una donna ha raccontato di essere stata vittima di violenza da parte del marito, il quale, dopo la separazione, non l’ha più aiutata economicamente a mantenere i loro 5 figli. Come avrebbe fatto senza il supporto delle istituzioni?

La seconda parte del pomeriggio è stata dedicata alla presentazione dell’Albo illustrato “Prendi una lacrima”,  che presto sarà in vendita anche in libreria.

Erano presenti Angela Albanese e Domenico Diacono, i genitori di Antonella, in ricordo della quale hanno fondato l’Associazione Anto Paninabella OdV, che, come l’Arca di Noé, offre il suo supporto ai ragazzi che attraversano momenti di buio e di solitudine. E’ stato importante per me ascoltare due persone che, pur avendo vissuto un dramma, non si abbattono e mettono se stessi al servizio della comunità.

Le loro parole sono state molto significative: bisogna parlare dei problemi e delle difficoltà, non bisogna tenere tutto dentro, cosa che spesso noi adolescenti facciamo, credendo che nessuno ci capirà. Il pianto, hanno detto, non è qualcosa di cui vergognarci, “da femminucce”, come sentiamo dire fin da quando siamo bambini, ma fa parte di noi, la fragilità fa parte di noi e dobbiamo accoglierla finché, piano piano, diventerà qualcos’altro.

Luca Delle Grazie

“INTORNO A NOI”

Martedì 6 giugno, presso la libreria “Quintiliano”, ospiti della libraia del quartiere Marina Leo, gli alunni della 3C hanno avuto la possibilità di allestire una suggestiva mostra fotografica.

Questa ha rappresentato il momento conclusivo di un progetto nell’ambito del quale si sono cimentati a rappresentare, attraverso delle fotografie, alcuni degli aspetti più significativi della loro quotidianità.

Ad accompagnarli in questo “percorso” è stata la professoressa di Arte Anna Laudisa.

Dopo una breve introduzione sulla fotografia, a cura di un Carmelo Colelli, grafico e scrittore, e della professoressa Patrizia Sollecito, ogni ragazzo ha presentato i propri scatti, rendendoci partecipi della sua visione del mondo e del significato che attribuisce ai piccoli pezzi della quotidianità nella quale vive.

Tutte le fotografie sono davvero molto belle e significative: osservandole e ascoltando le parole dei giovani fotografi abbiamo potuto riflettere su come  un’immagine apparentemente semplice, o addirittura banale, possa invece dire tanto ed essere letta in molti modi  diversi, a seconda della storia e delle esperienze di chi la osserva.

Di seguito trovate alcuni scatti, che potrete ammirare dal vivo ancora per una settimana presso la libreria “Quintiliano”, in via Arcidiacono Giovanni 9 a Bari.

I biscotti:

Rebecca Fiore, immortalando i biscotti, ha voluto rappresentare il calore familiare e il valore delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione.

La Focaccia:

La focaccia, di Enrico Bottiglieri

il cibo che tutti noi baresi amiamo e che è più di un buon cibo, è il calore dell’appartenenza alla propria città.

Il Panificio di Cristian Ferrandina:

Il Panificio, di Christian Ferrandina

Immortalando uno scorcio di uno dei panifici più popolari della zona, il fotografo ha voluto poggiare lo sguardo sulla tradizione e l’amore, ingredienti grazie ai quali si possono fare imprese importanti e durature.

Le infermiere, di Roberta D’Alessandro

In questa foto si rende onore a chi, con umiltà e dedizione, soprattutto in questo periodo di pandemia, ha salvato  e salverà molte persone.

L’ ufficio :

L’Ufficio, di Giorgia Fanelli

Giorgia Fanelli. attravesro questa fotografia, ha voluto imprimere su carta la propria ammirazione verso il padre, il quale ha lottato per raggiungere il suo sogno, ovvero essere a capo di alcune aziende  meccaniche .

Alla conclusione del pomeriggio, i ragazzi hanno distribuito  dei bigliettini di cartoncino, con scritte sopra delle frasi che riassumono le sensazioni che provano ammirando i propri scatti. Vi riportiamo le parole che più ci hanno colpito:

Un mondo nuovo è possibile con l’aiuto di tutti

Passione lavoro amore e focaccia”    

Le cose più importanti sono le più semplici

Dolcezza  e divertimento

In conclusione dell’incontro, Carmelo Colelli ci ha mostrato la sua vecchia macchina fotografica  e alcuni suoi scatti e, soprattutto, ci ha dispensato dei preziosi consigli:

per scattare una foto davvero significativa bisogna trovare l’attimo giusto e fotografare non solo cercando di fare la foto “bella” ma di catturare l’emozione del momento.

Inoltre ci ha spiegato che per poter fotografare bene bisogna essere  creativi e competitivi, solo con noi stessi però, e solo al fine di spronarci a migliorare sempre  di più.

Luca Delle Grazie e Sara Medici

BANKSY AL TEATRO MARGHERITA DI BARI

Oggi , insieme ai miei compagni di classe, in occasione della tanto attesa gita dell’anno 2021-2022 , ho visitato la fantastica mostra di Banksy, al Teatro Margherita.

La mostra è allestita all’interno di uno spazio espositivo tutto nero, organizzato in piccoli ambienti dalla struttura che mi ha ricordato un piccolo labirinto.

Le opere sono posizionate in vari modi ma ciascuna in giusta evidenza: alcune affiancate da grandi fotografie che le ritraggono sul muro della città nella quale sono comparse per la prima volta.

Ogni opera (o quasi?)  è corredata da una didascalia che ne spiega il significato e ne racconta la storia.

Girando per la sala, si possono anche leggere alcune riflessioni scritte da Banksy  nei suoi libri, molte contro il capitalismo.

Una frase che ha colpito molto sia me che i miei compagni (tanto che abbiamo deciso di fotografarci proprio avendola come sfondo) è questa: non possiamo fare nulla per il mondo finché il capitalismo non crolla, nel frattempo dovremo andare tutti a fare acquisti per consolarci. In fondo, spesso, è proprio quello che facciamo …

Tornando a parlare delle opere, devo dire che ci sono piaciute molto tutte, ma che, da un sondaggio svolto tra noi studenti, le più gettonate sono state le seguenti:

Il lanciatore di fiori.

Rappresenta un uomo che lancia all’aria dei fiori,  simboli di amore  e pacifismo.

È stata prodotta nel 2003 in Palestina tramite stancil.

CND soldier è il suo nome e rappresenta due soldati che dipingono il simbolo della pace.

Sempre per arrivare agli ideali di pace banchi utilizza i topi, simboli del declino della società ed emblema di tutte le pecche dell’umanita, prime fra tutte la guerra e le disuguaglianze.

L’opera “ riguardante i topi “ che più ci ha ispirato è questa :

Abbiamo molto apprezzato anche L’uomo Angelo della polizia: su di esso non si trovano molte informazioni,  ma noi lo abbiamo interpretato come un poliziotto, felice di essere morto per il suo lavoro .

 Ci sono piaciute  molto anche le opere sul tema del punk  e quelle nelle quali vengono ritratte banane al posto di pistole per far capire quanto la guerra sia una cosa stupida, quasi ridicola, se ci si pensa bene.

I miei compagni ed io ci siamo divertiti ad interpretare l’opera nella quale vengono ritratti due uomini vestiti da banana: i due uomini hanno un costume, come se fossero dei bambini, e quindi non certro adatti a fare la guerra  .

Abbiamo particolarmente gradito questo modo dell’autore di dipingere un argomento così serio, ma con ironia.

Anche all’immagine rappresentante il punk, non è stato attribuito un vero significato ma noi abbiamo interpretato così : il ragazzo che ascolta e suona questa musica così forte e da duro viene rappresentato farsi ancora sistemare o vestiti dalla mamma , e questo sottolinea come dietro ad un apparente vero duro ci possa essere ancora un bambino.

Il quadro che abbiamo trovato più significativo  invece è questo : Jack e Jill.

Bansky ha cercato di rappresentare  due bambini con un giubbotto antiproiettile a significare, a nostro parere, la protezione eccessiva che i genitori danno ai figli, talvolta impedendo loro di diventare se stessi.

Per ultimo quadro ho deciso  di trattare del più famoso e anche più bello a parer mio: la bambina col palloncino.

Il palloncino simboleggia la speranza e l’amore  che ci sono ancora ma che questo mondo “ ci sta facendo volare via “ come il palloncino. 

Che dire per concludere questa veloce carrellata: correte a godervi anche voi Banksy!!!

Luca Delle Grazie

UNO SCHIAFFO DA OSCAR

Sono giorni che sentiamo parlare dello schiaffo che alla notte degli Oscar Will Smith ha rifilato a Chris Rock: un gesto che ha fatto scalpore, quello del celebre attore americano che verrà ricordato più per questo che per il tanto atteso riconoscimento.

Come sempre, per capire davvero ciò che accade, è importante non fermarsi all’apparenza che, certo, condanna il noto attore.

Ho guardato più volte la scena e ho notato che il nostro amato Smith ha dato il famigerato schiaffo al presentatore televisivo dopo una pausa di riflessione. Mi spiego meglio: alla battuta del collega sull’alopecia della moglie, una battuta davvero inopportuna e inaccettabile,  Smith  aveva inizialmente riso; dopo aver visto, però, la triste espressione sul volto di Jada è partito contro l’altro senza esitazione.

E’ facile e scontato condannare il gesto, ma per comprendere davvero la situazione, dobbiamo riflettere sulle radici di questo comportamento e tornare a 45 anni fa, quando Smith, figlio di un padre violento, non poteva difendere la propria madre, che in un’occasione era arrivata addirittura a  rischiare la vita a causa delle percosse ricevute dal marito.

Sono, dunque, d’accordo con quanti hanno letto il gesto di Smith pensando che sia stato causato dal suo vissuto precedente; in quel momento, forse, lo sguardo della moglie gli ha ricordato quello della madre e lui ha fatto ciò che avrebbe voluto fare quando era ragazzo: difendere la donna che amava.  Will Smith ha porto le sue scuse a Chris Rock, cosa che non ho sentito fare a quest’ultimo, il quale non si è scusato con la persona che ha offeso.

La situazione dunque, è complessa: la violenza è sempre e comunque da condannare,  ma penso che Smith abbia avuto un grande coraggio a compiere quel gesto, a costo di rovinarsi forse il momento più bello della carriera.  Penso anche, però, che una donna possa difendersi da sola: forse gli adulti ancora non lo sanno …

Luca delle Grazie